In un contesto giudiziario, come quello italiano, in cui regna sovrana la lentezza, l'antieconomicità e la diffidenza dei cittadini, l'intento del D.Lgs. 28/2010 è stato quello di introdurre nel nostro ordinamento, un meccanismo di disincentivazione del contenzioso giudiziario, applicando, al contempo, un incentivo di tipo economico, seppure in via indiretta, per chi si affidi agli Organismi di Mediazione.
In primo luogo, è previsto un credito d'imposta per la mediazione civile e commerciale che, quale incentivo di natura fiscale, potrà essere portato dal contribuente in dichiarazione dei redditi.
Come previsto dall'art. 20 del citato decreto legislativo n. 28 del 2010, al comma 1, infatti, "alle parti che corrispondono l'indennità ai soggetti abilitati a svolgere il procedimento di mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso di successo della mediazione, un credito d'imposta commisurato all'indennità stessa, fino a concorrenza di euro cinquecento, determinato secondo quanto disposto dai commi 2 e 3".
In caso di successo della mediazione, alle parti predette è riconosciuto un credito d'imposta commisurato all'indennità stessa e con un massimo di € 500,00.
La norma, in chiave premiale, prevede un beneficio, indiretto per chi si sia rivolto ad un Organismo di Mediazione, anche laddove l'esito sia stato negativo, prevedendo, in tal caso, che il credito d'imposta sia ridotto della metà e, dunque, sino ad € 250,00.
Ma il Decreto Legislativo n. 28/2010 ha previsto, in favore di un sempre maggiore accesso all'istituto della mediazione, ulteriori agevolazioni fiscali per la mediazione civile e commerciale.
Da una lettura dei commi 2 e 3 dell'art. 17 del D.Lgs. citato, infatti, possiamo rilevare che "2. Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall'imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura. 3.
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