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L'appropriazione indebita dell'amministratore di condominio: conseguenze

Con la pronuncia in disamina, la suprema corte approfondisce alcuni aspetti del reato di appropriazione indebita imputato all'amministratore di condominio.
Avv. Nicola Frivoli 
29 Gen, 2025

Con sentenza emessa in data 13 giugno 2024, n. 27747, la Corte di Cassazione Penale, Sezione II, si è pronunciata in ordine al reato ex art. 646 c.p. di appropriazione indebita pluriaggravata, per avere gli amministratori

La fattispecie in disamina affronta la questione della sottrazione di ingenti somme da parte degli amministratori di condominio dal conto condominiale con abuso di prestazione d'opera nell'esercizio della funzione.

Sia innanzi al Tribunale competente, e confermato con pronuncia del giudice del gravame (Corte d'Appello), gli amministratori venivano condannati alla pena di due anni di reclusione ed euro 800,00, per il reato commesso in concorso tra loro.

Avverso tale pronuncia, veniva proposto ricorso per cassazione dall'appellanti, sulla scorta di cinque motivi di censura.

Requisiti per configurare l'appropriazione indebita da parte dell'amministratore

Quando l'Amministratore, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, sottrae denaro dalla cassa condominiale di cui è possessore e custode compie il delitto di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) Il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà espressa o implicita di tenere questa cosa come propria.

Pertanto è irrilevante, ai fini della individuazione della data di consumazione del reato e della relativa prescrizione, il momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del comportamento illecito (Cass. pen. sez. II, 11 maggio 2018, n. 21011).

Va evidenziato che l'ingiusto profitto possa anche potenzialmente concretizzarsi, rilevando che non è necessario che esso si realizzi effettivamente, come emerge chiaramente dal testo dell'art 646 c.p., essendo sufficiente il mero intento di trarre vantaggio per sé e per gli altri, a prescindere dalla concreta sua realizzazione (Cass. pen. sez. II, 10 luglio 2013 n. 29451).

Per quanto concerne, invece, l'entità della somma sottratta è stato affermato che il reato di appropriazione indebita, da parte dell'amministratore nella gestione contabile di un condominio, si configura anche in relazione all'esiguo ammanco dalla cassa condominiale, qualora l'amministratore non sia in grado di provare che tale minima differenza di cassa sia riconducibile a cause diverse dalla finalità di indebita appropriazione e non da lui volute consapevolmente (Cass. pen. sez. VI, 5 ottobre 2011 n. 36022).

Quando si consuma il reato di appropriazione indebita e termini di prescrizione

Assolutamente condivisibile quanto sottolineato dal ermellini in ordine al momento in cui il reato di appropriazione indebita si consuma da parte di colui che ne sia stato amministratore; il reato si consuma all'atto della cessazione della carica, in quanto è in tale momento che, in mancanza di restituzione degli importi ricevuti nel corso della gestione, si verifica con certezza l'interversione del possesso (Cass. pen. civ. sez. II, 15 gennaio 2020, n. 19519; Cass. pen. sez. II, 20 giugno 2017, n. 40870).

Infatti, la Suprema Corte ha evidenziato in motivazione che, considerata la natura fungibile del denaro, sino alla cessazione della carica dell'amministratore potrebbe reintegrare il condominio delle somme precedentemente disperse.

Applicando tale condiviso principio al caso di specie il termine massimo di prescrizione di sette anni e sei mesi, perciò nel caso in disamina non è applicabile alcuna ipotesi di prescrizione.

Come e quando sporgere querela per appropriazione indebita condominiale

La Suprema Corte, condividendo quanto sostenuto dal giudice del gravame, precisa che la proposizione di una valida querela, da parte di un condominio, in ordine a un reato che si assuma commesso ai danni del patrimonio condominiale, presuppone uno specifico incarico conferito all'amministratore dall'assemblea condominiale, però consente a quest'ultimo anche a sporgere querela in relazione a un reato commesso in danno del patrimonio comune senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, in ragione della detenzione qualificata rispetto alle risorse economiche del condominio e della necessità di assicurare il corretto espletamento dei servizi comuni (Cass. pen. sez. II, 13 febbraio 2020, n.12410; Cass. pen. sez. VI, 18 dicembre 2015, n. 2347).

