L'obbligo dell'amministratore di condominio di comunicare ai creditori i dati dei condòmini morosi riguarda solo i condòmini che risultano morosi rispetto allo specifico credito vantato dal creditore istante. Non è sufficiente pertanto inviare al creditore l'elenco generico di tutti i condòmini morosi; è necessario, invece, indicare le morosità riferite allo specifico credito oggetto di interpello.
È questo il principio di diritto che si ricava dall'ordinanza emessa dal Tribunale di Tivoli il 16 novembre 2015.
La pronuncia applica il nuovo art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile - modificato dalla legge n. 220/2012 - in forza del quale l'amministratore condominiale "è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condòmini morosi".
Il Tribunale di Tivoli, confermando le prime applicazioni pratiche della norma, ritiene che debbano considerarsi morosi i soli condòmini che sono debitori delle quote relative allo specifico contratto o titolo da cui sorge il debito del condominio verso il singolo creditore.
Vanno escluse, dunque, le complessive morosità condominiali che fanno riferimento ad altri debiti.
Il fatto - L'ordinanza ha affrontato il caso di un avvocato, creditore nei confronti del condominio di 35.500 euro circa in base a due decreti ingiuntivi esecutivi. Dopo vani tentativi diretti ad ottenere il pagamento del credito, l'avvocato chiedeva all'amministratore del condominio la comunicazione dei nominativi dei condòmini morosi e le rispettive quote di morosità, per poter agire pro quota nei confronti di ciascuno di essi.
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L'amministratore, però, inviava solo l'ultimo rendiconto consultivo della gestione condominiale, da cui non era dato evincere le generalità complete dei morosi, né capire se le morosità indicate fossero o meno riferibili al credito dell'avvocato. A questo punto, l'avvocato si rivolgeva al Tribunale per ottenere la condanna del condominio a fornire la documentazione richiesta ex art.63 disp. att. c.c.
Il Tribunale di Tivoli ha accolto il ricorso del creditore. In effetti, l'amministratore si era limitato ad inviare il rendiconto consultivo della gestione 2011-2013, con il verbale di approvazione sia del bilancio che del relativo progetto di riparto delle spese, ove figurava l'elenco di tutti i condòmini, le rispettive quote millesimali ed il relativo importo a conguaglio.
"Da tale documentazione - osserva il giudice - non è dato evincere quali siano i condomini morosi in relazione ai singoli crediti azionati dal ricorrente nonché l'importo delle rispettive specifiche morosità.
Né tale elencazione risulta essere evincibile dalla documentazione fornita dal Condominio e depositata dall'istante all'udienza del 9.1.2015, in cui risultano le complessive morosità e non anche quelle relative ai crediti sopra menzionati".
L'art. 63 disp. att. c.c. fissa un beneficio di escussione a favore dei condòmini in regola con i pagamenti, obbligando il creditore a rivolgersi prima ai condòmini morosi per soddisfare il proprio credito. La nuova norma non brilla certo per chiarezza. Ce ne siamo occupati più volte.
Tuttavia, l'ordinanza in commento sembra fissare un punto fermo: la morosità cui fa riferimento l'art. 63 va valutata con riguardo al singolo creditore che fa interpello.
Ciò significa che l'amministratore non può limitarsi a fornire l'elenco generico di tutti i condòmini morosi verso i terzi creditori del condominio.
Deve invece fornire i nominativi dei soli condòmini che risultano morosi con specifico riferimento ai crediti vantati dal creditore istante, con indicazione delle relative quote di morosità, al fine di consentire al creditore di agire nei loro confronti.
Questa chiave di lettura, del resto, sembra ben coordinarsi con un altro principio affermato dalla Cassazione (sentenza n. 5038/2013), secondo cui ciascun condòmino, eseguendo un pagamento per spese condominiali, può imputare i pagamenti per singoli esercizi o singoli debiti attraverso lo strumento dell'imputazione di pagamento (art. 1193 c.c.).
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