La questione al centro della sentenza in commento ha ad oggetto un contratto di locazione ad uso diverso da quello abitativo, e la possibilità che il conduttore possa chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone prevista dal primo comma dell'art. 1578 c.c. che così recita "se al momento della consegna della cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili".
La norma in questione non riconosce al conduttore il potere di autoridursi autonomamente il canone di locazione, ma offre a quest'ultimo in caso di vizi della cosa locata la possibilità di rivolgersi al giudice per chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone pattuito, poiché solo al giudice è devoluto il potere di valutare la rilevanza dello squilibrio delle prestazioni a carico dei contraenti.
In pratica, quindi, l'art. 1578 del codice civile offre al conduttore una tutela contro i vizi della cosa locata esistenti al momento della consegna dell'immobile e presuppone l'accertamento, d'altra parte, dell'inadempimento dell'obbligo del locatore di consegnare una cosa priva di vizi ed idonea all'uso pattuito.
Nel caso di specie, la sentenza del Tribunale di Roma n. 5168 del 22 marzo 2023, ha accertato che il conduttore ha dichiarato nel contratto di locazione di aver ricevuto in locazione un immobile esente da vizi ed idoneo all'uso pattuito accettando su di sé il rischio che alcuni condomini avrebbero potuto richiedere la rimozione della canna fumaria.
Locazione per uso diverso da quello abitativo: il conduttore non può autoridursi il canone arbitrariamente. Fatto e decisione
Il proprietario di un immobile intima lo sfratto per morosità alla società conduttrice a fronte dell'inadempimento dell'obbligo di versare il canone pattuito.
La società convenuta ha puntualizzato che il suo inadempimento era addebitabile all'inidoneità del locale all'uso pattuito, a fronte della rimozione della canna fumaria ottenuta dai condomini dello stabile.
Il giudice adito ha disposto il rilascio dell'immobile ed il mutamento del rito e, nel corso del relativo giudizio, è emerso che la domanda di risoluzione per inadempimento formulata dal locatore merita accoglimento.
Nel giudizio conclusosi con la sentenza della sesta sezione civile del Tribunale di Roma (sent. 5168 del 22 marzo 2023) è emerso che l'eccezione opposta dal convenuto che contestava l'inidoneità del locale all'uso pattuito a causa della rimozione della canna fumaria era infondata dato che, già al momento della stipula del contratto di locazione, egli aveva assunto su di sé il rischio derivante dall'eventuale opposizione dei condomini all'installazione della canna fumaria.
Il conduttore, infatti, al momento della stipula del contratto di locazione avvenuta nel 2019, era consapevole dell'esistenza di verbali assembleari risalenti al 2018 dai quali si evinceva la volontà del condominio di non autorizzare l'installazione della canna fumaria.
È evidente pertanto che il presunto vizio di inidoneità dell'immobile locato all'uso pattuito lamentato dal conduttore non poteva in alcun modo considerarsi occulto, né tantomeno poteva legittimare la sua scelta di mancato pagamento del canone già da marzo 2020 nonostante continuasse a godere dell'immobile anche nei mesi precedenti alla rimozione della canna fumaria avvenuta solo nel mese di luglio 2020.
La sentenza del Tribunale romano in commento, dopo aver accertato che il conduttore aveva stipulato il contratto di locazione consapevole dello stato dell'immobile constatando non solo l'idoneità all'uso pattuito ma soprattutto pienamente consapevole del rischio, poi rivelatosi reale, che alcuni condomini avrebbero potuto chiedere la rimozione della canna fumaria a servizio dell'immobile in questione, ha ritenuto assolutamente arbitraria la scelta del conduttore di sospendere il pagamento del canone dato che, continuando a godere dell'immobile, non poteva sottrarsi a tale obbligo.
Considerazioni conclusive
Alla luce di tale constatazione la sentenza si conclude con l'accoglimento della domanda di risoluzione del contratto formulata dal locatore, ribadendo un principio giurisprudenziale consolidato in base al quale "in tema di immobili urbani per uso diverso da quello abitativo, la cosiddetta autoriduzione del canone, costituisce fatto arbitrario e illegittimo del conduttore, che provoca il venir meno dell'equilibrio sinallagmatico de negozio, anche nell'ipotesi in cui detta autoriduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell'art. 1578 primo comma c.c. per ripristinare l'equilibrio del contratto… Tale norma, infatti, non dà la facoltà al conduttore di operare detta autoriduzione, ma solo a domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluto al potere del giudice di valutare l'importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti". (Sul tema di segnala l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità: Cass., n. 10271/2002, Cass. n. 7269/2000; Cass, n. 12253/1998).
In altri termini, pertanto, come già chiarito all'unisono dalla giurisprudenza di legittimità "il mancato pagamento del canone previsto dal contratto è giustificato solo se accertato da un giudizio" (Cass. sez. Un. 5384/1984); inoltre "il conduttore non può mai sottrarsi dall'obbligo di pagamento del canone, anche in caso di presenza di vizi perché tale inadempimento non sarebbe proporzionale all'inadempimento del locatore". (In tal senso Cass. n. 2855/2005).
Alla luce di tale ricostruzione, considerando che il conduttore ha arbitrariamente sospeso il pagamento del canone pur continuando a godere dell'immobile compromettendo inesorabilmente il sinallagma contrattuale, la sentenza n. 5168 del 2023 del Tribunale di Roma ha condannato lo stesso al pagamento dei canoni non corrisposti fino all'instaurazione del giudizio, oltre ai ratei scaduti ed a scadere fino al momento dell'effettivo rilascio dell'immobile, ed alle spese condominiali non versate congiuntamente alle spese giudizio.
In conclusione, quindi, il conduttore avrebbe potuto richiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone che il giudice può disporre solo quando accerta l'inadempimento del locatore a fronte di vizi accertati della cosa locata: ipotesi quest'ultima che non ricorre nel caso di specie ove, dalla lettera contrattuale, si evince l'idoneità del bene all'uso pattuito (locale commerciale) e l'assunzione del rischio in capo al conduttore consapevole dell'esistenza di precedenti verbali assembleari che contestavano l'installazione della canna fumaria.
Dunque ben potendo immaginare il conduttore che i condomini si sarebbero attivati per la rimozione della canna fumaria, non può considerare la successiva rimozione della stessa come vizio che legittima l'arbitraria sospensione dell'obbligo di versamento del canone pur continuando a godere dell'immobile.