L'art. 1129, comma 9, c.c., come modificato dalla legge 220/2012, attribuisce all'amministratore di condominio l'obbligo di attivarsi per la riscossione forzosa delle somme dovute dai condomini morosi. Tale obbligo deve essere adempiuto entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio in cui il credito è maturato, salvo espressa dispensa da parte dell'assemblea condominiale.
Inoltre, ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c., l'amministratore è tenuto a collaborare con i creditori non ancora soddisfatti, fornendo loro i dati completi dei condomini morosi.
Questa collaborazione rappresenta un dovere legale di salvaguardia, volto a tutelare le legittime aspettative dei creditori derivanti dalla gestione condominiale. L'omissione dell'amministratore è in evidente contrasto con l'articolo 63 disp. att. c.c. atteso che il silenzio serbato rappresenta un abuso di posizione e, di conseguenza, un abuso del diritto, che danneggia il terzo, impossibilitato a procedere all'esecuzione nei confronti dei singoli condomini.
Questo principio, radicato nel dovere di solidarietà sociale, impone un comportamento leale e volto alla tutela degli interessi altrui, nel limite di un sacrificio ragionevole.
Con la nuova formulazione dell'articolo 63 disp. att. c.c., il condomino moroso non può più invocare la tutela della privacy per sottrarsi alla comunicazione dei suoi dati ai creditori.
L'amministratore, rispettando la legge, non viola la riservatezza, poiché si limita a fornire le generalità dei condomini morosi senza divulgare altre informazioni sensibili.
È importante sottolineare che l'amministratore non può essere ritenuto responsabile per tale comunicazione, purché si attenga ai dati strettamente necessari.
Discorso diverso è invece la pubblicazione in bacheca delle informazioni personali, come i nomi dei morosi.
A tale proposito merita di essere esaminata una recente decisione del Tribunale di Taranto (sentenza n. 826 del 7 aprile 2025)
Controversia sulla pubblicazione dei morosi in condominio
Alla nomina, il nuovo amministratore di un condominio ha proposto di verificare la contabilità della precedente gestione, richiedendo un compenso di €800,00 per ciascuna annualità. Tale richiesta è stata considerata eccessiva da un condomino, dottore commercialista, che si è offerto di effettuare gratuitamente le verifiche, con il supporto di altri condomini interessati.
Il neo-amministratore, tuttavia, si è rifiutato di mostrare la documentazione contabile necessaria, esponendo in bacheca un elenco con i nomi dei condomini presunti morosi, includendo il commercialista, e riportando a fianco le somme dovute. Nonostante le reiterate richieste di rimuovere l'elenco, questo è rimasto affisso per diversi mesi. A seguito di tale situazione, il commercialista ha denunciato l'amministratore per diffamazione aggravata, chiedendo un risarcimento per i danni subiti. Il Pubblico Ministero, però, ha archiviato la denuncia, sostenendo che la pubblicazione dei dati configurasse una violazione civilistica della normativa sulla protezione dei dati personali, ma non un reato di diffamazione.
Non soddisfatto, il commercialista ha avviato un'azione civile per ottenere il risarcimento dei danni derivanti dalla diffusione illecita delle sue informazioni personali.
Tuttavia, anche in sede civile, il giudice ha respinto la domanda, giudicandola infondata, e rigettato le richieste istruttorie avanzate dall'attore. Il Tribunale ha dato invece ragione al condomino - commercialista.
Il giudicante ha sottolineato che, sebbene le informazioni relative alla quota di partecipazione di ciascun condomino alle spese condominiali e i dati sulla mora nei pagamenti abbiano una valenza contabile e siano rilevanti per la gestione collettiva del condominio, restano comunque dati personali.
Come ha ricordato il Tribunale, tali informazioni sono soggette alla disciplina del regolamento sulla protezione dei dati personali e devono essere trattate nel rispetto delle regole generali che ne delimitano la gestione, in modo da garantire la riservatezza e la tutela degli interessati.
Il giudice pugliese ha messo in rilievo come sia ragionevole presumere che dall'affissione nella bacheca dell'androne condominiale - ovvero in un luogo potenzialmente accessibile a chiunque - di un documento attestante una condizione soggettiva di inadempimento degli obblighi di pagamento verso la compagine condominiale sia derivato per il condomino esercente l'attività professionale di commercialista un danno non patrimoniale.
Di conseguenza, considerando i tempi di durata dell'affissione (tre mesi) ed il fatto che l'attore non abbia tempestivamente chiesto all'amministratrice la rimozione del documento affisso, decidendo di proporre querela, il Tribunale ha determinato equitativamente il danno da risarcire nella misura di €1.000,00, già rivalutata.
Riservatezza dei dati nei condomini: limiti e obblighi
La sentenza conferma come il trattamento dei dati personali debba avvenire nel rispetto dei principi di proporzionalità, di pertinenza e di non eccedenza rispetto agli scopi per i quali i dati stessi sono raccolti; di conseguenza viene evidenziato che gli spazi condominiali, aperti all'accesso di terzi estranei rispetto al condominio, non possono essere utilizzati per la comunicazione di dati personali riferibili al singolo condomino.
Si ricorda che secondo la Cassazione, fermo restando il diritto di ciascun condomino di conoscere, anche di propria iniziativa, gli inadempimenti altrui rispetto agli obblighi condominiali, l'affissione nella bacheca dell'androne condominiale, da parte dell'amministratore, dell'informazione concernente le posizioni di debito del singolo condomino costituisce un'indebita diffusione di dati personali (Cass. civ., sez. I, 07/10/2022, n. 29323).
Le informazioni divulgate tramite la bacheca condominiale devono essere di carattere generale, ovvero avere ad oggetto informazioni e comunicazioni inerenti i beni e i servizi comuni; la bacheca non può essere utilizzata per comunicazioni riferite a singoli condomini e ciò sia per i dati personali, sia per i beni ad essi riferibili.