È possibile che l'esercizio condominiale termini con un saldo positivo. In casi del genere, l'assemblea può decidere liberamente cosa fare dei soldi, visto che l'avanzo di cassa altro non è che la differenza tra quanto si è preventivato di spendere e quanto si è speso effettivamente.
È quindi possibile destinare quelle somme, ad esempio, alla realizzazione di una determinata opera, oppure a un fondo ordinario da lasciare nella disponibilità dell'amministratore.
Ciò che non può fare quest'ultimo, però, è trattenere l'avanzo di cassa al termine del suo incarico.
A questa conclusione è giunto il Tribunale di Cosenza con la sentenza n. 1574 del 16 settembre 2022, allorquando ha stabilito che l'amministratore uscente non può in alcun modo trattenere il saldo positivo del bilancio condominiale. Approfondiamo la vicenda.
Avanzo di cassa: la domanda di restituzione
Un condominio conveniva in giudizio il suo ex amministratore per ottenere la condanna alla restituzione di alcune somme di denaro che lo stesso, al termine del suo incarico, avrebbe illegittimamente trattenuto.
Nel caso di specie, l'importo in questione costituiva l'avanzo di cassa del condominio, mai restituito al termine della gestione da parte dell'amministratore.
A fondamento della domanda il condominio deduceva che il convenuto aveva svolto attività di amministratore della compagine sino alle dimissioni rassegnate ed accettate in seno alla riunione assembleare nel corso della quale, oltre alla nomina del nuovo amministratore, si era proceduto all'approvazione del bilancio consuntivo relativo agli esercizi precedenti e di quello preventivo.
Nell'occasione, l'amministratore redigeva e sottoscriveva il prospetto della "situazione patrimoniale", dal quale emergeva un avanzo di cassa di qualche migliaia di euro.
La costituzione in giudizio dell'amministratore
Si costituiva in giudizio l'ex amministratore il quale contestava integralmente la domanda attorea, deducendo che: la ricostruzione contabile operata dal condominio non rispondeva a verità; il passaggio di consegne tra gli amministratori era avvenuto regolarmente, senza contestazione alcuna; l'assemblea aveva approvato il bilancio, le dimissioni e la nomina del nuovo amministratore, oltre ad aver ratificato l'operato dell'amministratore subentrante; tutti i documenti erano stati consegnati dal convenuto al nuovo amministratore al momento del passaggio di consegne.
Inoltre, secondo il convenuto la reale consistenza della cassa era costituita dal deposito presente sul conto corrente bancario del condominio e che non c'erano somme in suo possesso al momento della cessazione del rapporto.
I doveri dell'amministratore in qualità di mandatario
Il Tribunale di Cosenza, con la sentenza n. 1574 del 16 settembre 2022 in commento, ha accolto la domanda attorea, anche se solo parzialmente. Prima di giungere a questa conclusione, il giudice calabrese ha riepilogato le funzioni principali dell'amministratore di condominio.
L'amministratore configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condòmini, delle disposizioni sul mandato.
Nell'esercizio delle funzioni, pertanto, l'amministratore è gravato dall'obbligo di eseguire il mandato conferitogli con la diligenza del buon padre di famiglia, a norma dell'art. 1710 c.c. (Cass., 9 aprile 2014, n. 8339).
I poteri dell'amministratore del condominio e dell'assemblea sono delineati con precisione dagli artt. 1130 e 1335 c.c., che limitano le attribuzioni del primo all'ordinaria amministrazione, mentre riservano alla seconda le decisioni in materia di amministrazione straordinaria.
In particolare, l'amministratore di condominio non ha (salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c. in tema di lavori urgenti) un generale potere di spesa, in quanto spetta all'assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l'opportunità delle spese sostenute dall'amministratore.
Ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell'assemblea, l'amministratore non può esigere il rimborso delle anticipazioni da lui sostenute, perché, pur essendo il rapporto tra l'amministratore e i condòmini inquadrabile nella figura del mandato, il principio dell'art. 1720 c.c. (secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare le spese anticipate dal mandatario) deve essere coordinato con quelli in materia di condominio, secondo i quali il credito dell'amministratore non può considerarsi liquido né esigibile senza un preventivo controllo da parte dell'assemblea (cfr. Cass. Civ., n. 14197 del 26.6.2011).
Inoltre, a norma dell'art. 1713 c.c., alla scadenza l'amministratore è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell'esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono (cfr. Cass. Civ., n. 10815 del 16.8.2000).
Restituzione dell’avanzo di cassa all’amministratore uscente
Avuto riguardo al caso di specie, il condominio ha contestato all'ex amministratore di avere trattenuto la somma costituente l'avanzo di cassa, come risultante dal bilancio preventivo e dalla situazione patrimoniale approvati nelle assemblee condominiali.
Orbene, sulla scorta dei dati contabili riportati nel bilancio consuntivo e nel bilancio preventivo discussi e approvati dall'assemblea condominiale, deve ritenersi comprovata l'esistenza di un saldo cassa come risultante dalla "situazione patrimoniale" siglata dal presidente e dal segretario dell'assemblea.
Sulla scorta delle risultanze desumibili dai documenti contabili allegati dalle parti, deve ritenersi che la somma rimasta nella disponibilità dell'amministratore sia pari a qualche centinaio di euro, un importo quindi inferiore a quello richiesto con l'atto di citazione.
In conclusione, la domanda proposta dal condominio va solo parzialmente accolta, con conseguente condanna dell'ex amministratore alla restituzione, in favore della compagine, dell'avanzo di cassa.