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L'esercizio del possesso di un bene immobile deve essere garantito dalle molestie altrui

L'apertura di un varco in un muro comune può costituire una turbativa alla disponibilità del possessore sul bene, soggetta ad un apprezzamento del giudice sulla base delle prove acquisite in giudizio.
Avv. Adriana Nicoletti 
24 Apr, 2025

Negata la molestia per il "taglio" di una porzione di un muro comune. Fatto e decisione

Il contenzioso deciso dal Tribunale di Parma con l'ordinanza in data 04 aprile 2025 si sostanzia nel procedimento, avviato in sede cautelare (ex art. 703 c.p.c.), come azione di manutenzione nel possesso (ex art. 1170 c.c.), incardinato da una società proprietaria di un immobile, destinato ad attività commerciale e facente parte di un complesso immobiliare, nei confronti di altra società che - a dire della stessa ricorrente - aveva tagliato e demolito parte di un muro perimetrale di natura comune.

Più in dettaglio parte l'attrice lamentava che l'intervento su tale struttura, posta al confine comune, era stato eseguito senza alcuna richiesta di autorizzazione da parte degli altri comproprietari provocando non solo una alterazione strutturale e sostanziale dell'estetica del fabbricato ma determinando, altresì, un varco tale da consentire un illecito accesso di estranei nella corte interna sulla quale affacciava una porzione dell'immobile di proprietà di colei che si riteneva essere stata molestata.

La resistente contestava ogni addebito mosso nei suoi confronti e, per quanto di interesse, lamentava il difetto dei presupposti per l'esperimento dell'azione possessoria di cui all'art. 1170 c.c., non avendo il muro asseritamente danneggiato le caratteristiche funzionali di bene comune, così come la ricorrente non aveva mai avuto il possesso della parte di recinzione abbattuta.

Istruita la causa con deduzioni e controdeduzioni delle parti aventi ad oggetto plurime argomentazioni, il Tribunale ha definito il giudizio respingendo il ricorso per mancanza di prova da parte della ricorrente di quanto dedotto nell'atto introduttivo del giudizio.

In particolare, il giudicante ha ritenuto che fosse onere della stessa dimostrare che il comportamento della controparte avesse effettivamente alterato, in modo apprezzabile, l'esercizio del suo possesso.

Parimenti neppure le fotografie depositate a corredo delle doglianze dell'attrice erano servite a dimostrare i propri assunti.

La legge garantisce il pacifico esercizio del godimento del bene oggetto di possesso

Più che per il caso specifico in sé, l'ordinanza appare meritevole di attenzione per la problematica generale che ha affrontato e che concerne i presupposti dell'azione di manutenzione con la quale si tende a paralizzare gli atti di turbativa del possesso.

Una breve premessa. Una controversia in materia condominiale che abbia per oggetto un'azione a difesa del possesso - come nel caso di specie, l'azione di manutenzione - non richiede il preventivo esperimento del procedimento di mediazione quale condizione per la procedibilità della domanda giudiziale.

Infatti, nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'art. 703, co. 3, c.p.c. non si applica la c.d. "mediazione demandata del giudice" (legge n. 28/2010, combinato disposto artt. 5, co. 6 e art. 5 quater, co. 1).

Con l'istanza ex art. 1170 c.c. l'attore aveva richiesto al competente Tribunale l'emissione di un ordine di immediata cessazione delle turbative o molestie al godimento di un bene in suo possesso e messe in atto da parte della società convenuta.

Il tutto con conseguente ordine di rimessione in pristino dello status quo ante dei luoghi (chiusura di un varco effettuato su di un muro comune di confine), con esecuzione dei lavori necessari a carico e spese della resistente.

Il Tribunale - come visto - ha negato la sussistenza dei presupposti all'esercizio dell'azione, poiché non provati ed ha rigettato il ricorso.

Il contenuto dell'art. 1170 c.c., limitatamente alla fattispecie in esame, si può così riassumere:

- legittimato attivo all'azione di manutenzione è il possessore di un immobile o di un diritto reale su un immobile;

- il termine per esercitare l'azione è fissato entro l'anno dalla turbativa;

- il possesso deve durare da oltre un anno, continuo e non interrotto;

- il possesso non deve essere stato acquistato violentemente o clandestinamente. La sussistenza di queste due situazioni, tuttavia, non elide il diritto di esercitare l'azione di manutenzione, il cui termine annuale decorre dal giorno in cui la violenza e clandestinità è cessata.

