Tra le opere necessarie per evitare che soggetti malintenzionati possano accedere facilmente nelle abitazioni, i condomini maggiormente esposti a furti ricorrono spesso all'installazione di grate/inferriate alle finestre, soprattutto se certificate, cioè realizzate seguendo rigorosi standard di sicurezza e superando test specifici eseguiti da un ente terzo indipendente per ottenere la certificazione.
Le operazioni di installazione, riparazione, rinnovamento o sostituzione di inferriate o altri sistemi antintrusione rientrano nell'edilizia libera.
Inoltre l'apposizione di un cancello/inferriata, normalmente non limita i diritti altrui, ma costituisce un atto lecito rientrante nelle facoltà del condomino, dovendosi ritenere del tutto irrilevanti le ragioni soggettive che lo abbiano spinto all'operazione.
Bisogna però tenere sempre conto del valore "decoro" e dell'esistenza di norme del regolamento che vietano detta installazione.
A tale proposito merita di essere segnalata una recente decisione Tribunale di Torino (sentenza 6 novembre 2024, n. 5573).
Diritto di inferriata del condomino e delibera assembleare nulla. Fatto e decisione
La nuda proprietaria e l'usufruttuaria di un appartamento facente parte di un condominio installavano inferriate alle finestre e porte-finestre che affacciavano sui balconi del loro alloggio.
Gli altri condomini però non ritenevano legittima l'installazione dei manufatti posti a protezione dell'abitazione.
Di conseguenza, con delibera assunta a maggioranza, pretendevano che le inferriate fossero "rimosse" e "messe internamente".
Le condomine, una delle quali soffriva di disturbi claustrofobici e aveva necessità di tenere sempre aperte le finestre di casa, impugnavano la decisione assembleare, facendo presente che gli strumenti di protezione in questione erano indispensabili per la maggior sicurezza del proprio alloggio.
Le attrici notavano che le inferriate erano di modello e colore confacenti all'estetica dell'edificio condominiale.
In ogni caso evidenziavano l'innegabile diritto di ciascun condomino di servirsi della cosa comune ai sensi dell'art. 1102 c.c., sostenendo come l'installazione delle grate fosse legittima, perché riconducibile a questa previsione.
Alla luce di quanto sopra domandavano che fosse accertata l'annullabilità, la nullità, l'illegittimità e comunque la giuridica inefficacia della delibera assembleare impugnata.
Il condominio osservava che il regolamento vietava opere e innovazioni che alteravano l'aspetto estetico e rilevava che le inferriate alle finestre e porte-finestre pregiudicavano il decoro architettonico.
In particolare i condomini mettevano in rilievo che i manufatti in contestazione erano presenti solo nell'unità immobiliare delle attrici e comunque sulla facciata esterna dello stabile, mentre nessun altro appartamento aveva finestre guarnite di grate, con conseguente indubitabilmente lesione del decoro architettonico dello stabile.
Il convenuto deduceva che le attrici non avevano allegano alcuna ragione di invalidità della delibera, limitandosi a richiamare il proprio diritto di utilizzo del bene comune ai sensi dell'art. 1102 c.c.; pertanto ritenevano nulla la citazione, per la improcedibilità delle domande. l Tribunale di Torino ha dichiarato la nullità della delibera opposta.
In via preliminare il giudice piemontese ha sottolineato la chiarezza delle censure rivolte alla delibera dalle attrici che hanno ritenuto la decisione assembleare invalida perché ha illegittimamente compresso il diritto di ciascun partecipante di servirsi della cosa comune nei limiti di cui all'art. 1102 c.c. A parere del giudicante, dunque, le condomine hanno correttamente argomentato in merito alla sussistenza del loro diritto di installare le inferriate alle proprie finestre e sulla conformità del proprio operato alla legge e al regolamento.
Nel merito il giudice piemontese ha osservato l'assenza nel regolamento condominiale di un espresso divieto di installare grate o inferriate agli infissi.
Secondo il Tribunale le previsioni regolamentari richiamate dal condominio non sono risultate dirette ad una nozione più rigorosa e restrittiva di decoro architettonico, tale da escludere ogni e qualsiasi modifica dell'edificio.
Il riferimento all' "aspetto estetico dell'immobile" (art. 13 regolamento) non può essere inteso in senso diverso rispetto al decoro architettonico.
Valutazioni sulla legittimità delle grate in contesti condominiali
Secondo una recente decisione non sono contestabili le grate fisse parzialmente nascoste dalla recinzione già esistente del condominio e non esposte alla pubblica visione che, comunque, non stridono con il contesto tutto, in quanto il condominio non gode di una totale omogeneità essendo installati anche altri elementi differenti tra loro (Trib. Catanzaro 31 ottobre 2023, n. 1768).
Allo stesso modo le inferriate realizzate dalle attrici sono risultate inidonee ad entrare in conflitto con le linee strutturali dell'edificio atteso che sono state inserite perfettamente nell'apertura dell'infisso esistente, senza ampliarla o alterarla; non hanno creato volume aggiuntivo; sono state realizzate dello stesso colore delle ringhiere dei balconi e con un disegno lineare e semplice, costituito da elementi orizzontali e verticali, che coerente con la sagoma dell'edificio.
Non si può escludere però che legittimamente le norme di un regolamento di condominio - aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall'unico originario proprietario dell'edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini - possano derogare od integrare la disciplina legale ed in particolare possano dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall'art. 1120 c.c., estendendo il divieto di immutazione sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all'estetica, all'aspetto generale dell'edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva (Cass. civ., sez. II, 06/10/1999, n. 11121).
È vero però che le limitazioni ai diritti dei condomini, contenute nel regolamento c.d. esterno, debbono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco (Cass. civ., sez. II, 10/02/2010, n. 3002).
Il giudice torinese ha notato però che l'espressione "è vietato eseguire opere o lavori …che possano alterare l'aspetto estetico dell'immobile" se interpretata in modo strettamente letterale finirebbe per impedire ogni intervento, anche di impatto minimo e trascurabile, in quanto quasi tutti gli interventi alterano, in qualche modo, la struttura e l'estetica del fabbricato.