Che cos’è l’assemblea condominiale? Secondo la più autorevole dottrina “ l’assemblea è l’organo supremo, preminente del condominio. E’ la voce di questo, è la sua volontà all’interno del gruppo con riflessi immediati all’esterno. E’ organo naturale (che non richiede alcuna nomina), strutturale e permanente” (Branca, Comunione, Condominio negli edifici, Zanichelli, 1982).
In questo contesto i condomini prendono tutte le decisioni riguardanti la gestione e conservazione delle parti comuni. Per quanto il codice civile elenchi una serie di materie sulle quali l’assise ha competenza a deliberare, è costante in giurisprudenza quell’orientamento secondo cui “ l'assemblea condominiale - atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c. - può deliberare, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, sempreché non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale" (Cass. 13 agosto 1985 n. 4437).
S’è detto che la più volte citata assemblea è organo naturale, strutturale e permanente. Essa in sostanza esiste fin dalla costituzione del condominio e non può essere soppressa in alcun modo.
La differenza con l’altro organo della compagine, è notevole: quest’ultimo è obbligatorio solamente se il numero dei condomini è superiore a quattro, l’assemblea, invece, è sempre presente.
Nel corso del tempo ci si è domandati: l’assemblea deve tenersi anche quando si è dinanzi ad un condominio minimo? E’ bene ricordare che con questa locuzione s’identificano quelle compagini che contano due soli partecipanti. Fino al 2006 la risposta non era univoca.
Poi le Sezioni Unite, con una loro sentenza, hanno affermato che “ il regime del condominio negli edifici - inteso come diritto e come organizzazione - si istaura per legge nel fabbricato, nel quale esistono più piani o porzioni di piano, che appartengono in proprietà esclusiva a persone diverse, ai quali dalla relazione di accessorietà è legato un certo numero di cose, impianti e servizi comuni.
Il condominio si costituisce (ex lege) non appena, per qualsivoglia fatto traslativo, i piani o le porzioni di piano del fabbricato vengono ad appartenere a soggetti differenti.
Segue che, in un edificio composto da più unità immobiliari appartenenti in proprietà esclusiva a persone diverse, la disciplina delle cose, degli impianti e dei servizi di uso comune, legati ai piani o alle porzioni di piano dalla relazione di accessorietà, sia per quanto riguarda la disposizione sia per ciò che concerne la gestione, è regolata dalle norme sul condominio.
In definitiva, l'esistenza del condominio e l'applicabilità delle norme in materia non dipende dal numero delle persone, che ad esso partecipano” (Cass. SS.UU. 31 gennaio 2006 n. 2046).
In questo contesto, pertanto, non possono esservi dubbi: l’assemblea è organo necessario anche nei condomini minimi ed tramite essa devono passare le decisioni riguardanti la conservazione dell’edificio.
Detta diversamente: tranne che per il caso d’urgenza (art. 1134 c.c.) il singolo condomino non può fare eseguire lavori di propria iniziativa e poi chiedere il rimborso al proprio vicino. Sul punto non ha dubbi nemmeno la Corte di Cassazione.
In una propria recente ordinanza gli ermellini hanno affermato che “ la comunicazione di un riparto non può sostituire l'atto presupposto, ossia la delibera di approvazione che è necessaria anche in presenza di un condominio composto di due soli condomini posto che la disposizione dell'art. 1136 c.c.(che regola la costituzione e la validità dell'assemblea e prevede il metodo collegiale) è applicabile anche al condominio composto da due soli partecipanti: se non si raggiunge l'unanimità e non si decide, poiché la maggioranza non può formarsi in concreto è sempre possibile il ricorso all'autorità giudiziaria, siccome previsto ai sensi del collegato disposto degli artt. 1105 e 1139 cod. civ.” (Cass. 3 aprile 2012 n. 5288).
Insomma il ricorso al giudice è la soluzione all’impossibilità di decidere di comune accordo con il proprio vicino.