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Il costruttore promette il giardino, ma non ci pensa proprio a farlo, cosa fare?

L'atto amministrativo che autorizza la costruzione ha valore tra il costruttore e non anche nei confronti del condominio.
Avv. Alessandro Gallucci 
5 Apr, 2012

L’impresa di costruzioni Gamma ottiene dal Comune Epsilon l’autorizzazione a costruire un edificio nel territorio di quell’ente. Nell’atto concessorio è precisato che nelle immediate vicinanze dello stabile, sempre sul terreno di proprietà della società, dovrà essere ubicato un giardino.

La società assume l’impegno ma, al momento di realizzare la costruzione, tralascia quest’obbligo e lascia il tutto in una situazione di sostanziale abbandono.

Successivamente inizia a vendere le unità immobiliari ed i condomini, venuti a conoscenza dell’inadempimento, chiedono all’impresa di porvi rimedio e di realizzare lo spazio a giardino previsto nel provvedimento concessorio. Niente da fare: la costruttrice Gamma non ne vuole sapere di realizzare quel giardino. Ne segue una causa tra i condomini e l’impresa.

Il fatto è realmente accaduto ed ha portato all’emissione della sentenza n. 2742 dello scorso 23 febbraio.

Si badi bene: son stati i condomini e non il condominio a fare causa. La compagine, infatti, ha legittimazione in materia di gestione e conservazione delle parti comuni.

L’amministratore, di propria iniziativa, può recuperare crediti, far rispettare regolamento e delibera e compiere atti conservatici.

L’assemblea può decidere di perseguire l’assicurazione inadempiente, far causa al portiere.

Nessuno dei due organi, però, può, decidere di prendere iniziative, ivi comprese quelle di carattere giudiziario, finalizzate alla tutela di diritti dei singoli.

Ciò detto è bene evidenziare che se richiamato nell’atto d’acquisto rientra nel diritto dei condomini quello di vedere realizzato l’impegno preso dall’impresa costruttrice nei confronti dell’amministrazione comunale.

Si legge nella sentenza che " la questione posta dal presente giudizio, ed investita dai motivi di ricorso sopra indicati, in ordine alla diretta efficacia verso terzi dell'atto d'obbligo sottoscritto dalla società costruttrice nei confronti del Comune di (…), non risulta pertanto affatto affrontata né risolta dalla sentenza invocata. Tanto precisato, il quarto motivo del ricorso principale è infondato.

Dalla lettura degli atti del processo, consentita a questa Corte in ragione della natura processuale del vizio denunziato, risulta infatti che già la sentenza di primo grado aveva giustificato l'accoglimento della domanda degli attori sul punto in ragione della considerazione che l'atto d'obbligo sottoscritto dalla venditrice con il Comune di (…) fosse stato richiamato dai singoli contratti di vendita intervenuti tra le parti.

Tale conclusione risulta contestata dalla società (…) nel proprio atto di appello, ma non sotto il profilo, investito dal motivo, della violazione dell'art. 112 cod. proc. civ.

Ne discende che non avendo la società ricorrente denunziato il vizio di extrapezione della sentenza di primo grado, essa non può ora lamentare che il giudice di appello, confermando tale capo della decisione, si sia pronunciato anch'esso sul punto, atteso che la tale contestazione le è ormai preclusa per il principio della formazione progressiva del giudicato" (Cass. 23 febbraio 2012, n. 2742).

In sostanza i condomini l’hanno spuntata per ragioni processuali: la controparte non s’era difesa nel modo migliore.

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