Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

L'amministratore truffato ottiene risarcimento per danno non patrimoniale e stress emotivo causato da phishing e prelievi illeciti

Risarcimento per danno non patrimoniale e stress emotivo: il caso dell'amministratore truffato che ha ottenuto giustizia dopo phishing e prelievi illeciti dal conto condominiale.
Avv. Mariano Acquaviva 
14 Mag, 2025

Il Tribunale di Piacenza (28 aprile 2025, n. 195) ha stabilito che l'amministratore truffato ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla scoperta di un indebito prelievo sul conto corrente condominiale e consistente nel timore di incorrere in responsabilità professionale. Approfondiamo la vicenda sottoposta al giudice emiliano.

Responsabilità della compagnia telefonica per truffa da phishing

L'amministratore di un condominio conveniva in giudizio la propria compagnia telefonica responsabile, a suo dire, di aver favorito la truffa di cui era stata vittima: ignoti malintenzionati erano infatti riusciti a duplicare la sua Sim Card e a ottenere le credenziali d'accesso al conto corrente condominiale, prelevando così un'ingente somma di denaro.

L'amministratore sporgeva tempestivamente denuncia, riuscendo a ottenere dall'istituto di credito la restituzione di una parte del maltolto; per la restante somma agiva contro la compagnia telefonica invocando la responsabilità di quest'ultima in merito all'indebita disattivazione della Sim e alla conseguente consegna di una nuova scheda con il medesimo numero telefonico a un terzo non legittimato.

Nello specifico, l'amministratore chiedeva il rimborso della somma indebitamente sottratta - limitatamente all'importo non restituito dalla banca - e il risarcimento del danno non patrimoniale, consistente nel grave stato di stress patito a seguito della scoperta dell'illecita sottrazione e della conseguente possibile responsabilità professionale nei riguardi della compagine.

La compagnia telefonica si costituiva in giudizio rigettando ogni responsabilità ed eccependo la colpa del ricorrente il quale aveva ingenuamente comunicato le credenziali di accesso bancarie rispondendo a un messaggio apparentemente inviatole dall'istituto di credito.

Il Tribunale di Piacenza, con la sentenza in commento, ha accolto la domanda attorea sulla scorta delle seguenti motivazioni.

Secondo il giudice emiliano, la compagnia telefonica è responsabile quanto l'istituto di credito nell'aver favorito il perpetrarsi della truffa ai danni dell'attore; di qui l'obbligo di rimborsare alla compagine le somme indebitamente sottratte che non erano state restituite dalla banca, ridotte della metà: la condotta imprudente dell'amministratore - il quale, come ricordato, aveva comunicato le credenziali d'accesso al conto corrente cadendo nel tranello del phishing -, infatti, ha determinato un concorso di colpa ex art. 1227 c.c.

Per il Tribunale di Piacenza è altresì fondata la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale: a seguito di CTU è emerso infatti che l'amministratore, a causa della truffa, abbia patito un forte shock emotivo da cui sono derivati ansia e sintomi depressivi curati con trattamento farmacologico.

Lo studio di amministrazione condominiale sotto attacco hacker. Ecco come difendersi

Truffa all'amministratore: considerazioni conclusive

A sostegno della propria decisione il Tribunale di Piacenza richiama copiosa giurisprudenza.

Secondo l'orientamento prevalente, sia l'istituto di credito che la compagnia telefonica che abbia rilasciato indebitamente un duplicato della Sim card sono responsabili in solido in caso di accesso al conto corrente del cliente e conseguenti prelievi di denaro da parte di malintenzionati, salvo nel caso in cui vi sia la colpa grave dell'utente, come nell'ipotesi di prolungata mancata attivazione delle modalità di verifica degli estratti conto online oppure di ingenua rivelazione delle proprie credenziali segrete a soggetti non qualificati (Cass., n. 7214/2023; Trib. Milano, n. 322/2023; Trib. Napoli, n. 1530/2023; Cass., n. 26916/2020).

Per ciò che riguarda il risarcimento del danno non patrimoniale, è noto che spetti per lesioni di qualsiasi bene giuridico costituzionalmente rilevante; di qui la creazione di sottocategorie come il danno morale (cosiddetto pretium doloris), del danno biologico e di quello esistenziale.

Nel caso di specie giova peraltro richiamare l'art. 185 c.p., secondo cui «Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui».

Orbene, se è vero che la risarcibilità del danno non patrimoniale da fatto-reato non può essere negata sol perché non abbia leso l'integrità psicofisica del danneggiato (Cass. 26 maggio 2021, n. 14453), nel caso di specie il delitto patito dall'amministratore ha addirittura cagionato un danno biologico accertato dal CTU, il quale ha riscontrato che «Dall'analisi clinico-anamnestica del caso in esame si è potuto stabilire come non sussistano patologie organiche tiroidee e cardiologiche a sostegno della sintomatologia accusata a tutt'oggi dalla perizianda.

La sintomatologia accusata, come ben emerso dalla consulenza psichiatrica effettuata, ha permesso di stabilire la presenza di un disturbo dell'adattamento cronico con ansia e sintomi depressivi, correlabile eziopatogeneticamente agli eventi stressogeni patiti».

Da ciò è derivata una quantificazione precisa del danno alla salute patito: «l'acuzie della sintomatologia si può riassumere, con criterio nosografico, in una sessantina di giorni di danno biologico temporaneo parziale al 50% ed in una trentina di giorni al 25%. Il danno biologico permanente risulta pari al 6% (sei per cento)».

Posto che, relativamente al nesso causale, secondo il Tribunale di Piacenza può dirsi assolutamente plausibile - sulla base del principio della cosiddetta "preponderanza dell'evidenza" (nel senso del più probabile che non) - che l'attore, di professione amministratore condominiale, a fronte della scoperta del consistente prelievo (e fondato timore di una sua responsabilità professionale) potesse aver riportato uno shock e uno stress tali da causargli un forte stato d'ansia e infine depressione, con pesanti ripercussioni sulla sua salute psicofisica, è stato ritenuto corretto concedere il risarcimento richiesto, nella misura quantificata dal CTU.

Sentenza
Scarica Trib. Piacenza 28 aprile 2025 n. 195
Resta aggiornato
Iscriviti alla Newsletter
Fatti furbo, è gratis! Più di 100.000 amministratori, avvocati e condomini iscritti.

Ricevi tutte le principali novità sul condominio e le più importanti sentenze della settimana direttamente nella tua casella email.

Dello stesso argomento