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Litigi condominiali: giustificano le molestie?

Le molestie condominiali non possono essere legittimate dal contesto conflittuale in cui gli atti illeciti si sono verificati.
Avv. Mariano Acquaviva Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

In condominio ci vuole davvero poco per far sorgere una lite. Un turno di pulizie non rispettato, un danno alla cosa comune, il mancato pagamento di una rata oppure una parola di troppo in assemblea: tanto basta per far deflagrare una guerra tra condòmini.

Secondo la Corte di Cassazione (ordinanza numero 27169 del 12 settembre 2020), gli insulti, le minacce e i toni aggressivi, anche se provocati da pregresse liti condominiali, costituiscono sempre reato di molestie, anche se le vittime, in precedenza, si erano rese inadempienti ai propri obblighi condominiali.

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La sentenza in commento mette in chiaro un aspetto molto importante: non è legittimo dare luogo a molestie penalmente perseguibili, nemmeno se queste dovessero trovare un'astratta giustificazione in un comportamento condominiale non corretto della vittima (nel caso di specie, il mancato adempimento di alcuni obblighi).

Non ci si può dunque giustificare adducendo come pretesto che le proprie molestie siano state la risposta a un precedente litigio condominiale: la condotta penale rileva autonomamente, a prescindere dai diverbi di natura prettamente civilistica.

Analizziamo gradatamente il percorso che ha portato il giudice di legittimità a esprimere questo principio, partendo dal caso inizialmente sottoposto ai supremi giudici.

Molestie condominiali: il caso sottoposto alla Cassazione

Ricorrevano per Cassazione alcuni condòmini che erano stati condannati per il reato di molestie ex art. 660 del codice penale.

Il Tribunale, a definizione di processo di opposizione a decreto di condanna, aveva ritenuto gli imputati responsabili, in esecuzione del medesimo disegno criminoso, della commissione, in concorso, di tre contravvenzioni di cui all'art. 660 cod. pen., consistite nell'avere, per petulanza, molestato altri condòmini mediante l'espressione di frasi ingiuriose e comportamenti minacciosi.

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Più nel dettaglio, dall'istruttoria dibattimentale era emerso che gli imputati avevano tenuto, in luoghi pubblici, comportamenti illeciti (consistenti in ingiurie, minacce, inseguimenti in autovettura).

Molestie condominiali: i motivi del ricorso

Gli imputati condannati per molestie proponevano ricorso per Cassazione per i seguenti motivi.

A detta dei ricorrenti, la sentenza impugnata aveva fatto erronea applicazione dell'art. 660 cod. pen., in quanto i fatti contestati traevano origine in litigi condominiali, con la conseguenza che le condotte non erano state poste in essere per petulanza o biasimevole motivo.

Il reato previsto dall'art. 660 cod. pen. consiste in qualsiasi condotta oggettivamente idonea a molestare ovvero disturbare una persona interferendo nella sua vita privata ovvero di relazione.

L'elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e volontà della condotta, tenuta nella consapevolezza della sua idoneità a molestare o disturbare il soggetto passivo, invadendone inopportunamente la propria sfera di libertà.

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Sempre secondo i ricorrenti, non furono gli imputati a dare causa alla conflittualità, ma questa era derivata dall'immotivato inadempimento, da parte delle vittime, alla sentenza del Tribunale ove era previsto che il condominio doveva provvedere alla riparazioni delle infiltrazioni di acqua dell'appartamento e del relativo risarcimento del danno, con la conseguenza che affermare che tale situazione di fatto non integri la reciprocità o ritorsione della molestia è un errore concettuale tale da far ritenere apodittica e guidi manifestamente illogica la sentenza.

Insomma: secondo i ricorrenti, la decisione doveva essere cassata perché non sussisteva il biasimevole motivo che è elemento costituivo imprescindibile della contravvenzione di molestie.

Molestie e litigi condominiali: la decisione della Cassazione

La Suprema Corte rigetta il ricorso e conferma la condanna. Secondo il giudice nomofilattico, la sentenza impugnata, con motivazione logica, ha affermato che la conflittualità fra condomini, alla base dei comportamenti illeciti posti in essere dai ricorrenti nei confronti delle persone offese, non determina alcuna reciprocità fra molestie.

Non è, del resto, neppure dai ricorrenti affermato che le vittime tennero nei loro confronti comportamenti del tipo di quelli descritti dalla sentenza impugnata siccome imputabili ai ricorrenti.

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Per quanto riguarda la presunta condanna in sede civile delle persone offese (condanna il cui inadempimento avrebbe "acceso gli animi" e dato luogo alle molestie), la Cassazione rileva che in atti non ve n'è prova e che, comunque, un inadempimento sul piano civile non giustificherebbe una reazione sul versante penale.

Peraltro, il reato di molestie ex art. 660 cod. pen. si integra a prescindere dal fatto che il reo sia cosciente o meno dell'illegittimità della propria azione. In altre parole, ai fini del reato non rileva l'eventuale convinzione dell'agente di operare per un fine non biasimevole o addirittura per il ritenuto conseguimento, con modalità non legali, della soddisfazione di un proprio diritto.

Molestie condominiali: il principio espresso dalla Cassazione

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza numero 27169 del 12 settembre 2020, esprime in pratica il seguente principio:

«La conflittualità tra condòmini non giustifica le molestie, che costituiscono condotte penalmente rilevanti. La petulanza o il biasimevole motivo sussistono anche se le vittime sono inadempienti ai loro obblighi condominiali, non essendo giustificabile una ritorsione nei loro confronti. Il contesto conflittuale in condominio non elide l'antigiuridicità della condotta».

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Sentenza
Scarica Cass. pen. 12 settembre 2019 - 30 settembre 2020 n. 27169
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