L'ultimo comma della norma, infine, estende la possibilità di esercitare l'azione de qua anche a colui che abbia subito uno spoglio non violento o clandestino chiedendo di essere riammesso nel possesso del bene.

Dott. Giuseppe Bordolli Apertura di un varco nel muro privato divisorio per collegare aree di proprietà esclusiva attigue in due diversi caseggiati: la posizione della Cassazione

La molestia: presupposto essenziale per l'azione di manutenzione

Il giudicante ha evidenziato che l'azione di manutenzione, il cui scopo è quello di reagire ad atti che impediscono il libero esercizio del diritto del possesso, ha anche una "finalità eventualmente preventiva", ribadendo tale opinione con l'affermazione secondo la quale sussista il timore di subire una molestia.

Per questo specifico profilo la giurisprudenza si è espressa in modo controverso. Infatti, in passato, ci si è trovati di fronte a due orientamenti.

Da un lato è stato affermato che "l'astratto pericolo di pregiudizio al possesso è inidoneo a fondare la molestia possessoria, la quale, ove l'azione di manutenzione sia esercitata in via preventiva, postula in ogni caso un comportamento che ponga in serio e concreto pericolo il preesistente stato di fatto" (Cass. 05 febbraio 2016, n. 2291).

Per altro verso è stato successivamente chiarito che "in tema di azioni a difesa del possesso, è configurabile la molestia possessoria ove la condotta comporti una modifica dello stato dei luoghi, idonea a determinare una condizione di potenziale pericolo al possesso altrui e a produrre un'apprezzabile compressione delle facoltà con cui detto possesso si esteriorizza" (Cass. 23 ottobre 2018, n. 26787.

Fattispecie relativa all'apertura di una porta sul muro comune, con conseguente limitazione delle possibilità di utilizzazione del corrispondente spazio da parte dell'altro proprietario).

Per quanto quest'ultimo principio - come ritenuto dal Tribunale - possa trovare applicazione anche nella fattispecie in esame, occorre sempre che il/la ricorrente provi quanto affermato nella propria domanda, essendo pacifico che al fine della "configurabilità della molestia possessoria… con l'atto materiale deve coesistere il dolo o la colpa, la cui prova incombe su chi propone la domanda di manutenzione, mentre rappresenta apprezzamento di fatto, riservato al giudice del merito ed insindacabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione logica e sufficiente, l'accertamento dell'esistenza dell'indicato elemento soggettivo; senza che il possessore debba provare anche la consapevolezza dell'autore della lesione di aver violato l'altrui diritto" (Cass. 22 febbraio 2011, n. 4279; Cass. Sez. Un. 2211 1994, n. 9871).

Appare, a questo proposito, utile aprire una breve parentesi per evidenziare come, ai fini del profilo probatorio, tale orientamento abbia levato consistenza alla presunta volontà dell'autore della molestia di adottare un comportamento rinvenibile nel c.d. animus turbandi, quale presupposto non rinvenibile nell'art. 1170 c.c. e, quindi, privo di rilevanza.

Quindi, a carico del possessore che invochi la propria tutela tramite l'azione di manutenzione incombe l'onere della prova secondo i principi generali di cui all'art. 2697 c.c.

Un'ultima osservazione. La domanda a cura del ricorrente non era stata limitata alla sola cessazione delle turbative, ma anche all'emissione di un ordine di rimessione in pristino dello stato dei luoghi, rispetto al quale giova precisare che la domanda "cui è diretta l'azione di manutenzione, può consistere non già nella mera riproduzione della situazione dei luoghi modificata o alterata da una determinata azione lesiva dell'altrui possesso, ma anche nell'esecuzione di un "quid novi", qualora il rifacimento puro e semplice sia inidoneo a realizzare il ripristino stesso" (Cass. 13 agosto 2018, n. 20726).

Sentenza
Scarica Trib. Prato 4 aprile 2025

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