Sottolineando, altresì, che il termine per la presentazione della querela decorre dal momento in cui il titolare ha conoscenza certa, sulla base di elementi seri, del fatto-reato nella sua dimensione oggettiva e soggettiva, conoscenza che può essere acquisita in modo completo soltanto se e quando il soggetto passivo abbia contezza dell'autore e possa, quindi, liberamente determinarsi; pertanto, nel caso in cui siano svolti tempestivi accertamenti, indispensabili per l'individuazione del soggetto attivo, il termine di cui all'art. 124 c p. decorre non dal momento in cui la persona offesa viene a conoscenza del fatto oggettivo del reato, né da quello in cui, sulla base di semplici sospetti, indirizza le indagini verso una determinata persona, ma dall'esito di tali indagini (Cass. pen. sez. V, 20 giugno 2014, n. 46485; Cass, pen. sez.V, 9 luglio 2008, n. 334668).

Analisi del concorso di colpa tra amministratori e soci nel reato di appropriazione indebita

La Cassazione ha ritenuta infondata anche la censura mossa dai ricorrenti in ordine alla mancanza del concorso determinato da condotte di più soggetti, come invece nella fattispecie posta in disamina (confermata dalla Corte territoriale), e che tale concorso fosse comprovato sia sul piano dell'elemento oggettivo del contributo dato alla commissione del reato in virtù di assegni tratti su un conto corrente del condominio ed intestati alla società in accomandita e versati su conto corrente acceso dagli amministratori ed uno degli imputati aveva incassato personalmente numerosi assegni sempre provenienti dal detto conto corrente condominiale; invece, sul piano soggettivo del dolo l'imputata aveva incassato personalmente numerosi assegni sempre provenienti dal conto corrente del condominio (come era dimostrato dalla presenza, su tali assegni, della sua firma di girata per l'incasso).

Appropriazione indebita per documenti condominiali

Per completezza, l'art. 1129, comma 8, c.c. dispone che l'Amministratore, una volta cessato dall'incarico, è tenuto a consegnare al suo avente causa tutta la documentazione afferente al Condominio ed ai singoli condomini.

Il reato di appropriazione indebita, avente ad oggetto anche cose mobili, si consuma anche nei confronti dell'Amministratore che trattenga la documentazione al momento del passaggio di consegne.

Infatti, l'ingiusto profitto, per conseguire il quale è posta in essere la condotta di appropriazione indebita, non deve connotarsi necessariamente in senso patrimoniale, ben potendo essere di dviersa natura (Cass. pen. sez. II, 12 novembre 2010 n. 40119).

Pertanto la mancata restituzione dei documenti da parte dell'Amministratore uscente configura gli estremi del reato di appropriazione indebita in quanto è un comportamento che eccede il titolo del possesso (Cass. pen. sez.II, 27 maggio 2008 n. 26820).

Tale comportamento potrebbe integrare anche gli estremi di appropriazione indebita aggravata, in virtù dell'ingiustificato trattenimento della documentazione condominiale e l'intervento della polizia giudiziaria per il recupero, dimostrano l'intenzione soggettiva di inversione del possesso e configurano un'ipotesi aggravata di appropriazione indebita, in relazione alla quale l'amministratore di condominio subentrato è legittimato a costituirsi parte civile nel processo penale senza necessità di essere autorizzato dall'assemblea (Trib. Roma 20 luglio 2007).

Il nuovo amministratore può produrre un verbale di assemblea per giustificare la denuncia nei confronti del predecessore?

Riflessioni conclusive sul reato di appropriazione indebita

Va rilevato che tutti i motivi di censura mossi dai ricorrenti sono stati considerati infondati dalla Cassazione, rilevando che il reato di appropriazione indebita plurisoggettiva è stato consumato dagli imputati, sia dal punto di vista soggettivo che oggettivo.

Giustamente il ricorso è stato dichiarato inammissibile e condannato i ricorrenti a rifondere le spese processuali.

Sentenza
Scarica Cass. pen. 13 giugno 2024 n. 27747
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