La questione viene affrontata dal Tribunale di Roma con la sentenza n. 1473 del 31 gennaio 2022.
La legittimazione processuale dell'amministratore di condominio: cenni della vicenda
La vicenda nasce da un'ingiunzione ottenuta dal condominio nei confronti di un condomino per mancati pagamenti di rate di consuntivi e preventivi e conseguenti piani di riparto approvati in assemblea.
Il condomino promuove opposizione all'ingiunzione rilevando di aver eseguito il pagamento in più tranches mentre il condominio ne contestava l'importo richiedendo il saldo. Stante l'eccezione di improcedibilità, si è aperta la fase della mediazione, obbligatoria essendo in ambito di condominio, che tuttavia termina con il verbale negativo nonostante il condominio abbia comunque formulato una proposta conciliativa.
Si ritorna quindi sul piano processuale e il giudice di pace dà ragione al condomino, accogliendo l'opposizione rilevando un presunto difetto di legittimazione dell'amministratore per il procedimento di mediazione nonché l'omesso invio dei verbali delle assemblee in oggetto.
Il condominio decide di appellare la decisione resa dal giudice di primo grado.
Il tribunale, giudice di secondo grado perché nel grado precedente la causa era davanti al giudice di pace, rileva l'infondatezza dell'eccezione sollevata dal condomino per quanto concerne il difetto di legittimazione processuale del Condominio, in quanto l'assemblea condominiale ha ratificato il mandato conferito al procuratore nominato dall'amministratore del Condominio con apposita delibera, versata in atti.
Nel merito l'autorità giudiziaria ritiene che la sentenza appellata debba essere riformata.
Legittimazione processuale dell'amministratore di condominio nel recupero crediti
Il giudice di prime cure ha erroneamente ritenuto non sussistere la legittimazione dell'amministratore ad agire in via monitoria e nel successivo giudizio di opposizione.
Risulta granitica la giurisprudenza sul punto: rientra tra le competenze dell'amministratore ex art.1130 co .1 n. 3 c.c., con conseguente sua legittimazione processuale, quella relativa alla riscossione degli oneri condominiali poiché nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art.1130 l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi.
Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, è legittimato ad agire (e a resistere) in giudizio (nonché a proporre impugnazione) senza alcuna autorizzazione, nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 c.c., quando cioè si tratta di riscuotere dai condomini inadempienti il pagamento dei contributi determinati in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea (Cass. Civ. S.U., nn. 18331 - 18332/2010).
Con riferimento al caso di opposizione a decreto ingiuntivo per la riscossione di oneri condominiali, la Cassazione ha ribadito che riscuotere i contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea è compito precipuo affidato dall'art. 1130 c.c. (e dall'art. 63 disp. att. c.c.) all'amministratore, il quale pertanto è senz'altro abilitato ad agire e a resistere nei pertinenti giudizi, senza che occorra quell'apposita autorizzazione dell'assemblea, che è richiesta dall'art. 1131 c.c., soltanto per le liti attive e passive che esorbitino dalle incombenze proprie dell'amministratore stesso (Cass. Civ., n. 19533/2012, ed anche Cass., Sez. Un., 6 agosto 2010, n. 18331; Cass., Sez. 2^, 25 ottobre 2010, n. 21841; Cass., Sez. 2^, 18 settembre 2012, n. 1563 8; e, più di recente anche: Cass. civ. Sez. II Ord., 25/05/2016, n. 10865).
L'amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che rientrano nell'ambito delle proprie attribuzioni, non necessita di alcuna autorizzazione assembleare che, ove anche intervenga, ha il significato di mero assenso alla scelta già validamente compiuta dall'amministratore medesimo).
Il Tribunale afferma che risulta errato il rilevo relativo alla proposta transattiva formulata dal Condominio nell'ambito della procedura di mediazione, non fosse altro perché la proposta non è sfociata in una transazione (che l'Assemblea avrebbe potuto comunque ratificare) e la mediazione si è conclusa negativamente, aprendo la fase processuale, con la prosecuzione di un giudizio in cui, peraltro, la proposta non avrebbe dovuto neanche essere riportata dalle parti, se non nello specifico caso (non dedotto in giudizio) di richiesta di condanna alle spese della parte che ha rifiutato la proposta in sede di mediazione ai sensi dell'art. 13, comma 1, d. lgs. 28/2010.
Questa disposizione prevede che, se la sentenza corrisponde interamente al contenuto della proposta avanzata in sede di mediazione d i una parte, il Giudice esclude la ripetizione delle spese della parte vincitrice che ha rifiutato la proposta, riferibili al periodo successivo alla formulazione della stessa, la condanna al rimborso delle spese sostenute dalla parte soccombente relative allo stesso periodo, nonché al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di un'ulteriore somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto.
A mio modo di vedere discorso diverso deve essere fatto per l'entrata in mediazione da parte del condominio.
Qui il mandatario del palazzo non ha la legittimazione autonoma a partecipare al procedimento di mediazione, sia sotto il profilo attivo, sia sotto quello passivo. Ciò in quanto l'art. 71 quater disp. att. c.c., al terzo comma, dispone che "Al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice."
Lo stesso dicasi per il caso in cui la mediazione possa sfociare in un verbale positivo di accordo raggiunto: anche qui ci vuole la previa delibera assembleare con la stessa maggioranza appena indicata.
Questo principio è giusto e logico se solo si pensa che l'amministratore è un semplice mandatario che va a transigere - quindi a partecipare a reciproche concessioni in termini transattivi - su materie non di sua pertinenza e autonoma titolarità.
Riconoscimento dei pagamenti parziali nel contesto monitorio
Il Tribunale asserisce che nel merito l'opposizione è fondata solo per quanto riguarda l'avvenuto pagamento di alcuni importi ingiunti, una parte corrisposti prima della notifica del decreto ingiuntivo e, correttamente, non richiesto dal Condominio in sede di precetto, ed un'altra comunque versata dopo la notifica del decreto, a nulla rilevando l'avvenuta comunicazione, prima di tale data, all'amministrazione dell'imminente pagamento, rientrando nelle facoltà del creditore di agire in via monitoria fin quando non ha ricevuto effettivamente il pagamento dal debitore.
L'avvenuto pagamento della sorte capitale avrebbe comunque imposto la revoca del decreto ingiuntivo per la somma corrispondente e la condanna dell'opponente al pagamento degli importi residui, relativi ad interessi e spese.
Il parziale pagamento delle somme ingiunte prime della notifica del ricorso avrebbe potuto essere valutato positivamente in sede di regolamentazione delle spese, con una loro parziale, e non totale, compensazione delle stesse in quanto, nel merito l'opposizione risulta infondata.
L'opponente, infatti, non ha in alcun modo contestato gli importi dovuti, scaturenti da bilanci approvati con delibere efficaci ed esecutive in quanto mai impugnate neanche nel giudizio di opposizione.
Questi si è limitato ad eccepire genericamente (senza impugnare la delibera) l'omessa ricezione del relativo verbale; omissione comunque smentita dal condominio che ha prodotto prova documentale dell'invio e della ricezione della predetta comunicazione; tali documenti non sono stati tempestivamente contestati dall'opponente in primo grado.
La conclusione è quindi l'accoglimento dell'appello, con riforma della sentenza di primo grado e condanna del condomino al versamento della residua somma ingiunta.