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Lavori abusivi nelle parti esclusive: responsabilità e ruolo dell'amministratore

Abusi edilizi in condominio e nelle unità immobiliari private: come si ripartiscono le responsabilità e quali sono i doveri dell'amministratore.
Avv. Mariano Acquaviva 
Dic 24, 2024

Le strette maglie della legislazione urbanistica ed edilizia rischiano di far incorrere in un abuso anche realizzando manufatti di scarsa importanza. Quando ciò accade in un edificio condominiale, si pone il problema di comprendere quale impatto abbiano sulla gestione del fabbricato e sulle relative competenze.

Con il presente contributo cercheremo di capire quali sono le responsabilità e qual è il ruolo dell'amministratore nel caso di lavori abusivi nelle parti esclusive. Approfondiamo l'argomento.

Abusi edilizi nelle proprietà private: chi è responsabile?

Il proprietario è il responsabile - sia dal punto di vista amministrativo che penale - dell'abuso edilizio commesso nella sua unità immobiliare.

Non potrebbe essere diversamente: il condominio non ha potere di ingerenza all'interno delle proprietà esclusive, fatta eccezione per le eventuali clausole contenute nel regolamento contrattuale e per quanto disposto dall'art. 1122 c.c. in tema di tutela della stabilità, della sicurezza e del decoro architettonico dell'edificio.

Lavori abusivi nelle parti comuni: chi è responsabile?

Per i lavori abusivi realizzati all'interno delle parti comuni dell'edificio sono responsabili i condòmini che hanno commissionato l'esecuzione delle opere illegittime.

Potrebbe accadere che dell'abuso edilizio nelle parti comuni sia responsabile il singolo proprietario che, senza autorizzazione alcuna, abbia intrapreso la realizzazione dell'opera illecita.

Non va dimenticato infatti che, ai sensi dell'art. 1102 c.c., è possibile utilizzare i beni comuni per un fine egoistico senza il previo consenso assembleare, sempreché da ciò non derivi un pregiudizio alla cosa condominiale oppure ai diritti degli altri comproprietari.

L'uso più intenso della cosa comune potrebbe tramutarsi anche in un intervento edilizio vero e proprio, come ad esempio accade nell'ipotesi di aperture realizzate sulla facciata condominiale.

In questa evenienza, la responsabilità dell'abuso è ascrivibile esclusivamente al condomino che ha realizzato l'opera, avendo agito in totale autonomia.

In sintesi, il singolo condomino è responsabile degli abusi commessi nel proprio appartamento e di quelli realizzati nelle parti comuni di propria iniziativa.

Lavori abusivi nelle parti esclusive: cosa deve fare l'amministratore?

L'amministratore condominiale non è legittimato a intervenire nell'ipotesi di abuso edilizio commesso all'interno dell'unità immobiliare esclusiva, a meno che il manufatto realizzato non pregiudichi le ragioni dell'edificio.

Come ricordato, l'art. 1122 c.c. pone come limite invalicabile alle opere compiute nelle proprietà esclusive il rispetto della stabilità, della sicurezza e del decoro architettonico dell'edificio.

Dunque, se i lavori commissionati dal condomino non solo sono abusivi ma incidono sulla stabilità, sulla sicurezza o sul decoro dell'edificio, l'amministratore deve agire per preservare le ragioni della compagine, senza nemmeno dover attendere il consenso dell'assemblea, essendo in ciò autorizzato direttamente dalla legge e, nello specifico, dall'art. 1130, nr. 4), c.c., laddove si pone a carico dell'amministratore l'obbligo di compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell'edificio.

Dunque, se l'amministratore ritiene che un'opera - abusiva o meno - realizzata da uno dei condòmini si ponga in contrasto con gli interessi superiori della compagine alla sicurezza, stabilità e armonia esteriore dell'edificio, potrà agire nelle opportune sedi giudiziarie chiedendo la rimozione del manufatto illegittimo.

Si pensi, ad esempio, al condomino che abbia chiuso il proprio balcone per realizzare una veranda: a prescindere dal rilascio del necessario titolo edilizio, l'amministratore potrà chiedere la rimozione dell'opera qualora leda il decoro architettonico dell'edificio.

Che la legittimità edilizia del bene privato sia fattore estraneo all'interesse condominiale si evince da numerose sentenze.

Si cita da ultimo la Corte d'Appello di Torino (3 dicembre 2024, n. 990), secondo la quale l'antigiuridicità amministrativa dell'opera realizzata attiene ai rapporti tra pubblica amministrazione e singolo privato, non essendo invece questione che possa interessare i soggetti terzi, fatti salvi i diritti di questi ultimi a farne valere ulteriori profili di illiceità - ad esempio civilistica - nelle opportune sedi.

Così il collegio piemontese: «è pacifico che la rilevanza giuridica del titolo edilizio autorizzativo si esaurisce nell'ambito del rapporto pubblicistico tra la P.A. e il cittadino, senza estendersi ai rapporti tra privati, che sono regolati dalle disposizioni dettate dal codice civile e dalle leggi speciali in materia edilizia, nonché dalle norme dei regolamenti edilizi nei limiti in cui queste integrano le norme codicistiche».

E ancora: «Ne consegue che nei rapporti tra privati non potrà mai essere lamentata, quale violazione idonea, di per sé, ad incidere sul diritto che si afferma leso, l'assenza del titolo edilizio, né, per contro, la presenza del titolo edilizio, vale ad escludere la lesione del diritto del privato, trattandosi di discipline che si pongono su piani assolutamente distinti, diretti a tutelare interessi differenti».

Ha precisato, infatti, la Suprema Corte come «ai fini della decisione delle controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, sono irrilevanti tanto l'esistenza della concessione (salva la ipotesi della cosiddetta licenza in deroga), quanto il fatto di avere costruito in conformità alla concessione, non escludendo tali circostanze, in sé, la violazione dei diritti dei terzi di cui al codice civile e agli strumenti urbanistici locali, così come è del pari irrilevante la mancanza della licenza o della concessione, quando la costruzione risponda oggettivamente a tutte le disposizioni normative sopraindicate» (Cass., 20 ottobre 2021, n. 29166).

Va infine ricordato che, qualora l'abuso edilizio del condomino pregiudichi il condominio, l'amministratore ha il diritto di accedere all'interno della proprietà esclusiva ai sensi dell'art. 843 c.c.

Lavori abusivi nelle parti comuni: cosa deve fare l'amministratore?

L'obbligo dell'amministratore di intervenire nell'ipotesi di lavori abusivi realizzati nelle parti comuni discende dalla sopracitata norma codicistica (art. 1130, nr. 4).

Non vi sono dubbi, pertanto, sul dovere di impedire la realizzazione di opere abusive nelle parti condominiali ovvero di agire tempestivamente per la loro rimozione; tanto vale sia nell'ipotesi in cui il manufatto sia frutto dell'iniziativa del singolo condomino quanto nel caso in cui a provvedervi sia stato il consesso.

In quest'ultima ipotesi, cioè se l'assemblea dovesse deliberare l'esecuzione di opere abusive, l'amministratore potrebbe impunemente astenersi dal dare attuazione alla decisione, trattandosi di deliberazione radicalmente nulla e, pertanto, completamente inefficace ab origine, a prescindere dalla sentenza del giudice.

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