No condominio, no superbonus. Potremmo parafrasare così il famoso slogan pubblicitario.
In realtà dovremmo dire, per esteso, no condominio, no superbonus sulle parti comuni di edifici con più unità immobiliari autonomamente accatastate appartenenti ad un unico proprietario di gruppo di proprietari. Meno accattivante, decisamente.
La sostanza, però, è questa ed è una delle interpretazioni dell'art. 119 del d.l. n. 34/2020 (il decreto Rilancio) fornita dall'Agenzia delle Entrate che più ha dato modo di discutere.
Escludendo le parti comuni alle unità immobiliari negli edifici mono proprietario (o in comunione tra più soggetti, si pensi per esempio a quelli caduti in eredità) si è tagliata fuori della possibilità di usufruire del bonus (in teoria, com'è noto quelle fornite dell'Agenzia con le circolari sono indicazioni non vincolanti, ma interpretazioni delle norme ad uso interno) una discreta fetta di possibili beneficiari.
Così, è scattata la corsa al rimedio. Come ci scrive un lettore:
«Buongiorno amici di Condominioweb. Sono proprietario di un edificio con due unità immobiliari, primo e secondo piano. Entrambe stesso accesso.
Volevo appaltare la posa in opera del cappotto, ai fini del superbonus, ma mi è stato detto che non è possibile, cioè che per la configurazione proprietaria non potrei godere del 110%.
Mi sono informato è ho riscontrato la correttezza di questa conclusione, o meglio che è quello che dice l'AdE.
Allora mi sono domandato: se cedessi un'unità immobiliare a mio figlio potremmo poi beneficiare del bonus? O è meglio cedere ad un estraneo alla famiglia? Grazie».
Superbonus e parti comuni
«In applicazione del dettato normativo contenuto nell'articolo 119 in esame, il Superbonus non si applica agli interventi realizzati sulle parti comuni a due o più unità immobiliari distintamente accatastate di un edificio interamente posseduto da un unico proprietario o in comproprietà fra più soggetti» (Circ. Agenzia delle Entrate n. 8/2020).
La conclusione così rassegnata arrivava in coda ad un ragionamento che possiamo grosso modo sintetizzare così: l'art. 119 fa riferimento ai condomìni. I condomìni consistono in comunioni forzose delle parti comuni dell'edificio tra due o più persone autonomamente titolari delle unità immobiliari ubicate nell'edificio.
La norma non menziona parti comuni di edifici non in condominio, ergo: gli interventi sulle parti comuni (es. cappotto) per godere del superbonus del 110% devono essere eseguiti su parti comuni di edifici in condominio.
Superbonus, parti comuni e proposte di modifica
L'interpretazione restrittiva fondata sul mero dato letterale (per altro l'Agenzia è stata meno rigida, si veda il computo del tetto di detraibilità) ha creato più di qualche perplessità sfociata in vero e proprio malcontento.
In sede di conversione del decreto Agosto, che dovrà essere convertito in legge entro il 14 ottobre, è allo studio un correttivo.
Questo un emendamento presentato:
«Art. 57-bis. (Norma di interpretazione autentica in materia di incentivi per l'efficienza energetica, sisma bonus, fotovoltaico e colonnine di ricarica di veicoli elettrici interventi effettuati dai condomìni)
1. Il termine ''condomini'' di cui all'articolo 119, del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, in legge 17 luglio 2020, n. 77, comma 9, lettera a), ricomprende anche gli edifici, composti da due o più unità immobiliari distintamente accatastate, posseduti da un unico proprietario o da più comproprietari».
Non proprio felice dire che condominio vuol significare anche altro, cioè riferirsi anche ad edifici che condomini non sono. La precisazione è stata fatta solo ai fini dell'applicazione del superbonus, ma visto che non è definitiva sarebbe utile una migliore formulazione.
Così però il nostro lettore sarebbe certo di poter godere del superbonus del 110% per interventi sulle parti comuni di un edificio che non un condominio è ed allo stato attuale ai fini detrattivi non potrebbe essere certamente considerato tale.
Superbonus, parti comuni e creazione del condominio
Chiaramente il requisito della condominialità delle parti comuni alle unità immobiliari si configura non appena viene ad esistere il condominio.
Come c'insegna consolidata e unanime giurisprudenza, «il condominio sorge ipso iure et facto, e senza bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni, nel momento in cui l'originario costruttore di un edificio diviso per piani o porzioni di piano, aliena a terzi la prima unità immobiliare suscettibile di utilizzazione autonoma e separata, perdendo, in quello stesso momento, la qualità di proprietario esclusivo delle pertinenze e delle cose e dei servizi comuni dell'edificio» (così Cass. 4 ottobre 2004, n. 19829).
Ben potrebbe, allora, il nostro lettore cedere - vendere o donare è indifferente - un'unità immobiliare al proprio figlio, alla propria moglie, ad altro parente, così da costituire il condominio e, conseguentemente, in accordo con l'altro condòmino - o anche da solo se si accede alla tesi che consente l'intervento individuale sulle parti comuni detraibile in solitaria) - decidere ed far eseguire le opere sulle parti comuni che usufruiscono del superbonus.
Non è necessario cedere ad una persona estranea al proprio nucleo famigliare: può esistere il condominio, per così dire, famigliare. Il vincolo di parentela o di affinità o influisce sulla configurabilità del condominio.
Superbonus, parti comuni, creazione del condominio: attenzione alla simulazione
La questione che qui interessa trova le proprie fondamenta nella effettività del contratto di cessione che si va a stipulare.
Ricordiamo, infatti, che il codice civile occupandosi della simulazione del contratto all'art. 1414, primo comma c.c. specifica che «il contratto simulato non produce effetto tra le parti» e che al secondo comma del successivo art. 1415 c.c. afferma che «i terzi possono far valere la simulazione in confronto delle parti, quando essa pregiudica i loro diritti».
Come dire: creare fittiziamente un'operazione di cessione non ha alcun senso, non produce effetti civili ed espone a rischi, eventualmente anche di carattere penale, le parti che hanno architettato l'operazione al solo ed esclusivo fine di godere della detrazione fiscale del 110%.