Il caso ha interessato il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che si è concluso con la sentenza n. 3534 del 10 ottobre 2022. La fattispecie è parecchio articolata; si ritiene di prendere in considerazione i punti più importanti dibattuti e risolti dall'organi giudicante.
La società appaltatrice di lavori in condominio chiede all'edificio di conoscere chi è il condomino moroso.
L'amministratore, tenuto per legge ai sensi dell'art. 63 disp. Att. c.c., indica il soggetto in questione.
L'impresa quindi ha promosso e ottenuto ricorso per ingiunzione nei confronti di quest'ultimo.
Il condomino promuove opposizione.
In primo luogo quest'ultimo rileva l'improcedibilità della domanda perché non è stata previamente esperita la mediazione. Il Tribunale ritiene la questione inammissibile perché la fattispecie non rientra nella procedura mediaconciliativa.
L'ingiunzione del terzo creditore verso il condomino moroso: i punti salienti del merito della vertenza
In ambito strettamente di diritto il giudice ritiene che l'opposizione sia infondata e debba essere rigettata, con conseguente conferma del decreto ingiuntivo.
Non può essere accolta neppure la domanda di manleva promossa dal condomino nei confronti del condominio.
Non può affermarsi la nullità del ricorso per mancanza di documentazione perché che agli atti del giudizio vi è non solo il contratto di appalto ma anche la dichiarazione dell'amministratore inerente il debito del condomino.
In termini di eccezione di legittimazione attiva, il ricorrente fa confusione tra questa e la titolarità dell'azione.
Legittimazione attiva e titolarità dell'azione
Ed infatti l'organo giudicante ricorda che deve premettersi che "la legittimazione ad agire costituisce una condizione dell'azione diretta all'ottenimento, da parte del giudice, di una qualsiasi decisione di merito, la cui esistenza è da riscontrare esclusivamente alla stregua della fattispecie giuridica prospettata dall'azione, prescindendo, quindi, dalla effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa che si riferisce al merito della causa, investendo i concreti requisiti di accoglibilità della domanda e, perciò, la sua fondatezza.
Ne consegue che, a differenza della "legitimatio ad causam" (il cui eventuale difetto è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio), intesa come il diritto potestativo di ottenere dal giudice, in base alla sola allegazione di parte, una decisione di merito, favorevole o sfavorevole, l'eccezione relativa alla concreta titolarità del rapporto dedotto in giudizio, attenendo al merito, non è rilevabile d'ufficio, ma è affidata alla disponibilità delle parti e, dunque, deve essere tempestivamente formulata" (cfr. C. 14177/2011).
Il giudice osserva che nella fattispecie in esame parte opponente sostiene, come visto, che l'opposta non potrebbe avanzare la propria domanda in quanto sarebbe irregolare il rapporto sotteso tra essa e il condominio, avendo quest'ultimo stabilito di affidare i lavori a altra impresa, senza cessione del contratto, cosa che, invece, nel caso di specie, sarebbe avvenuta, come da scrittura intercorsa.
Con questa contestazione, rileva il giudicante, la lamentela non è l'assenza della fattispecie giuridica prospettata dall'opposta, bensì la mancanza dell'effettiva titolarità del rapporto dedotto in causa e, quindi, non il difetto di legittimazione ad agire (la cui eccezione, pertanto, va rigettata) bensì il difetto di titolarità attiva.
Quest'ultimo, però, è stato tardivamente eccepito in quanto indicato solo con la memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. per cui non solo essa è inammissibile (e, dunque, da disattendere) ma anche gli aspetti consequenziali (quali le questioni che hanno riguardato e che continuano a riguardare - in altri giudizi - le delibere del condominio) non vanno affrontati da questo giudice proprio in quanto è a monte che la tematica non può trovare cittadinanza di verifica per sua tardiva proposizione.
L'amministratore senza poteri
Se anche il negozio fosse stato stipulato dall'amministratore senza potere, si ricorda che il rapporto tra i condomini e l'amministratore va ricondotto alla figura del mandato, per cui "il negozio stipulato dal mandatario eccedente i limiti del mandato non è annullabile, ma unicamente inefficace nei confronti del mandante, come resta confermato dal rilievo che esso è suscettibile di ratifica (art. 1711 cod. civ.).
Ne consegue che, in mancanza di ratifica, il negozio compiuto dal mandatario eccedente dai poteri ricevuti dal mandante non è né nullo, né annullabile, ma solo inopinabile nei confronti del mandante" (cfr. C. 2802/1995). Il contratto, pertanto, non è né nullo né illegittimo.
Al più potrebbe essere considerato astrattamente inefficace e inopponibile nei confronti del condomino.
Ciononostante anche in questo caso si deve ritenere che detta inopponibilità o inefficacia relativa, trattandosi di eccezione in senso stretto, doveva essere tempestivamente sollevata e l'opponente, invece, l'ha tardivamente eccepita solo nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c., con conseguente sua inammissibilità.
La delibera di riparto spese
Entrando nel merito della questione, deve ricordarsi che "in tema di condominio, le delibere relative alla ripartizione delle spese sono nulle se l'assemblea, esulando dalle proprie attribuzioni, modifica i criteri stabiliti dalla legge (o in via convenzionale da tutti i condomini), mentre esse sono annullabili nel caso in cui i suddetti criteri siano violati o disattesi" (cfr. C. 7708/2007).
Ora, nel caso di specie, parte opponente, invero, non lamenta una modifica dei criteri stabiliti dalla legge o dal regolamento ma censura proprio che il condominio avrebbe violato o disatteso detti criteri.
Tale al più sarebbe, infatti, la condotta astrattamente erronea del condominio che scelga di applicare, a un determinato caso specifico, una tabella in luogo di altra.
In tal caso, infatti, non si registra una modifica dei criteri ma una violazione di quelli corretti. Non a caso proprio la Suprema Corte richiamata, premesso quanto sopra, ha reputato che "è annullabile e non nulla la delibera che esclude dal riparto delle spese per lavori straordinari e di manutenzione dell'impianto di riscaldamento una unità immobiliare sull'erroneo presupposto che essa non sia allacciata all'impianto centralizzato".
Parallelamente deve ritenersi annullabile e non nulla la delibera che include nel riparto di spese per lavori straordinari di manutenzione una determinata unità immobiliare, seppur in forza di tabelle errate rispetto a quelle corrette (ossia la prospettazione di parte opponente).
Ne consegue che la delibera in oggetto al più potrebbe essere considerata annullabile e, in quanto tale, andava impugnata nei termini di legge. Parte opponente, non avendo impugnato la delibera, non può far valere, in questa sede, quei vizi che comportano (come osservato) non la nullità bensì il suo eventuale annullamento, con la conseguenza che non può qui censurare la scelta del condominio.