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L'architetto è responsabile se il progetto non rispetta le distanze legali

La responsabilità del progettista non può essere desunta automaticamente dal mero inadempimento alla propria obbligazione.
Avv. Mariano Acquaviva 

I professionisti rispondono della propria condotta negligente solamente se essa è causa di un danno concreto al committente. Non è sufficiente, quindi, il mero inadempimento per far scattare la responsabilità professionale: c'è bisogno che l'errore sia grave e foriero di pregiudizi.

Tanto è stato confermato dal Tribunale di Pisa con la sentenza n. 1501 del 30 novembre 2022, stabilendo che la responsabilità del progettista non può essere desunta automaticamente dal mero inadempimento alla propria obbligazione.

Ciononostante, il mancato rispetto delle distanze legali all'interno del progetto redatto dal tecnico professionista è un grave inadempimento che giustifica la risoluzione del contratto. Approfondiamo il caso affrontato dal giudice toscano.

L'azione di responsabilità professionale

La società committente citava in giudizio l'architetto progettista dei lavori di edificazione di alcuni immobili a uso residenziale sostenendo la sussistenza di un grave inadempimento per negligenza e imperizia del professionista nella redazione del progetto commissionatogli in ragione della violazione della normativa urbanistica.

A suffragare la gravità dell'inadempimento, secondo parte attrice sarebbe stata, altresì, la mancata e tempestiva coltivazione da parte del professionista della richiesta volta ad ottenere il nulla osta di Rete Ferroviaria Italiana necessario per l'esecuzione dell'intervento edilizio, dalla quale sarebbe derivata un ritardo nell'ottenimento del Piano di Recupero e del Permesso di Costruire.

Il committente chiedeva pertanto la restituzione dell'acconto già versato e il risarcimento dei danni causati dalla condotta negligente.

La responsabilità da contratto d'opera intellettuale

Il giudice toscano precisa preliminarmente che il contratto d'opera intellettuale è soggetto all'applicazione delle comuni norme sulla responsabilità contrattuale di cui all'art. 1218 c.c., ove il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per l'adempimento o per il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, potendosi limitare alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte; al contrario, il debitore convenuto gravato dell'onere della prova del fatto estintivo, impeditivo e modificativo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento.

La gravità dell'inadempimento del tecnico progettista

Parte attrice ha formulato una domanda di risoluzione per inadempimento ai sensi dell'art. 1453 cod. civ., con la conseguenza che occorre innanzitutto indagare sull'importanza dell'inadempimento, secondo il disposto dell'art. 1455 cod. civ., a tenore del quale «Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra».

Ebbene, può affermarsi che la responsabilità del tecnico progettista non può essere desunta automaticamente dal mero inadempimento alla propria obbligazione, ma deve comunque essere valutata alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale.

In merito, pare opportuno rievocare gli insegnamenti della giurisprudenza ormai costante, la quale ritiene che l'architetto, l'ingegnere o il geometra, nell'espletamento dell'attività professionale consistente nell'obbligazione di redigere un progetto di costruzione o di ristrutturazione di un immobile, è tenuto alla prestazione di un progetto concretamente utilizzabile sia da un punto di vista tecnico che giuridico.

A tal fine, il tecnico incaricato della redazione di un progetto edilizio è, dunque, tenuto ad assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica vigente e ad individuare in termini corretti la procedura amministrativa da utilizzare, così da garantire la preventiva soluzione dei problemi che precedono e condizionano la realizzazione dei lavori richiesti dal committente (Cfr. Cass., sent. n. 18342/2019).

Acquisto di immobile in condominio e gravità dell'inadempimento contrattuale: come si valuta?

La normativa in materia edilizia è un settore altamente tecnico e specialistico che richiede, ai sensi dell'art. 1176 comma secondo, cod. civ., una specifica diligenza da parte dei professionisti addetti ai lavori.

La violazione delle distanze legali in essa statuita rappresenta un tipico - ed anche grave - inadempimento contrattuale del progettista in quanto non può che essere imputabile, a titolo per l'appunto di responsabilità professionale, a colui che aveva predisposto il progetto inducendo il committente a confidare che fosse conforme alla normativa urbanistica ed edilizia nonché rispettoso delle distanze legali tra costruzioni.

Il committente, invero, ha diritto di pretendere dal professionista un lavoro eseguito a regola d'arte e conforme ai patti, sicché la irrealizzabilità dell'opera per erroneità o inadeguatezza del progetto affidatogli costituisce inadempimento dell'incarico e consente al committente di autotutelarsi, rifiutandogli il compenso sollevando eccezioni di inadempimento ex art. 1460 cod. civ. ovvero, ove lo stesso compenso si stato già elargito, di chiedere la risoluzione a norma dell'art 1453 cod. civ. e le discendenti restituzioni (Cfr. Cass., sent. n. 1214/2017).

È grave l'inadempimento dell'architetto per violazione delle distanze legali

Nel caso affrontato dal Tribunale di Pisa la società attrice ha lamentato la carenza di diligenza adottata dal progettista argomentando sotto un duplice profilo, ossia:

  • sulla correttezza della procedura amministrativa seguita - avendo a suo dire il convenuto causato un ritardo nella definizione dell'iter di approvazione del PdR e PdC per non aver richiesto tempestivamente un nulla osta obbligatorio a Rete Ferroviaria Italiana;
  • sulla violazione della normativa urbanistica vigente al momento dell'espletamento dell'incarico, specificando che in ipotesi di messa in esecuzione del progetto si sarebbero realizzati immobili illegittimi ed abusivi, poiché collocati a distanza non regolamentare dai finitimi preesistenti immobili e occupanti parte di un marciapiede pubblico.

Ebbene, quanto al primo profilo il convenuto progettista ha correttamente individuato la procedura amministrativa di riferimento, così tempestivamente attivandosi per l'ottenimento del nulla osta da parte di Rete Ferroviaria Italiana.

Lo stesso non può dirsi con riferimento all'attività di redazione progettuale: l'errore di progettazione addebitato da parte attrice all'architetto può, infatti, dirsi riconosciuto come sussistente e accertato alla luce delle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio espletata.

Dalla relazione peritale è infatti emerso che il progetto, così come concepito, non era immediatamente realizzabile per via del mancato rispetto delle distanze legali.

Devono, pertanto, condividersi le conclusioni assunte dal perito d'ufficio in ragione delle quali il progetto non appare immediatamente realizzabile e bisognoso, invece, di una variante, i cui costi sono stati quantificati in euro 15.000,00.

Preme inoltre evidenziare che la possibilità di realizzare la suddetta variante a costi contenuti non incide sulla misura di gravità dell'inadempimento, risultando dagli atti che l'architetto avrebbe dovuto informare ed elaborare alternative percorribili alla committente che diligentemente, di converso, ha più volte manifestato dubbi circa la legittimità del progetto.

Sulla base di tali presupposti può, dunque, ritenersi positivamente accertato il grave inadempimento del professionista incaricato, con la conseguenza che la domanda attorea formulata ai sensi dell'art 1453 cod. civ. va accolta e il contratto d'opera professionale dichiarato risolto.

Ne deriva, pertanto, che nulla è dovuto da parte attrice a parte convenuta a titolo di compenso per l'attività prestata, cui spetta invece la restituzione della somma già ricevuta a titolo di acconto, oltre al risarcimento dei danni.

Sentenza
Scarica Trib. Pisa 30 novembre 2022 n. 1501
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