La legge consente che i proprietari di un edificio o di un gruppo di edifici possano decidere di sciogliere un intero complesso in più edifici costituenti autonomi e separati condominii.
L'art. 61 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile prevede che, in tal caso, la assemblea condominiale possa deliberare, con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 comma 2 del Codice Civile, lo scioglimento del condominio originario.
In mancanza, lo scioglimento può essere disposto dall'autorità giudiziaria su domanda di almeno un terzo dei comproprietari della parte dell'edificio di cui si chiede la separazione.
Inoltre, l'art. 62 delle disposizioni di attuazione del Codice Civile prevede che lo scioglimento possa essere deliberato anche quando restino in comune con gli originari partecipanti dell'edificio o del gruppo di edifici alcune delle parti comuni ex art. 1117 del Codice Civile e sia necessario intervenire con opere che modifichino lo stato delle cose.
In quest'ultimo caso, però, è necessario che lo scioglimento venga deliberato dall'assemblea condominiale con la maggioranza di cui all'art. 1136 comma 5 del Codice Civile.
Le previsioni legislative, però, non possono essere indiscriminatamente applicate senza tener conto del contenuto e delle modalità di esercizio del diritto di proprietà dei singoli condomini che risulti dal regolamento condominiale e dai titoli di proprietà.
L'esame di una fattispecie concreta può essere utile per illustrare i termini della questione.
Un fabbricato condominiale composto da piano interrato adibito a garage e da sei piani fuori terra è dotato di due accessi autonomi e, quindi, di due portoni, di due scale (A e B), di due impianti ascensore e di due porzioni del piano interrato ubicate sotto ciascuna scala, ciascuna avente una rampa di accesso carrabile, ma collegate da un corridoio/passaggio pedonale interno; il fabbricato è dotato di un unico impianto idrico ed autoclave ubicato in un vano dell'interrato della scala B.
L'assemblea condominiale, con la maggioranza di cui all'art. 1136 comma 5 ed ai sensi dell'art. 62 disp. att. del Codice Civile, deliberava lo scioglimento del condominio lasciando in comune l'impianto idrico e l'autoclave nel vano a piano interrato sotto la scala B.
Due condomini, proprietari di appartamento ubicato nella scala A e di posto macchina ubicato nell'interrato della scala B, impugnavano la delibera di scioglimento del condominio chiedendone l'annullamento e convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Trani i due neo costituiti condominii.
I due proprietari assumevano che la delibera non aveva disposto alcunché in merito al passaggio pedonale comune che metteva in comunicazione le due zone del piano interrato.
Il passaggio pedonale al piano interrato permetteva ai due impugnanti e ad altri condomini, proprietari di unità immobiliare ubicata nella scala A di accedere internamente al posto macchina di loro proprietà ubicato nell'interrato sotto la scala B, come previsto nel titolo di proprietà.
Tale passaggio veniva utilizzato altresì da tutti i condomini della scala A per raggiungere il vano dell'impianto idrico e dell'autoclave ubicato sempre nell'interrato sotto la scala B.
Peraltro, detto passaggio era stato in precedenza murato impedendo ai condomini di utilizzare il corridoio pedonale per raggiungere il posto macchina di pertinenza dell'appartamento di loro proprietà ovvero per raggiungere il vano autoclave.
Gli impugnanti assumevano che la delibera era viziata per la mancanza del quorum deliberativo in quanto non era sufficiente la maggioranza di cui all'art. 1136 co.5 C.C. bensì era necessaria l'unanimità.
Il deliberato incideva sulla sfera giuridica dei condomini della scala A per l'evidente limitazione del loro diritto di proprietà, costituita dal disagio nel raggiungere il loro posto macchina e dal pregiudizio economico derivante dal deprezzamento dell'appartamento in considerazione della modificazione del vincolo pertinenziale con il box a seguito della eliminazione del corridoio (già murato) e della intervenuta divisione; l'eliminazione del corridoio impediva altresì ai condomini della scala A di raggiungere il vano dell'impianto idrico e dell'autoclave ubicato nell'interrato della scala B ma a servizio di entrambe le scale.
Il Giudice del Tribunale adito osservava che la delibera di scioglimento del condominio aveva omesso di considerare quale parte comune il corridoio pedonale a piano interrato, murato sulla base di precedenti delibere annullate, rimanendo in comune il solo impianto idrico.
Il piano interrato era parte comune del fabbricato ed i posti macchina ivi ubicati appartenevano ai condomini di entrambe le scale.
Per il giudice, il corridoio in esame era struttura in comproprietà di tutti i condomini, atteso che essa era funzionale al passaggio da un'ala all'altra dell'edificio, passaggio necessario sia per consentire ai condomini della scala A di raggiungere le utenze idriche, posizionate nel vano autoclave - sito nella scala B - sia per consentire ai condomini della scala A, proprietari di boxes pertinenziali posti nella scala B di raggiungere la loro proprietà ed usufruirne.
Ai sensi dell'art. 1117 C.C., la condominialità di un bene o di un servizio si presume, ove lo stesso sia strutturalmente funzionalizzato all'uso ed al godimento comune in mancanza di prova contraria (Cass. n.9093/2007, Cass. n.3257/2004). Nel titolo di proprietà degli impugnanti non emergeva che il corridoio in questione non fosse parte comune.
La delibera di divisione del condominio, nulla disponendo in merito alla parte comune costituita dal corridoio pedonale e, quindi, implicitamente eliminandola, incideva sulla facoltà di uso del bene condominiale da parte di alcuni condomini ledendo il loro diritto e, per tale motivo, andava adottata all'unanimità.
Il Tribunale di Trani, con la sentenza n. 1254 resa in data 22.05.2019, partendo dal presupposto che il condominio si caratterizza per la coesistenza di unità abitative in proprietà esclusiva dei singoli condomini e per la presenza di parti comuni strutturalmente e funzionalmente connesse che ne impediscono la divisione se non in ipotesi particolari, ha affermato che gli artt .61 e 62 disp. att. C.C. hanno natura eccezionale e derogano al principio della unanimità solo ed esclusivamente nei casi in cui si realizzino le condizioni specificamente indicate valendo sempre ed in ogni caso il principio espresso dall'art. 1119 C.C. in virtù del quale "le parti comuni dell'edificio non sono soggette a divisione, a meno che la divisione possa farsi senza rendere più incomodo l'uso della cosa a ciascun condomino e con il consenso di tutti i partecipanti al condominio".
Sul punto era intervenuta anche la Suprema Corte stabilendo che, se la separazione del complesso immobiliare non può attuarsi se non mediante interferenze più gravi, interessanti la sfera giuridica di altri condomini, alla cui proprietà verrebbero ad imporsi limitazioni, servitù o altri oneri di carattere reale, è da escludere, in tale ipotesi, che l'edificio scorporando possa avere una propria autonomia strutturale, pur essendo eventualmente autonoma la funzionalità di esso riferita alla sua destinazione e gestione amministrativa (Cass. 01.10.2010 n.24380).
Il Tribunale di Trani ha così annullato la delibera condannano il condominio al pagamento delle spese di lite.