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Mediazione e negoziazione assistita: strumenti di deflazione o di procrastinazione del contenzioso condominiale?

Singolare questione procedurale trattata dal Tribunale di Torre Annunziata relativamente ad una causa condominiale.
Avv. Antonio Annunziata 
11 Feb, 2019

Singolare questione procedurale trattata dal Tribunale di Torre Annunziata relativamente ad una causa condominiale, decisa con sentenza non parziale e rimessione della causa sul ruolo.

La vicenda. Con atto di citazione il Condominio Beta conveniva dinnanzi al Tribunale di Torre Annunziata Tizio chiedendo la condanna di quest'ultimo al pagamento dell'importo di Euro 35.000,00 (somma poi ridotta con memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 ad Euro 15.321,65) a titolo di risarcimento dei danni patiti in conseguenza del cedimento del marciapiede condominiale verificatosi il 28.2.2014.

Si costituiva in giudizio Tizio eccependo, in via preliminare, l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento obbligatorio di negoziazione assistita e, in ogni caso, l'infondatezza della domanda.

Alla prima udienza veniva assegnato alle parti il termine di quindici giorni per la comunicazione dell'invito alla negoziazione assistita.

Alla successiva udienza il procuratore di parte attrice depositava copia del verbale della procedura di mediazione.

Assegnati i termini ex art. 183, co. VI, c.p.c., la parte attrice notificava alla parte convenuta anche l'invito alla stipula della convenzione di negoziazione. La parte convenuta, però, reiterava l'eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di negoziazione assistita. La causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti.

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La mancata partecipazione in mediazione non costituisce motivo di improcedibilità dell'azione

La decisione. Con sentenza non definitiva del 28/03/2018 Il Tribunale di Torre Annunziata dichiarava la domanda procedibile e rimetteva la causa sul ruolo per il prosieguo dell'istruttoria.

Il Giudice motivava la propria decisione di procedibilità della domanda sulla base del percorso logico-giuridico che si seguito si riassume. L'art. 3, L. 162/2014 prevede che chi intende proporre in giudizio una domanda di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti cinquantamila euro deve, tramite il suo avvocato, invitare l'altra parte a stipulare una convenzione di negoziazione assistita.

L'esperimento del procedimento di negoziazione assistita è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e l'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.

Nel caso di specie… occorre valutare se possa considerarsi assolta la condizione di procedibilità a seguito dell'esperimento del tentativo di mediazione in luogo della procedura di negoziazione assistita obbligatoria. A tal fine occorre muovere dalla considerazione che i due istituti sono entrambi finalizzati risoluzione delle controversie in via stragiudiziale.

Circa la negoziazione assistita, l'art. 2, D.L. 132/2014 precisa che "la convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati è un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l'assistenza di avvocati iscritti all'albo anche ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 96".

Tramite l'introduzione di questo tipo di convenzione non si vuole che le parti si obblighino a pervenire ad una definizione stragiudiziale della controversia, ma soltanto che esse si impegnino a "cooperare in buona fede e con lealtà" per tentare di definire bonariamente la loro controversia.

Si tratta di un contratto che impegna le parti a negoziare al fine di trovare una composizione della lite.

Il procedimento di mediazione disegnato dal D.Lgs. 28/2010 prevede l'attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa.

La mediazione presenta, quindi, alcuni caratteri dei mezzi autonomi di composizione della lite (nella parte in cui l'eventuale conciliazione raggiunta è frutto, come nella transazione, dell'accordo delle parti) ed altri caratteri dei mezzi eteronomi di risoluzione delle controversie (considerato che, come accade in sede processuale, vi è l'intervento di un terzo, che però in questo caso non giudica).

Per quel che concerne i rapporti tra il procedimento di negoziazione assistita ed il procedimento di mediazione obbligatoria, l'art. 3, D.L. 132/2014, come modificato dalla 1.162/2014, prevede l'obbligatorietà del procedimento della negoziazione assistita in relazione alle controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti o di pagamento a qualsiasi titolo di somme non eccedenti Euro 50.000,00, fuori dei casi previsti dall'articolo 5, comma 1 - bis, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28.

Per converso, l'art. 3, co. 5, primo periodo del D.L. n. 132 del 2014, convertito nella L. n. 162 del 2014, prevede che "restano ferme le disposizioni che prevedono speciali procedimenti obbligatori di mediazione e conciliazione, comunque denominati...".

