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Lavori non deliberati dall'assemblea: chi paga?

Per ottenere la restituzione di quanto pagato non si applicano le norme sull'indebito oggettivo né quelle sull'arricchimento senza causa.
Avv. Mariano Acquaviva 
10 Mar, 2022

È cosa nota che l'amministratore possa eseguire, senza il previo consenso assembleare, solamente i lavori di manutenzione ordinaria e quelli di manutenzione straordinaria, purché rivestano carattere urgente (art. 1135 c.c.); tutti gli altri, cioè gli interventi straordinari non urgenti, devono necessariamente essere approvati dall'assemblea.

Per quanto riguarda il singolo condomino trova applicazione il disposto di cui all'art. 1134 c.c., secondo il quale «Il condomino che ha assunto la gestione delle parti comuni senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea non ha diritto al rimborso, salvo che si tratti di spesa urgente». Questa specifica disposizione può applicarsi anche al singolo edificio all'interno di un supercondominio?

È ciò di cui si è occupata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5995 del 23 febbraio 2022, ritornando sul problema di chi paga per i lavori non deliberati dall'assemblea. Approfondiamo la questione.

Controversia sui lavori non deliberati nel condominio

Un condominio ricorreva in Cassazione per la riforma della sentenza d'appello che gli aveva negato un presunto credito nei confronti di un'azienda proprietaria di un plesso residenziale.

Per la precisione, il condominio agiva in giudizio per vedersi riconosciuta la somma pari alla metà delle spese dallo stesso sostenute per i lavori di manutenzione dell'area di ingresso e di impianti comuni con l'immobile di proprietà del debitore.

La Corte d'appello aveva rigettato la pretesa creditoria rilevando che i beni oggetto dei lavori dovevano ritenersi compresi nel supercondominio in essere tra le parti e che, non essendo stati i lavori deliberati dalla relativa assemblea, il condominio avrebbe dovuto provare, ai fini del diritto di credito azionato, l'urgenza degli stessi, ai sensi dell'art. 1134 c.c. sopra citato. A parere del giudice di secondo grado tale prova non era invece stata fornita.

Secondo il giudice d'appello era altresì da rigettare anche la domanda, avanzata in via subordinata dallo stesso condominio, di pagamento di un indennizzo per arricchimento senza causa, in quanto proposta per la prima volta in comparsa conclusionale.

Quorum deliberativi, le sentenze in materia

Lavori non deliberati: i motivi del ricorso

Il condominio proponeva ricorso per Cassazione ritenendo che, nel caso di specie, la norma corretta da applicare non fosse quella di cui all'art. 1134 c.c., rivolta esclusivamente al condomino che intraprende lavori senza il consenso dell'assemblea, bensì quella più generica contenuta nell'art. 2033 c.c. riguardante l'indebito oggettivo.

Il condominio riteneva dunque aver diritto alla ripetizione dell'indebito, stante il disposto del succitato art. 2033 c.c., secondo cui «Chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure, se questi era in buona fede, dal giorno della domanda».

In subordine, il condominio lamentava il mancato accoglimento dell'azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c., essendo stata esperita tempestivamente e non all'interno delle conclusionali.

Obbligo di pagamento per lavori non autorizzati in condominio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5995 del 23 febbraio 2022 in commento, rigetta entrambi i motivi del ricorso.

Secondo gli ermellini, la figura della ripetizione di indebito può configurarsi solo nel caso in cui il pagamento abbia ad oggetto un debito effettivamente esistente a carico di un terzo. È quindi da escludersi che possa essere applicata in un contesto del genere.

La Suprema Corte ritiene corretto quanto statuito dalla Corte d'Appello la quale, ritenendo che i beni oggetto dei lavori cadessero nel supercondominio in essere tra le parti, ha affermato che, in assenza di delibera della relativa assemblea, il diritto al rimborso di parte della spesa potesse sorgere in favore del condominio solo in caso di comprovata urgenza dei lavori stessi, ai sensi dell'art. 1134 c.c.

Il requisito dell'urgenza dei lavori integra un presupposto del diritto al rimborso del condomino che vi abbia provveduto di propria iniziativa e sopportato la spesa, sicché, in difetto di tale presupposto, non sorge alcun debito a carico degli altri condomini.

In assenza di tale prova, il condominio non può vantare alcun diritto alla restituzione degli importi pagati per eseguire lavori di cui si è giovata anche la controparte.

Parimenti infondata è la pretesa dell'indennizzo per arricchimento senza causa. È pacifico infatti l'orientamento (ex multis, Cass. sent. n. 20528 del 2017) secondo cui al condomino cui non sia riconosciuto il diritto al rimborso delle spese sostenute per la gestione delle parti comuni, per essere carente il presupposto dell'urgenza all'uopo richiesto dall'art. 1134 c.c., non spetta neppure il rimedio sussidiario dell'azione di arricchimento ex art. 2041 c.c., «non potendo essa essere esperita in presenza di un divieto legale di esercitare azioni tipiche in assenza dei relativi presupposti».

È infatti molto chiaro il disposto di cui all'art. 2042 c.c., secondo cui «L'azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito».

Stante quindi la mancata prova dell'urgenza dei lavori, il condominio non ha diritto alla restituzione di quanto pagato, nemmeno in parte, pur essendosi giovato altro fabbricato di tali interventi.

Palazzina con due appartamenti, lavori urgenti e rimborso

Sentenza
Scarica Cass. 23 febbraio 2022 n. 5995
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