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Lo studio di fattibilità va pagato anche se il condominio non esegue i lavori

Superbonus 110%: va retribuito l'architetto che ha eseguito lo studio di fattibilità dell'intervento di riqualificazione energetica dell'edificio condominiale.
Avv. Mariano Acquaviva 
14 Apr, 2025

Il Tribunale di Ancona (10 marzo 2025, n. 446) ha affermato che l'architetto che ha redatto lo studio di fattibilità va retribuito anche se poi il condominio decide di non eseguire i lavori. Il principio espresso trova il suo addentellato normativo nell'art. 2237 c.c., secondo cui il professionista ha diritto al compenso maturato per l'opera svolta anche se il committente decide di recedere. Approfondiamo la vicenda affrontata dal giudice marchigiano.

Pagamento architetto per studio di fattibilità nonostante mancata esecuzione lavori

Un condomino impugnava la deliberazione con cui l'assemblea approvava il pagamento dell'onorario dell'architetto precedentemente incaricato di effettuare la valutazione della fattibilità urbanistica ed edilizia nonché la fattibilità tecnica dell'intervento di riqualificazione energetica dell'edificio ai fini dell'accesso al Superbonus 110%.

Secondo il condomino impugnante, l'onorario non era dovuto in quanto gli interventi sul fabbricato non erano stati eseguiti; l'assemblea infatti, dopo aver ricevuto l'elaborato dall'architetto e averne discusso, non trovava l'accordo della maggioranza dei condòmini, per cui il consesso decideva di non dare seguito ai lavori de quibus.

Riteneva dunque l'attore che il pagamento fosse subordinato all'esecuzione degli interventi programmati i quali invece, non essendo stati realizzati, non legittimavano il compenso del professionista.

Il Tribunale di Ancona ha disatteso la doglianza attorea. È infatti pacifico che, secondo le ordinarie norme che disciplinano il lavoro autonomo e, nello specifico, la libera professione, il compenso all'incaricato è sempre dovuto, nella misura in cui questo sia stato svolto secondo le regole della diligenza e della buona fede.

L'art. 2237 c.c., a tal proposito, rammenta come il cliente possa sempre recedere dal contratto, rimborsando tuttavia al prestatore le spese sostenute e pagandogli il compenso per l'opera svolta sino al momento del recesso.

Nel caso di specie, l'avvenuto svolgimento della parte di prestazione riferentesi all'attività di progettazione risultava sostanzialmente pacifica; peraltro, dagli atti emergeva come fosse stato il condominio a non voler proseguire con l'esecuzione degli interventi, il quale decideva di sua volontà di non dar seguito ai lavori di riqualificazione energetica.

Il pagamento della parcella è dovuto per aver l'architetto redatto lo studio di fattibilità; inoltre, l'importo e l'incarico erano stati oggetto di delibere mai impugnate.

Alla luce di tali considerazioni, il Tribunale di Ancona ha rigettato l'impugnazione dichiarando che lo studio di fattibilità va pagato anche se il condominio non esegue i lavori.

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Diritto al compenso professionale anche senza realizzazione progetto

La sentenza del Tribunale di Ancona è pienamente rispettosa dei pacifici principi normativi e giurisprudenziali.

Dal primo punto di vista, l'impianto codicistico conferma appieno il diritto del professionista a essere retribuito per il lavoro svolto, anche se poi le previsioni del committente non si realizzano appieno.

Ai sensi dell'art. 2234 c.c., «Il cliente, salvo diversa pattuizione, deve anticipare al prestatore d'opera le spese occorrenti al compimento dell'opera e corrispondere, secondo gli usi, gli acconti sul compenso».

Da tale norma si evince che non solo il professionista ha diritto all'onorario ma anche agli acconti sullo stesso, come avviene nell'ipotesi degli avvocati i quali, impegnati per anni in lunghe cause, possono legittimamente chiedere anticipi sull'onorario, proporzionali al lavoro svolto.