Dall'interpretazione congiunta dei due commi si ricava che l'art. 3 cit. "impone espressamente il cumulo tra negoziazione assistita obbligatoria e procedure stragiudiziali obbligatorie, per legge o per previsione contrattuale o statutaria, salvo che la controversia non sia soggetta a mediazione obbligatoria ex lege, perché in tal caso solo questa procedura va esperita" (Tribunale di Verona, 23.12.2015, g. Va.).

Dunque il legislatore ha inteso accordare prevalenza al procedimento di mediazione obbligatoria nelle ipotesi di potenziale cumulo tra la negoziazione assistita e la mediazione, sicché, tutte le volte in cui la controversia sia tanto tra quelle indicate dal D.L. n. 132/2014 quanto tra quelle contenute nell'art. 5 comma 1 bis del D.Igs. n. 28/2010, chi intenda agire in giudizio sarà tenuto a proporre solo la domanda di mediazione, perdendo così la negoziazione il carattere dell'obbligatorietà.

Mentre con riferimento ad altre procedure obbligatorie di conciliazione, il legislatore del D.L. n. 132/2014sceglie di non attribuire maggiore importanza all'una o all'altra, stabilendo che esse convivano (cfr. Tribunale di Verona, 12.5.2016, g.i. Va.).

Tale opzione trova la sua ratio nella stessa struttura del procedimento di mediazione, che, prevedendo l'intervento di un soggetto terzo estraneo alle parti in lite e dotato del potere di sottoporre alle parti una proposta conciliativa, risulta maggiormente articolato rispetto a quello di negoziazione assistita e non totalmente demandato all'autonomia negoziale delle parti.

In un quadro di tal fatta deve ritenersi che l'esperimento del tentativo di mediazione, in luogo del procedimento di negoziazione assistita - ancorché in una ipotesi non assoggettata a mediazione obbligatoria ex art. 5, D.lgs. 28/2010 - risponda comunque alla ratio della normativa in tema di negoziazione assistita, in quanto tende ad assicurare l'espletamento di un tentativo di definizione stragiudiziale della controversia con modalità più stringenti ed, almeno in ipotesi, efficaci rispetto a quello prescritto dal legislatore.

Al riguardo va rammentato che la Suprema Corte, nella sentenza n. 24629/2015, ha evidenziato in motivazione come "la disposizione di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, di non facile lettura, deve essere interpretata conformemente alla sua ratio.

La norma è stata costruita in funzione deflattiva e, pertanto, va interpretata alla luce del principio costituzionale del ragionevole processo e, dunque, dell'efficienza processuale.

In questa prospettiva la norma, attraverso il meccanismo della mediazione obbligatoria, mira - per così dire - a rendere il processo la extrema ratio: cioè l'ultima possibilità dopo che le altre possibilità sono risultate precluse".

Se, dunque, la disciplina in tema di modalità alternative di definizione delle controversie deve essere interpretata alla luce della funzione deflattiva di tali istituti e del principio della ragionevole durata del processo, non può ritenersi conforme alla funzione della negoziazione assistita un'interpretazione esclusivamente formalistica dell'istituto, che non tenga conto del tentativo comunque espletato dalla parte attrice di addivenire ad una definizione stragiudiziale della controversia utilizzando un procedimento previsto dalla legge e ritenuto dal legislatore prevalente rispetto a quello di negoziazione assistita.

Considerazioni conclusive. La sentenza in questione offre lo spunto per una breve riflessione sull'effettiva efficacia degli strumenti introdotti dal legislatore della mediazione e della negoziazione assistita nella materia condominiale.

Nel caso esaminato, al di là della fondatezza o meno dell'eccezione di improcedibilità reiterata dal convenuto, il dato che maggiormente impressiona è l'estrema lungaggine della disputa intercorsa circa lo strumento obbligatorio che andava adottato.

Solo per dirimere la contesa preliminare della procedibilità della domanda sono trascorsi due anni (ndr. 2016 anno di instaurazione del giudizio - 2018 anno della sentenza non definitiva di procedibilità della domanda); il tutto senza mai entrare nel merito della controversia condominiale oggetto di causa.

In tale contesto è più che lecito affermare che una materia importante e complessa come quella condominiale ha bisogno di ottenere dal legislatore soluzioni diverse e più appropriate piuttosto che strumenti obbligatori e farraginosi, imposti a pena di improcedibilità della domanda, potenzialmente in grado di scatenare annose dispute procedurali (come quella analizzata) e di fatto procrastinando il contenzioso e dilatando i tempi della giustizia.

Sentenza inedita
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