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L'amministratore in prorogatio non ha diritto ad alcun compenso

La proroga tacita esclude ogni corrispettivo. È nulla la deliberazione che conferma l'amministratore senza stabilirne espressamente il compenso.
Avv. Mariano Acquaviva 
9 Giu, 2025

Il Tribunale di Napoli (21 maggio 2025, n. 5036) ha affermato che l'amministratore in prorogatio non ha diritto ad alcun compenso ma solo al rimborso delle spese sostenute per conto della compagine, sempreché siano documentate.

Per il giudice partenopeo, laddove l'art. 1129, ottavo comma, c.c. statuisce che, alla cessazione dell'incarico, l'amministratore è tenuto ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad «ulteriori compensi», va interpretato nel senso di escludere ogni tipo di corrispettivo e, quindi, non solo quello per le attività straordinarie urgenti.

Amministratore in prorogatio: fatto e decisione

Un condomino impugnava una deliberazione assembleare adducendo molteplici motivi tra i quali quello inerente all'inserimento, nei bilanci approvati, di importi a titolo di compenso dell'amministratore il cui incarico, però, non era stato confermato né rinnovato.

Il Tribunale di Napoli, con la sentenza in commento (21 maggio 2025, n. 5036), ha ritenuto meritevole di accoglimento la doglianza.

La disciplina delineata dal codice civile stabilisce una durata predeterminata dell'incarico professionale (un anno, prorogabile tacitamente di una sola annualità) e la pattuizione espressa del compenso anche al momento del rinnovo del mandato, prevista a pena di nullità, escludendosi, quindi, che possa aversi un'ultrattività dell'accordo precedentemente raggiunto sui compensi.

Dette previsioni normative vanno coordinate con il disposto di cui all'art. 1129, ottavo comma, c.c. secondo cui «Alla cessazione dell'incarico l'amministratore è tenuto alla consegna di tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio ed ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi»

Il quadro normativo così delineato è pertanto chiaro nello stabilire che la proroga tacita nell'incarico, con percezione del compenso nella misura già espressamente pattuita al momento dell'accettazione dell'incarico da parte dell'amministratore, in difetto di espressa revoca o rinnovo intervenuti nelle more, possa aversi per un solo anno successivo alla scadenza del primo, nel corso del quale l'amministratore conserva pienezza di poteri gestori degli interessi della compagine condominiale.

Spirato tale termine viene a mancare tanto la conforme volontà del condominio a mantenere in vita il rapporto, residuando il solo interesse alla continuità dell'amministrazione.

L'amministratore in prorogatio, per espressa previsione di cui all'art. 1129, ottavo comma, c.c., può compiere i soli atti strettamente necessari ed urgenti nell'interesse del condominio ma senza diritto ad ulteriori compensi, ovvero senza diritto alla percezione di alcun emolumento, eccettuato il rimborso delle anticipazioni sostenute.

In conclusione, alla cessazione dall'incarico per scadenza del termine annuale di proroga tacita, l'amministratore non più in carica, in mancanza di pattuizione espressa che disponga diversamente, perde il diritto alla percezione di qualsiasi compenso, giacché sarebbe necessario un nuovo accordo espresso sulla misura del corrispettivo.

L'amministratore, in relazione al periodo in cui è stato in prorogatio, pur avendo il perdurante dovere, fino alla nomina del nuovo amministratore, di compiere le attività urgenti in favore del condominio - fra le quali anche la predisposizione dei rendiconti di gestione - non ha diritto a compensi per tali attività.

Ne consegue che sono viziati i bilanci approvati in cui sono stati inseriti importi imputabili al compenso dell'amministratore, poiché non dovuti.

Avv. Alessandro Gallucci Amministratore in prorogatio? Nessuna differenza con quello regolarmente nominato (o quasi)

Amministratore in prorogatio: considerazioni conclusive

Secondo la giurisprudenza, l'aggettivo «ulteriore» di cui all'art. 1129, ottavo comma, c.c., non si riferisce ai soli compensi straordinari per le attività urgenti perché, così interpretata, la norma non avrebbe alcuna utilità pratica, stante la natura tendenzialmente omnicomprensiva del compenso che, dunque, già include siffatte attività (Cass., n. 5014/2018).

Se venisse così interpretata, la norma finirebbe - paradossalmente - per determinare un ingiustificato arricchimento dell'amministratore uscente, il quale si vedrebbe riconosciuto il medesimo compenso (astrattamente inclusivo del compimento di tutte le attività, ordinarie e straordinarie, connesse ed indispensabili allo svolgimento dei suoi compiti ti istituzionali e non solo di quelle urgenti) sebbene, per espressa limitazione di legge, non possa svolgere altre incombenze, se non quelle indifferibili (Trib. Napoli, 17 maggio 2023, n. 5114).

Ma c'è di più. La giurisprudenza di legittimità ha precisato che «agli effetti dell'art. 1129, comma 14, c.c., il quale prevede la nullità testuale della nomina dell'amministratore di condominio ove non sia specificato l'importo dovuto a titolo di compenso, per la costituzione di un valido contratto di amministrazione condominiale occorre accertare la sussistenza di un documento, approvato dall'assemblea, recante, anche mediante richiamo ad un preventivo espressamente indicato come parte integrante del contenuto di esso, l'elemento essenziale della analitica determinazione del corrispettivo» (Cass., 22 aprile 2022, n. 12927).

Nella vicenda sottoposta al Tribunale di Napoli, non essendovi stata indicazione del compenso pattuito in favore dell'amministratore, la deliberazione è da ritenersi radicalmente nulla per violazione dell'art. 1129, quattordicesimo comma, c.c., non essendosi avuta specifica del compenso richiesto dall'amministratore per la sua attività.

Allegato
Scarica Trib. Napoli 21 maggio 2025 n. 5036
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