L'art. 61 disp. att. c.c., comma 1 cc prevede che qualora un edificio o un gruppo di edifici appartenenti per piani o porzioni di piano a proprietari diversi si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi, il condominio può essere sciolto e i comproprietari di ciascuna parte possono costituirsi in condominio separato.
La norma permette lo scioglimento del condominio quando un edificio o un gruppo di edifici possono essere suddivisi in parti autonome, cioè in edifici indipendenti dal punto di vista strutturale e funzionale.
In questo caso, i comproprietari di ciascuna parte autonoma hanno la facoltà di costituire condomini separati, ciascuno con la propria amministrazione e gestione delle parti comuni relative.
Tale norma regola la divisione (relativa), cioè all'esito della divisione sussisteranno ancora beni ex art. 1117 cc, ma i beni ex art. 1117 cc (dopo la divisione) non saranno più comuni a tutti, ma saranno comuni ex art. 1117 cc solo ai singoli edifici autonomi: in altre parole ogni nuovo condominio separato avrà delle proprie parti comuni, condivise solo tra i proprietari delle unità immobiliari di quel nuovo condominio.
Il successivo articolo 62 disp. att. cc ammette la divisione anche se all'esito della divisione permangono beni comuni ex art. 1117 c.c. a tutti gli originari partecipanti; tuttavia se per la divisione occorre modificare lo stato delle cose oppure servono opere per la sistemazione diversa dei locali o delle dipendenze tra i condomini, lo scioglimento del condominio deve essere deliberato dall'assemblea con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell'articolo 1136 del codice stesso.
La domanda di scioglimento del condominio può essere proposta anche dall'amministratore del caseggiato divisibile? La questione è stata recentemente affrontata dal Tribunale di Chieti (sentenza del 27 marzo 2025 n. 158).
Analisi della controversia condominiale: costituzione di un nuovo condominio
I proprietari degli appartamenti della scala B di un edificio, durante un'assemblea condominiale, decidevano di costituire un nuovo condominio separato. La decisione è stata presa all'unanimità dai presenti, ma un'assenza ha complicato la situazione: una proprietaria della scala B non ha partecipato alla riunione e, una volta ricevuta notifica della delibera, ha deciso di impugnarla.
Secondo l'attrice, la delibera doveva essere dichiarata nulla in quanto l'edificio già era un condominio unico (con scala A e B) costituito dal 2003, con un'amministrazione regolare e un regolamento condominiale approvato.
Inoltre evidenziava che il condominio aveva recentemente modificato la propria denominazione e aggiornato le tabelle millesimali, segno evidente che la gestione dell'intero edificio era ancora attiva e valida.
La condomina ha sottolineato poi che le scale A e B fanno parte dello stesso stabile, costruito con un'unica struttura muraria, un tetto comune, lo stesso impianto fognario e la stessa particella catastale.
Di conseguenza, secondo la stessa attrice, non potevano coesistere due condomini distinti nello stesso edificio, perché mancavano i requisiti previsti dall'articolo 61 disp. att. c.c. per la divisione in unità autonome.
Infine, la condomina ha osservato che, anche se si fosse voluta costituire una nuova entità condominiale separata, sarebbe stato necessario prima sciogliere il condominio esistente, come previsto dall'articolo 62 disp. att. c.c., attraverso il consenso della maggioranza dei condomini o l'intervento dell'autorità giudiziaria.
Il convenuto condominio ha sostenuto che non era mai esistito un condominio che comprendesse la scala B dell'edificio contestato, e quindi la delibera con cui i proprietari avevano deciso di costituire un nuovo condominio era pienamente legittima.
In secondo luogo, ha ribadito che la decisione dei proprietari della scala B rientrava nella possibilità di costituire un condominio parziale, conforme alle normative vigenti.
Infine, ha formulato una richiesta alternativa: nel caso in cui il Tribunale avesse ritenuto illegittima la costituzione del condominio parziale, sussistevano comunque i presupposti per proporre, con domanda riconvenzionale, lo scioglimento del condominio esistente e la creazione di un condominio autonomo per la sola scala B, facendo riferimento agli articoli 61 e 62 disp. att. c.c. A sostegno di questa posizione, si sono aggiunti vari proprietari degli immobili della scala B, che sono intervenuti spontaneamente nel processo. Il Tribunale ha dato ragione all'attrice.
Il giudice, nel prendere atto che l'edificio comprendeva due scale e formava un unico condominio, ha chiarito un principio fondamentale: per poter costituire un nuovo condominio autonomo, come nel caso della scala B, era necessario prima sciogliere formalmente il condominio già esistente, che includeva entrambe le scale A e B. Per quanto riguarda la domanda riconvenzionale avanzata dal convenuto e dagli interventori di ordinare lo scioglimento del condominio, lo stesso giudice ha osservato che la permanenza di un ballatoio comune non è di ostacolo alla creazione di due condomini separati. Tuttavia il Tribunale ha chiarito che l'amministratore del condominio non ha la legittimazione attiva per proporre la domanda di scioglimento del condominio.
Questo significa che l'amministratore non ha il potere di agire autonomamente in giudizio su questa specifica questione, in quanto esula dalle sue competenze stabilite dalla normativa.
Dall'altro lato, il giudicante ha evidenziato la necessità di procedere con una integrazione del contraddittorio, coinvolgendo tutti i proprietari degli immobili dell'edificio.
Il Tribunale ha dichiarato la nullità della delibera e il difetto di legittimazione attiva del convenuto rispetto alla domanda riconvenzionale dallo stesso proposta nei confronti dell'attore.
Limiti della legittimazione dell'amministratore nel processo di scioglimento del condominio
La sentenza in commento sottolinea che la rappresentanza attribuita all'amministratore del condominio dall'art. 131 c.c., comma 2, rispetto a qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio, non si estende all'azione di scioglimento del condominio prevista dagli artt. 61 e 62 disp. att. c.p.c., evidenziando che lo scioglimento del condominio determina la perdita del diritto di proprietà su talune cose, servizi ed impianti da parte di alcuni dei partecipanti al condominio originario, la cui quota si accresce a quella degli altri con conseguente modificazione proporzionale del diritto di godimento sulle cose comuni e del correlativo obbligo di partecipazione alle spese.
Ne consegue che ad un giudizio che può determinare la modificazione dei diritti reali dei singoli comproprietari e delle loro quote condominiali, devono partecipare tutti i soggetti che sono titolari di tali diritti.
L'amministratore, invece, quale rappresentante soltanto della gestione di tali parti comuni e non dei diritti reali, pro-quota, dei singoli comproprietari, è privo di legittimazione attiva e passiva (Cass. civile sez. II, 23/01/2008, n.1460; Cass. civ., sez. II, 08/05/1998, n. 4655).