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Mancata consegna della lista morosi al creditore del condominio: una palese violazione del principio di buona fede

Condomino moroso è il partecipante al condominio che non abbia versato all'amministratore la sua quota di contribuzione alla spesa necessaria per il pagamento di quel creditore.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
20 Ago, 2024

L'art. 63 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie dispone che l'amministratore condominiale è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

L'omissione dell'amministratore è in evidente contrasto con l'articolo 63 disp. att. c.c. atteso che il silenzio serbato rappresenta un abuso di posizione e, di conseguenza, un abuso del diritto, che danneggia il terzo, impossibilitato a procedere all'esecuzione nei confronti dei singoli condomini. A tale proposito si è recentemente pronunciato il Tribunale di Avellino (sentenza n. 1497 del 7 agosto 2024).

Mancata consegna della lista morosi al creditore del condominio e violazione del principio di buona fede

Una società chiedeva ed otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti di un condominio; questo provvedimento veniva poi dichiarato esecutivo, mediante l'apposizione della relativa formula; successivamente veniva notificato l'atto di precetto che rimaneva infruttuoso; il condominio corrispondeva un acconto di euro 500,00 ma rimaneva debitore di una certa somma che, nonostante ripetuti solleciti, non veniva corrisposta.

La società allora provvedeva a formulare all'amministratore p.t. del condominio, la richiesta delle generalità complete dei condomini morosi e la quota dagli stessi dovuta, invito che rimaneva privo di riscontro.

Di conseguenza la stessa società si rivolgeva al Tribunale per richiedere la condanna del condominio, in persona dell'amministratore p.t., a consegnare alla parte istante i nominativi dei condomini morosi completi delle generalità degli stessi, dell'indirizzo di residenza e delle somme dovute da ciascuno di questi, nonché la condanna di parte resistente al risarcimento dei danni cagionati alla parte istante nella misura ritenuta di giustizia; in ogni caso chiedeva che fosse fissata, ai sensi e per gli effetti dell'art. 614 bis c.p.c., una somma a carico dei condomini per l'eventuale ritardo nella esecuzione dell'invocata condanna pari a € 50,00 - o quella somma maggiore o minore - per ogni giorno di ritardo successivo a quello decorrente dalla data di notifica dell'auspicato provvedimento di condanna. Il Tribunale ha dato torto al condominio.

Come ha notato il giudice campano la società ricorrente ha comprovato di aver richiesto (con pec) la consegna dell'elenco dei condomini con l'indicazione anagrafica e il riparto delle quote da loro dovute, onde consentire il recupero del credito maturato nei loro confronti in forza del decreto ingiuntivo.

Secondo il Tribunale, a fronte di detta legittima richiesta ex art. 63 disp att. c.c., è risultato del tutto immotivato il comportamento del condominio che si è rifiutato di fornire al creditore la documentazione richiesta, precludendo il soddisfacimento della pretesa creditoria.

Per quanto sopra, la domanda diretta ad ottenere la consegna dei dati dei condomini morosi è stata accolta.

Allo stesso modo è stata considerata meritevole di accoglimento l'ulteriore domanda di condanna, ai sensi dell'art. 614 bis c.p.c., del condominio al pagamento in favore del ricorrente della somma - di € 50,00 per ogni giorno di ritardo nell'esecuzione del provvedimento.

Respinta invece la domanda risarcitoria di parte ricorrente, non avendo l'istante fornito alcun elemento probatorio in ordine alla sussistenza del danno, anche ai fini di una eventuale liquidazione equitativa.

Obbligo di buona fede nella gestione condominiale e responsabilità dell'amministratore

È importante ricordare che la buona fede contrattuale consiste nella reciproca lealtà di condotta e costituisce un fondamentale canone di correttezza al quale tutte le parti di un rapporto contrattuale devono necessariamente ispirarsi ed attenersi.

Le parti del rapporto contrattuale, infatti, sono tenuti ad agire in maniera tale da poter preservare gli interessi dell'altra, al di là degli specifici obblighi contrattuali o dal rispetto del principio del neminem laedere: l'obbligo di lealtà si affianca, in tal modo, all'obbligo di salvaguardia dell'altrui utilità, nei limiti di un apprezzabile sacrificio.

Il principio della buona fede oggettiva, cioè della reciproca lealtà di condotta, deve accompagnare il contratto nel suo svolgimento, dalla formazione all'esecuzione e, essendo espressione del dovere di solidarietà fondato sull'art. 2 della Costituzione, impone a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di agire nell'ottica di un bilanciamento degli interessi vicendevoli, a prescindere dall'esistenza di specifici obblighi contrattuali o di norme specifiche. Questo principio non è rispettato se l'amministratore non comunica ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.

Correttamente interpretando la ratio della norma, si tratta per l'amministratore di un dovere legale di salvaguardia dell'aspettativa di soddisfazione dei terzi titolari di crediti derivanti dalla gestione condominiale.

Ciò delinea pertanto un obbligo di cooperazione con il terzo creditore posto direttamente dalla legge in capo all'amministratore; quest'ultimo perciò non può ignorare la richiesta del creditore, trattandosi di condotta palesemente contraria al canone della buona fede oggettiva, dovendosi a tal riguardo intendersi un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale.

In ogni caso, in caso di rifiuto a consegnare la lista dei morosi, secondo la tesi maggioritaria deve ritenersi che legittimato passivo nel procedimento instaurato ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c. sia proprio il condominio, in persona dell'amministratore pro tempore.

In quest'ottica il Tribunale di Roma ha condannato il condominio (e non l'amministratore) alla consegna dei dati richiesti, sulla considerazione che "le relazioni interne al condominio ed i rapporti intercorsi tra i condomini ed i vari amministratori non interessano e non possono avere rilevanza sulla società creditrice che da anni non vede soddisfatto il proprio credito per lavori effettuati in favore del condomino.

Deve pertanto ritenersi la carenza di legittimazione passiva, nel presente procedimento, del precedente amministratore" (Trib. Roma 22 maggio 2018, n. 10424; più recentemente si è mostrata favorevole alla legittimazione passiva del condominio in persona dell'amministratore Trib. Roma 17 febbraio 2020).

Sentenza
Scarica Trib. Avellino 8 agosto 2024 n. 1497
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