L'amministratore di condominio è tenuto a partecipare all'assemblea?
A questa domanda operatori del settore e la giurisprudenza rispondono in maniera non sempre uniforme.
Partiamo dalle osservazioni svolte della Corte di Cassazione. Per gli ermellini, quello di partecipare all'assemblea condominiale è uno dei compiti istituzionali dell'amministratore.
In una sentenza del 2003 si legge che «sebbene tra i compiti dell'amministratore enumerati dal codice non sia espressamente prevista la sua partecipazione all'assemblea ordinaria e straordinaria, in ragione dei rapporti di diritto e di fatto che tra l'amministratore e l'assemblea intercorrono ed avuto riguardo a ciò che comunemente avviene sulla base del convincimento di osservare un imperativo giuridico, la sua presenza alle riunioni del collegio deve ritenersi compresa tra i compiti istituzionali di amministrazione» (Cass. 12 marzo 2003 n. 3596).
Una posizione, ad avviso dello scrivente, criticabile nella misura in cui si vada, poi, a valutare l'assenza come un inadempimento degli obblighi derivanti dal mandato.
Esempio: si supponga che l'amministratore non abbia dato seguito ad una richiesta di convocazione giuntagli ex art. 66 disp. att. c.c. per mera dimenticanza. Si supponga che in tale richiesta gli sia stata domandato di discutere sugli orari di accensione automatica delle luci del cortile comune.
Nell'assemblea poi autoconvocata, la presenza dell'amministratore quale utilità avrebbe? Dato quell'ordine del giorno sicuramente nessuna, posto che nessuna specifica competenza ha l'amministratore su quell'argomento, se non quella di porre in esecuzione la conseguente decisione.
Differenti le ipotesi nelle quali il mandatario debba relazionare, si pensi tra le altre:
- assemblea annuale per approvazione rendiconto;
- assemblea straordinaria convocata su input dell'amministratore;
- notifica di atti o provvedimenti giudiziali o amministrativi esorbitanti dalle sue funzioni;
- notifica atto di citazione in giudizio per la revisione delle tabelle millesimali;
- assemblea per la decisione in merito alla condotta da osservare nell'ambito della procedura di mediazione.
Evidentemente se ci si mette a enumerare le ipotesi in cui l'assenza dell'amministratore è censurabile sono sicuramente maggiori di quelle in cui la sua assenza è più che tollerabile, ma da ciò a farne discendere un generalizzato obbligo a prendere parte alla riunione, per il sottoscritto non è giuridicamente sostenibile.
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Posto che vi sono casi in cui la presenza dell'amministratore in sede assembleare è doverosa, tale presenza dev'essere sempre personale, ovvero può essere delegata?
Possiamo guardare alla questione sia in relazione all'amministratore condominiale scelto tra le persone fisiche, sia nell'ipotesi di mandato affidato ad una società (di persone ovvero di capitali è indifferente).
Una risposta la troviamo, per chi scrive, nel primo comma dell'art. 1720 c.c., a mente del quale «il mandatario che, nell'esecuzione del mandato, sostituisce altri a se stesso, senza esservi autorizzato o senza che ciò sia necessario per la natura dell'incarico, risponde dell'operato della persona sostituita».
D'altra parte se viene nominata come amministratore una società, ad esempio una s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., ma poi in assemblea non presenzia questa persona, ma un dipendente-collaboratore (chiaramente in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività di amministratore), si potrebbe parlare di inadempimento? Ad avviso di chi scrive la risposta è negativa.
Perché ciò non dovrebbe valere pure nell'ipotesi di persona fisica?
Nei limiti e con le conseguenze dettate in relazione alla figura del sostituto del mandatario, anche l'amministratore persona fisica può farsi sostituire in assemblea da un proprio collaboratore (anch'esso in possesso dei requisiti per l'esercizio dell'attività di amministratore) non intravedendosi in tale condotta un inadempimento ovvero una grave irregolarità nella gestione.
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