Il Tribunale di Napoli Nord, con la sentenza n. 3909 del 3 ottobre 2023, ha respinto la domanda con cui il creditore del condominio chiedeva il risarcimento all'amministratore per essere stato causa, con la propria condotta negligente, di un rallentamento dell'attuazione del proprio diritto.
Il giudice partenopeo ha giustamente rammentato come il rapporto di mandato intercorra solamente tra la compagine e l'amministratore: pertanto, se questi viene meno ai suoi doveri, può essere citato in causa solamente dai mandanti, cioè dai condomini. Analizziamo nel dettaglio la vicenda.
Cattiva gestione dell'amministratore: fatto e decisione
Un avvocato conveniva in giudizio l'amministratore condominiale per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti a seguito della sua condotta negligente.
Nello specifico, l'attore esponeva di essere creditore del condominio per compensi professionali non corrisposti.
A seguito del riconoscimento giudiziale del proprio credito, procedeva all'esecuzione forzata nei confronti prima del conto corrente comune e poi dei singoli condòmini, trovando non poche difficoltà per via dell'incapienza del conto condominiale e, in generale, per il numero elevato di proprietari da escutere (circa un centinaio).
Secondo l'attore, gli ostacoli maggiori sarebbero stati imputabili all'amministratore il quale, violando gli obblighi del mandato così come previsti dagli artt. 1129 e 1130 c.c., non aveva fatto transitare i soldi dei condòmini sul conto comune.
In conclusione, l'attore invocava la responsabilità extracontrattuale e personale dell'amministratore convenuto nei suoi confronti e contrattuale nei confronti del condominio per il danno arrecato, avendo l'attore anticipato ingenti somme al fine di recuperare coattivamente pro quota il proprio credito nei confronti di ciascun condomino.
Si costituiva l'amministratore eccependo la carenza di legittimazione attiva e la carenza di interesse ad agire dell'attore, atteso che l'azione esperita dall'avvocato, finalizzata a far valere la presunta mala gestio del conto corrente condominiale, era riservata in via esclusiva ai condòmini e che i fatti posti a fondamento della domanda attorea attenevano al rapporto di mandato esistente tra mandante e mandatario.
Il Tribunale di Napoli Nord, con la sentenza n. 3909 del 3 ottobre 2023 in commento, ha rigettato la domanda attorea in quanto la stessa aveva ad oggetto l'accertamento di un inadempimento relativo a un rapporto contrattuale a cui era estraneo.
Gli obblighi imposti all'amministratore dalla legge, infatti, sono una diretta conseguenza del conferimento del mandato approvato con delibera assembleare.
Il rapporto che si instaura tra amministratore e condominio può essere fonte di responsabilità per il primo solamente nei riguardi del mandante (i.e., la compagine), restando del tutto esclusi i soggetti terzi.
D'altronde, nessuna norma di legge impone all'amministratore di collaborare con il creditore (salvo l'obbligo di comunicare i nominativi dei morosi, di cui all'art. 63 disp. att. c.p.c.).
Alla luce di ciò, se all'amministratore è effettivamente imputabile una mala gestio non è interesse del creditore del condominio: al più, deve essere la compagine a promuovere un'azione di responsabilità nei confronti del mandatario inadempiente.
Non merita quindi accoglimento la richiesta di risarcimento del danno extracontrattuale proveniente da chi, estraneo alla compagine, si ritiene leso dalla negligenza dell'amministratore.
Mala gestio dell'amministratore: considerazioni conclusive
La sentenza del giudice partenopeo conclude affermando che, se davvero una responsabilità fosse stata ascrivibile all'amministratore, a essere convenuto in giudizio avrebbe dovuto essere l'intero condominio, atteso che l'amministratore agisce in qualità di suo rappresentante legale.
A tal proposito vale la pena di riportare quell'orientamento giurisprudenziale favorevole all'applicazione della responsabilità aquiliana ex art. 2049 c.c. anche al mandante per gli illeciti del mandatario.
Si consideri la seguente massima: «In tema di fatto illecito, con riferimento alla responsabilità dei padroni e committenti, ai fini dell'applicabilità della norma di cui all'art. 2049 c.c. non è richiesto l'accertamento del nesso di causalità tra l'opera dell'ausiliario e l'obbligo del debitore, nonché della sussistenza di un rapporto di subordinazione tra l'autore dell'illecito ed il proprio datore di lavoro e del collegamento dell'illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente.
È infatti sufficiente, per il detto fine, un rapporto di occasionalità necessaria, nel senso che l'incombenza disimpegnata abbia determinato una situazione tale da agevolare o rendere possibile il fatto illecito e l'evento dannoso, anche se il dipendente abbia operato oltre i limiti delle sue incombenze, purché sempre nell'ambito dell'incarico affidatogli, così da non configurare una condotta del tutto estranea al rapporto di lavoro». (così Cass., 24 gennaio 2007, nr. 1516).
In definitiva, dell'eventuale comportamento illecito per la violazione di obblighi posti a suo carico dalla legge o dal contratto, l'amministratore avrebbe potuto risponderne in proprio nell'ambito del suo rapporto di mandato con il condominio, anche eventualmente in rivalsa rispetto alle pretese dei terzi contro il condominio.
All'esterno, invece, l'amministratore, nell'esercizio dei suoi doveri, si pone come rappresentante del condominio e, pertanto è in tale qualità che deve essere convenuto in giudizio da parte dei terzi.