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Lavori su parti comuni e responsabilità solidale tra custode e appaltatore

Il condominio è custode dei beni comuni rispetto ai quali permane la sua responsabilità per i danni subiti patiti da un condomino o da un terzo. Solo il caso fortuito può spezzare il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno.
Avv. Adriana Nicoletti 
8 Ott, 2024

La Corte di cassazione in data 13 settembre 2024 ha pronunciato l'ordinanza n. 24657, con la quale ha rigettato il ricorso presentato da un condominio condannato in sede di appello per responsabilità solidale con l'impresa, cui erano stati affidati i lavori di rifacimento della facciata dello stabile, per i danni procurati ad un condomino in sede di esecuzione delle opere.

Il provvedimento giurisdizionale ripropone un quadro certamente non inconsueto, considerato che spesso in queste occasioni si verificano eventi che vedono coinvolti due soggetti, quali il condominio e l'appaltatore, che sono titolari di responsabilità unilaterali oppure solidali nei confronti dei partecipanti.

Nei lavori condominiali non vi è trasferimento di custodia tra condominio e appaltatore. Fatto e decisione

In conseguenza di lavori di ripristino della facciata di un edificio, commissionati dal Condominio ad un'impresa edile, un condomino, affermando di avere subito danni nell'immobile di sua proprietà, si rivolgeva al Tribunale chiedendo la condanna del Condominio al ripristino dei luoghi ed al risarcimento dei danni subiti.

Il convenuto, contestata la fondatezza degli assunti dell'attore, proponeva domanda riconvenzionale di condanna del medesimo al pagamento di oneri condominiali non versati e, contestualmente, chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la ditta appaltatrice al fine di essere dalla stessa manlevato.

Integrato il contraddittorio, il primo giudice rigettava la domanda attorea e accoglieva la riconvenzionale azionata dal Condominio.

L'appello proposto dal condomino danneggiato veniva accolto parzialmente in quanto, pur confermata la statuizione sulla domanda riconvenzionale, il Condominio ed il terzo chiamato in causa venivano condannati in solido a versare all'appellante una somma a titolo di risarcimento danni.

Avverso tale decisione il Condominio proponeva ricorso per Cassazione basato su numerosi motivi dei quali quelli che assumono maggior interesse, perché più attinenti alla sfera condominiale rispetto a quella strettamente personale, sono quelli che riguardano la asserita violazione e falsa applicazione da parte della Corte del merito degli artt. 2043 e 2051 c.c.

Considerati congiuntamente tali motivi si può riassumere che il ricorrente aveva lamentato l'errore in cui era incorsa la Corte allorché aveva condannato in solido il Condominio e l'appaltatrice, in quanto con l'appalto la custodia delle parti condominiali si era trasferita alla ditta esecutrice dei lavori.

Un errore ancora più evidente, avendo il giudicante omesso di considerare che l'appaltatore non fosse un nudus minister, in quanto aveva assunto anche la responsabilità della direzione dei lavori e del cantiere con conseguente assenza dei presupposti per l'applicabilità dell'art. 2043 c.c.

Il giudice del gravame, inoltre, aveva nuovamente errato per avere posto a carico del ricorrente la prova del caso fortuito, senza che l'attore/appellato avesse assolto l'onere di dimostrare il nesso di causalità.

La Corte, sempre per quanto di specifico interesse, ha dichiarato infondate le censure come qui sintetizzate ed ha rigettato integralmente il ricorso.

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L'attenzione va focalizzata sulle motivazioni che hanno indotto la Corte a rigettare il ricorso.

Premesso che il tema concernente la responsabilità per i danni provocati da cose in custodia, come disciplinato dall'art. 2051 c.c., è stato trattato in questa rivista con plurimi approfondimenti da parte di esperti autori, il caso in esame presenta un aspetto particolare della questione: ovvero se sia corretto ipotizzare una solidarietà tra committente ed appaltatore allorché il danno patito dal condomino sia conseguente a lavori eseguiti dal secondo su beni comuni.

In buona sostanza se tale vincolo possa essere escluso dal fatto dell'appaltatore che abbia nominato un direttore dei lavori, un direttore di cantiere assumendo la completa autonomia nella gestione dei lavori.

L'istituto del condominio poggia su di un principio cardine che va individuato nel rapporto tra proprietà esclusive e proprietà comuni, che permane nel tempo indipendentemente da fattori esterni che possano interessare le seconde. I beni comuni, infatti, restano sempre tali e sono sempre a disposizione dei condomini, anche se, temporaneamente, su di essi siano chiamati ad operare soggetti terzi.

Certamente, come nel caso in esame, non è che affidare ad una ditta l'esecuzione di lavori su di una proprietà comune interrompa il potere che sugli stessi beni esercita, di fatto, il condominio. Rapporto che per forza di cose resta immutato. Peraltro, una prova contraria sarebbe quasi diabolica.

Quindi, per questo specifico profilo della questione, quanto fino ad ora osservato giustifica la condanna, in via solidale, di condominio ed appaltatore ai sensi dell'art. 2051 c.c.

Ma c'è un altro aspetto da considerare e riguarda, in via generale, il ruolo che ha avuto il danneggiato nell'evento. Quanto a ciò la giurisprudenza ha parlato di fatto colposo del danneggiato, che consiste in un suo comportamento tale da contribuire in modo determinante all'accadimento dannoso e che è equiparabile al caso fortuito che - secondo il dettato dell'art. 2051 c.c. - porta all'esclusione di responsabilità per il custode (Cass. 26 marzo 2002, n. 4308).

Con riferimento al caso specifico assumono, peraltro, importanza essenziale le considerazioni riportate dalla Corte nella motivazione dell'ordinanza in commento alle quali, per esigenze di sintesi, si rinvia (pagg. 12/13 del provvedimento allegato, con particolare riferimento alla lett. "d"). Questo perché il condominio, per liberarsi dalle responsabilità a lui attribuite, aveva affermato che doveva essere riconosciuto, in capo al condomino danneggiato, un comportamento di inerzia in quanto avrebbe dovuto segnalare, quali segnali di pericolo, le lamentate vibrazioni e l'utilizzo di attrezzature pesanti.

Corte d'appello e Cassazione, sono stati concordi nel ritenere che presunti comportamenti del soggetto danneggiato che potrebbero provare il caso fortuito devono essere adeguatamente individuati e provati nell'ambito del giudizio di merito e, comunque, il loro esame non è di competenza dei giudici di legittimità.

Sentenza
Scarica Cass. 13 settembre 2024 n. 24657
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