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L'inquilino rimane a mani vuote. Le migliorie vanno preventivamente concordate con il proprietario.

Migliorie non concordate con il proprietario non danno diritto a rimborso, anche in caso di risoluzione del contratto per inadempimento, chiarendo i diritti e i doveri di locatore e conduttore.
Avv. Francesca Consolati 

Nessun rimborso per le migliorie che il conduttore non concorda con il locatore anche nel caso in cui la locazione si sia risolta per inadempimento dei proprietari.

Con la sentenza n. 3548/2017 del 10 febbraio 2017 la Corte di Cassazione ha affrontato due questioni di diritto di notevole rilevanza: la prima, di natura prettamente processuale, è relativa all'onere probatorio nel caso di domanda di risoluzione ex art. 1578 c.c.; la seconda, di maggiore rilevanza pratica, è relativa al rimborso per il rifacimento delle fognature senza un espresso accordo fra le parti e a prescindere dal mancato godimento dell'immobile.

Domanda di risoluzione ex art. 1578 c.c.. Come noto,la citata norma prevede che, se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore possa domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili.

Prevede altresì che il locatore sia tenuto a risarcire al conduttore i danni derivati dai vizi della cosa, qualora non riesca a provare di avere ignorato senza colpa i vizi stessi al momento della consegna.

Se l'inquilino non rispetta il regolamento condominiale si può risolvere il contratto di locazione

Nel caso di specie, il conduttore di un immobile ad uso abitativo richiedeva la risoluzione del contratto ed il risarcimento dei danni assumendo che l'immobile era infestato da tarli e pertanto inidoneo all'uso previsto.

In entrambi i gradi di giudizio veniva considerata provata la presenza dei tarli e la pedissequa apprezzabile inidoneità dell'immobile all'uso abitativo; tuttavia, il Giudice di seconde cure riteneva altresì che la locatrice fosse consapevole dell'esistenza del vizio o, comunque, che lo avesse colpevolmente ignorato.

La Suprema Corte con la sentenza in commento, pur ritenendo la decisione conforme alla previsione di cui all'art. 1578 c.c., non ha ritenuto corretta l'affermazione secondo cui al conduttore sia sufficiente provare il contratto di locazione ed allegare l'inadempimento di parte locatrice, gravando sul locatore l'onere di dimostrare l'esatto adempimento.

Con specifico riguardo all'onere della prova, la Suprema Corte ha precisato che nel caso di domanda di risoluzione ex art 1578 c.c. grava sul conduttore l'onere di individuare e dimostrare l'esistenza del vizio che diminuisce in modo apprezzabile l'idoneità del bene all'uso pattuito (e questo soprattutto alla luce della sua maggior vicinanza alla prova).

Grava sul locatore convenuto, invece, l'onere di dimostrare che i vizi erano conosciuti o facilmente riconoscibili dal conduttore (al fine di paralizzare la domanda di risoluzione o di riduzione del corrispettivo) ovvero di provare di avere senza colpa ignorato i vizi al momento della consegna (al fine di andare esente dal risarcimento dei danni derivati al conduttore dai vizi della cosa).

Esecuzione di migliorie. L'art. 1592 c.c. prevede che, salvo disposizioni particolari della legge o degli usi, il conduttore non abbia diritto a indennità per i miglioramenti apportati alla cosa locata.

Nel caso di specie, tuttavia, la Corte d'Appello di Firenze riconosceva un determinato importo al conduttore a titolo di risarcimento dei danni conseguenti (tra le altre cose) alle spese per migliorie apportate all'immobile locato.

Il Giudice di seconde cure, pertanto, in violazione di quanto disposto dall'art. 1592 c.c., attribuiva al conduttore un rimborso per tutte le migliorie apportate all'immobile locato e non goduto a titolo di risarcimento del danno per inadempimento del locatore, andando a violare così anche il principio sancito dall'art. 1223 c.c. che vuole risarciti i soli danni quali conseguenza immediata e diretta dell'inadempimento.

La Suprema Corte con la presente sentenza, cassando parzialmente la pronuncia della Corte d'Appello di Firenze, ha rigettato la domanda di risarcimento del danno avanzata dal conduttore per le spese di migliorie.

Nel caso di specie, la Terza Sezione ha ritenuto pacifico che trattandosi di migliorie per la cui esecuzioni non era stato richiesto il necessario consenso del locatore il conduttore non potesse vedersi riconoscere il ristoro di danni derivanti da un'attività che non avrebbe potuto compiere e rispetto alla quale il locatore era rimasto del tutto estraneo.

Eventuali ristori, inoltre, non devono essere riconosciuti nemmeno per l'aver effettuato degli inutili esborsi finalizzati ad apportare miglioramenti alla cosa locata mai fruita e goduta per inadempimento del locatore: infatti, l'iniziativa autonoma assunta dal conduttore comporta per il medesimo una vera e propria assunzione del rischio di eventuale inutilità degli esborsi.

Con lo sfratto l'inquilino non è liberato se oltre ai canoni, non paga gli interessi e le spese processuali.

In conclusione, appare chiaro come la ratio sottostante alla esaminata pronuncia sia quella secondo la quale, a prescindere dal reale ed effettivo godimento del bene, le migliorie effettuate senza autorizzazione ed all'insaputa del locatore, e quindi gli esborsi ad esse connessi, debbano ricadere sulle "spalle" (economicamente intese) del solo conduttore, che, agendo di propria iniziativa, se n'è assunto in pieno il rischio.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione, 10 febbraio 2017, n. 2348
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