Solo poco tempo fa il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda, 31 marzo 2025, n. 308) aveva ritenuto legittima la deliberazione comunale con cui erano stati imposti limiti alle residenze di breve e di brevissima durata, a tutela dei proprietari che vivono stabilmente nei centri storici delle città di maggior interesse artistico.
Il Consiglio di Stato, con una pronuncia successiva di soli pochi giorni (n. 2928/2025), annullando un provvedimento del Comune di Sirmione che imponeva restrizioni alle locazioni turistiche, ha stabilito che l'attività di locazione turistica, esercitata in forma non imprenditoriale, non rientra nel raggio d'azione dei poteri inibitori comunali. Analizziamo più nel dettaglio la vicenda.
I limiti imposti dai Comuni agli affitti brevi: fatto e decisione
Oggetto dell'impugnazione è stato il provvedimento - unitamente al regolamento per la disciplina delle locazioni turistiche - del Comune di Sirmione con cui era stata dichiarata irricevibile la comunicazione di offerta di alcuni alloggi per finalità turistica, con conseguente diffida dall'esercizio di tale attività per mancanza dei requisiti e per indeterminatezza della capacità ricettiva.
Il Tribunale Amministrativo Regionale, in primo grado, in parziale accoglimento del ricorso, annullava il provvedimento impugnato e alcuni articoli del regolamento comunale per i profili della mancata previsione della possibilità di soluzione alternative per gli spazi di sosta nelle nuove strutture recettive, della mancata previsione della prorogabilità del termine annuale per l'adeguamento degli impianti e per le sanzioni connesse agli adempimenti oggetto di annullamento, ma confermava il potere del Comune di chiedere la produzione, unitamente alla comunicazione di inizio attività, di documentazione ulteriore rispetto al regolamento regionale e, soprattutto, di vietare al ricorrente la stipula di contratti di locazione a finalità turistica.
Avverso tale decisione veniva proposta impugnazione innanzi al Consiglio di Stato, il quale si è espresso in modo favorevole al ricorrente.
Secondo i giudici di Palazzo Spada, il tentativo di regolare il fenomeno delle locazioni turistiche a livello locale non spetta ai Comuni.
Così testualmente: «Nel quadro normativo attuale, l'attività di locazione di immobili, anche a finalità turistica, che sia esercitata in forma non imprenditoriale, essendo un atto dispositivo dell'immobile, riconducibile al diritto del proprietario ed alla libertà contrattuale, … non è soggetto a poteri prescrittivi ed inibitori della pubblica amministrazione».
Secondo il Consiglio di Stato, sia a livello nazionale che regionale le locazioni turistiche non possono essere equiparate alle strutture ricettive: trattasi, infatti, «di immobili che non confluiscono in tale categoria e non sono soggetti all'intera disciplina».
Per tali ragioni, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso annullando il provvedimento di inibizione dell'esercizio dell'attività di locazione turistica.
In primo grado, infatti, era stato «erroneamente riconosciuto al Comune il potere di chiedere la produzione, unitamente alla comunicazione di inizio attività, di documentazione ulteriore» rispetto al regolamento regionale «e di vietare alla ricorrente la stipula di contratti di locazione a finalità turistica».
L'amministrazione comunale, dunque, non può «vietare l'esercizio della libertà contrattuale della ricorrente (in particolare quella di concludere contratti di locazione con finalità turistica, aventi ad oggetto i suoi immobili)».
Limiti comunali alle locazioni turistiche: considerazioni conclusive
La sentenza (n. 2928/2025) del Consiglio di Stato in commento costituisce un precedente molto importante, anche perché smentisce quanto statuito - solo poco tempo prima - da altra parte della giurisprudenza amministrativa.
Per il Supremo Consesso, le amministrazioni locali, con specifico regolamento e per motivi legati al sovraffollamento turistico, non possono limitare, ostacolare o impedire che i privati cittadini concedano l'utilizzo di un loro immobile con la formula della locazione breve turistica, a meno che l'attività non abbia connotati imprenditoriali, riconducendosi a quella tipica delle strutture ricettive (case vacanza).
A tali conclusioni si giunge in quanto non esiste una legge dello Stato che disciplini le locazioni brevi private e non c'è alcuna norma che attribuisca questo compito agli enti locali.
In sostanza - spiega il Consiglio di Stato - un'amministrazione locale non può impedire al proprietario di avviare un'attività non imprenditoriale di locazione turistica, giustificando il divieto sul fatto che l'interessato abbia fornito soltanto la comunicazione di inizio attività (Cia) e non anche la Segnalazione certificata di inizio attività (Scia): quest'ultima, infatti, è necessaria solo per le locazioni turistiche in forma imprenditoriale.