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Mediazione: nelle cause contro i professionisti è obbligatoria?

Il contratto d'opera rientra tra le ipotesi di mediazione obbligatoria, ma le professioni intellettuali fanno eccezione.
Avv. Mariano Acquaviva 
2 Lug, 2025

La mediazione è condizione di procedibilità nelle controversie aventi ad oggetto le materie indicate dall'art. 5, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28, e cioè: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura.

La norma appena citata è il risultato delle modifiche apportate dalla cosiddetta riforma Cartabia (d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 149) la quale, tra le altre cose, ha inserito il contratto d'opera tra le materie soggette alla mediazione obbligatoria.

Orbene, è noto che il contratto d'opera rappresenti l'accordo con cui una parte - il committente - dia incarico a un'altra persona - il prestatore - di eseguire un'opera o un servizio, dietro corrispettivo (art. 2222 cod. civ.).

La caratteristica del contratto d'opera consiste nell'indipendenza del prestatore, il quale esegue l'incarico affidatogli senza vincolo di subordinazione rispetto al committente, impiegando il proprio lavoro, manuale o intellettuale.

Di qui la distinzione tra contratto d'opera manuale - caratterizzato dalla prestazione di tipo essenzialmente materiale (si pensi all'operaio, al muratore, all'elettricista, ecc.) - e contratto d'opera intellettuale - in cui invece è prevalente l'attività "cerebrale" del prestatore (si pensi all'avvocato, al commercialista, all'ingegnere, ecc.).

Tra i prestatori d'opera intellettuale rientrano senza dubbio i professionisti, cioè i soggetti le cui competenze sono certificate da un titolo oppure dall'iscrizione a un albo (quest'ultima circostanza solitamente accompagnata anche dall'appartenenza a una cassa di previdenza privata).

Orbene, secondo un orientamento giurisprudenziale (Trib. Verona, 24 novembre 2023), poiché la riforma Cartabia ha inserito il contratto d'opera tra le materie soggette alla mediazione obbligatoria, le cause intraprese contro i professionisti - iscritti o meno all'albo - scontano la condizione di procedibilità rappresentata dalla mediazione.

Secondo altra tesi (Trib. Bergamo, 14 giugno 2025, n. 912; Trib. Bergamo, n. 1736/2024; Trib. Bergamo, n. 2172/2024), invece, il contratto d'opera inserito tra le materie assoggettate al tentativo obbligatorio di mediazione ex art. 5, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28 esula dalla prestazione intellettuale, assoggettata a una disciplina speciale.

Infatti, il contratto d'opera è regolamentato all'interno del capo I, Titolo III del Libro V, negli articoli da 2222 a 2228 c.c.

Le professioni intellettuali, al contrario, sono previste all'interno del capo II (artt. 2229 - 2238 c.c.), destinato specificamente all'esercizio di tale particolare tipologia di attività autonoma.

Il capo in questione contiene pertanto una disciplina speciale, che caratterizza le professioni intellettuali in maniera peculiare, con connotati differenti rispetto al contratto d'opera tout court.

Alla luce di tale interpretazione, la giurisprudenza da ultimo citata ritiene che le controversie intraprese contro i professionisti non siano assoggettati alla condizione di procedibilità dell'azione giudiziaria rappresentata dalla mediazione.

L'adesione all'uno o all'altro orientamento non è di poco conto, atteso che il mancato esperimento della procedura conciliativa paralizza la pretesa azionata in giudizio, costringendo il giudice che ha rilevato l'omissione a concedere un termine per regolarizzare la posizione dell'attore il quale, se non ottempera nuovamente, andrà immancabilmente incontro all'improcedibilità dell'azione.

Nello specifico, il comma secondo dell'art. 5 d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28 stabilisce che «L'improcedibilità è eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza.

Il giudice, quando rileva che la mediazione non è stata esperita o è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6. A tale udienza, il giudice accerta se la condizione di procedibilità è stata soddisfatta e, in mancanza, dichiara l'improcedibilità della domanda giudiziale».

A propria volta l'art. 6 stabilisce che «il procedimento di mediazione ha una durata di sei mesi, prorogabile dopo la sua instaurazione e prima della sua scadenza, per una sola volta, di ulteriori tre mesi».

In buona sostanza, se il giudice rileva d'ufficio o la controparte eccepisce l'omesso tentativo di mediazione obbligatoria, il magistrato deve consentire alla parte inadempiente di rimediare, rinviando la successiva udienza non prima di sei mesi.

Dunque, anche qualora non fosse esperita la mediazione nella causa intrapresa contro il professionista, sarebbe comunque possibile porre rimedio "sanando" l'omissione e ottemperando nel termine concesso dall'autorità giudiziaria.

In conclusione, a parere di chi scrive l'orientamento espresso dal Tribunale di Bergamo è corretto: il contratto d'opera rientra tra le ipotesi di mediazione obbligatoria, ma le professioni intellettuali fanno eccezione in quanto soggette a una differente disciplina.

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