Anche il secondo comma del già citato art. 2237 c.c. milita in questo senso, laddove statuisce che «Il prestatore d'opera può recedere dal contratto per giusta causa. In tal caso egli ha diritto al rimborso delle spese fatte e al compenso per l'opera svolta, da determinarsi con riguardo al risultato utile che ne sia derivato al cliente».

Dunque, il professionista intellettuale ha diritto al pagamento del lavoro svolto anche qualora decida unilateralmente di recedere.

Dal punto di vista giurisprudenziale non si hanno che conferme. Secondo la Suprema Corte (15 dicembre 2021, n. 29745), nel contratto di prestazione d'opera intellettuale, quando esista un accordo fra le parti per determinare convenzionalmente il compenso, la pattuizione resta valida anche nel caso di recesso del committente, con l'unica conseguenza della riduzione del corrispettivo pattuito per l'intera opera, in proporzione della parte realizzata.

Con specifico riferimento agli onorari di ingegneri e architetti, la Corte di Cassazione (14 gennaio 2020, n. 451) ha espresso il seguente principio di diritto: «Il compenso spettante ad un architetto o ingegnere per le prestazioni parziali rese deve esser aumentato, ai sensi dell'art. 18 legge della tariffa professionale degli ingegneri e architetti indipendentemente dalla causa relativa al mancato completamento dell'incarico e anche se esso sia stato determinato dalla revoca di quest'ultimo, proveniente dal committente»; la pronuncia conferma quindi il diritto al compenso anche nel caso di recesso e conseguente mancato completamento dell'incarico.

Diversa invece è la situazione nell'ipotesi in cui il progetto non sia realizzabile per motivi amministrativi e tecnico-giuridici e perfino quando il committente non voglia adeguarsi alle prescrizioni dell'ente pubblico, se queste non erano state preventivate dal progettista: secondo la Corte di Cassazione (10 febbraio 2020, n. 3052), in ipotesi del genere il professionista perde il diritto al compenso perché non ha diligentemente prospettato ogni circostanza al committente, il quale può legittimamente tutelarsi decidendo di non andare oltre, sottraendosi anche al pagamento del lavoro svolto dal professionista sino a quel momento.

Così la citata Suprema Corte: «Pur costituendo il progetto un opus preparatorio all'edificazione, esso deve assicurare la preventiva soluzione dei problemi ostativi alla realizzazione dell'edificio, che spetta al professionista individuare, quale soggetto dotato di specifica competenza tecnica».

Nello stesso senso altra giurisprudenza di legittimità: «l'obbligazione dell'architetto di redazione di un progetto edilizio è un'obbligazione di risultato, essendo il professionista tenuto a rendere un progetto concretamente utilizzabile, anche dal punto di vista tecnico e giuridico, sicché l'irrealizzabilità dell'opera, per erroneità o inadeguatezza del progetto, dà luogo a inadempimento dell'incarico e abilita il committente a rifiutare il compenso tramite eccezione d'inadempimento» (Cass., 18 gennaio 2017, n. 1214).

Dunque, in tema di contratto d'opera per la redazione di un progetto edilizio, pur trattandosi di una fase preparatoria rispetto all'esecuzione dell'opera, il professionista deve assicurare la conformità del progetto alla normativa urbanistica e individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da prevenire la soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dell'opera richiesta dal committente.

Per la giurisprudenza di legittimità (21 marzo 2023, n. 8058) è responsabile l'architetto, l'ingegnere o il geometra che, nel redigere il progetto edilizio, non assicuri la conformità dell'elaborato alla normativa urbanistica; infatti, «l'irrealizzabilità del progetto per inadeguatezze di natura tecnica costituisce inadempimento dell'incarico»; pertanto, il committente può rifiutare di corrispondere il compenso.

Sentenza
Scarica Trib. Ancona 10 marzo 2025 n. 446
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