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L'amministratore di condominio non risponde degli effetti pregiudizievoli derivati all'edificio da interventi realizzati dai singoli condomini

Le ipotetiche lesioni del decoro della facciata, compiute da altri condomini, impone che vi sia la chiamata diretta in giudizio dei singoli responsabili delle violazioni e non del solo amministratore.
Avv. Maurizio Tarantino - Foro di Bari 
5 Gen, 2019

Il decoro dell'edificio. Il tema delle modifiche che ledono il decoro dell'edificio costituisce l'argomento di un notevole contenzioso giudiziario soprattutto con riferimento all'attività di sorveglianza dell'amministratore. Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., Sez. II, sent. 16 gennaio 2007, n. 851) per decoro architettonico "deve intendersi l'estetica del fabbricato data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità".

La stessa Corte precisa che l'apprezzabilità dell'alterazione del decoro deve tradursi in un pregiudizio economico che comporti un deprezzamento sia dell'intero fabbricato che delle porzioni in esso comprese, per cui, sotto tale profilo, è necessario tener conto dello stato estetico del fabbricato al momento in cui l'innovazione viene posta in essere (Cass. civ., Sez. II, sent. 25 gennaio 2010, n. 1286).

Ed ancora, costituisce innovazione lesiva del decoro architettonico del fabbricato condominiale, come tale vietata, non solo quella che ne alteri le linee architettoniche, ma anche quella che comunque si rifletta negativamente sull'aspetto armonico di esso, a prescindere dal pregio estetico che possa avere l'edificio.

La relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove non presenti vizi di motivazione (Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 20 aprile 2017, n. 10006).

Infine, secondo la giurisprudenza di merito, il regolamento condominiale, avente natura contrattuale, può dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella dell'art. 1120 c.c., tanto da estendere il divieto di immutazione sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio, quali esistenti al momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva. Le opere effettuate in violazione delle norme regolamentari sono illegittime.

Il giudice, ad ogni modo, in base alla disciplina dettata dall'art. 1120, comma 2, c.c., deve adottare criteri di maggiore o minore rigore in relazione alle caratteristiche del singolo edificio e/o della parte di esso interessata, accertando anche se esso avesse originariamente ed in qual misura un'unitarietà di linee e stile, suscettibile di significativa alterazione in rapporto all'innovazione oggetto di causa, nonché se su di essa avessero o meno già inciso, menomandola, precedenti innovazioni.

Tra l'altro, deve essere accertata anche se l'alterazione sia appariscente e di non trascurabile entità tale da provocare un pregiudizio estetico dell'insieme suscettibile di valutazione economica (Tribunale Milano, Sezione 13 civile Sentenza 17 marzo 2017, n. 3222).

Via la veranda sul terrazzo che rovina l'aspetto architettonico dell'edificio

Premesso ciò, dunque, l'articolo 1120 del Codice civile consente ai condòmini di disporre le innovazioni, autorizzate dall'assemblea, per render l'edificio maggiormente rispondente alle mutate esigenze abitative; tuttavia, Il limite a tale attività riguarda quelle che possano pregiudicare la sicurezza dell'edificio, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano inservibili le parti comuni.

La vicenda. Il condominio aveva chiamato in giudizio Tizia (proprietaria) per sentirla condannare alla rimozione della chiusura in metallo e vetro realizzata sul balcone prospiciente la via pubblica, nonché al risarcimento del danno derivante dalla lesione del decoro architettonico dell'edificio.

Si costituiva la convenuta allegando la natura precaria della chiusura del balcone e dichiarando di non opporsi alla sua eliminazione, a condizione che anche gli altri condomini avessero eliminato i diversi manufatti (caldaie, armadi e condizionatori) da loro installati sul prospetto condominiale o sui balconi, sul presupposto che anche detti manufatti fossero lesivi del decoro architettonico dell'edificio, spiegando domanda riconvenzionale sul punto.

In primo grado, il Tribunale accoglieva la domanda principale sul presupposto che la convenuta ne avesse riconosciuto la fondatezza, mentre respingeva la riconvenzionale per carenza di legittimazione passiva del condominio.

Nel successivo grado di giudizio, la Corte territoriale dichiarava inammissibile l'appello della condomina.

Avverso tale pronuncia, la ricorrente ha proposto ricorso in cassazione eccependo che l'amministratore avrebbe dovuto attivarsi per tutelarne il decoro nei confronti di tutti i condomini.

Un regolamento di natura non contrattuale può prevedere sanzioni per la tutela del decoro architettonico?

Il ragionamento della Cassazione. Nella vicenda in esame, la Suprema Corte ha osservato che le ipotetiche lesioni del decoro della facciata lamentate dalla ricorrente erano state compiute da altri condomini.

Pertanto, secondo la corte, la condomina doveva evocare direttamente in giudizio, come comproprietaria del bene comune pregiudicato, i singoli responsabili delle violazioni.

Difatti, l'amministratore sarebbe stato passivamente legittimato in relazione all'azione volta all'accertamento dell'illiceità della sua inerzia nell'agire a tutela del decoro dell'edificio, ma la ricorrente non ha proposto simile domanda, avendo ella - piuttosto - invocato direttamente nei confronti dell'amministratore del condominio l'eliminazione dei manufatti ritenuti lesivi del decoro della facciata dell'edificio.

Proprio su tale ultimo aspetto, gli ermellini hanno precisato che l'amministratore, invece, non aveva alcuna legittimazione passiva a rispondere degli effetti pregiudizievoli derivati all'edificio da interventi realizzati dai singoli condomini.

In conclusione, "L'amministratore non ha alcuna legittimazione passiva a rispondere degli effetti pregiudizievoli derivati all'edificio da interventi realizzati da singoli condomini.

Al massimo, il rappresentante dell'ente di gestione sarebbe stato passivamente legittimato in relazione all'azione volta all'accertamento dell'illiceità della sua inerzia nell'agire a tutela del decoro dell'edificio, ma la ricorrente non ha proposto simile domanda, avendo ella -piuttosto- invocato direttamente nei confronti dell'amministratore del condominio l'eliminazione dei manufatti ritenuti lesivi del decoro della facciata dell'edificio" (Cass. civ. ord. sez. II, 20 novembre 2018 n. 29905).

Sentenza
Scarica Cass. civ. ord. sez. II 20 nov. 2018 n. 29905
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