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L'alterazione del decoro architettonico riguarda l'intero edificio e non una sola parte dello stesso

Nella sopraelevazione deve essere rispettato il valore dell'aspetto architettonico dell'edificio condominiale inteso nella sua unitarietà progettuale, non essendo ammissibile una sorta di “spacchettamento ”dello stesso.
Avv. Adriana Nicoletti 
Dic 16, 2024

La Corte di Cassazione, con la recente decisione n. 30856 pubblicata in data 02 dicembre 2024, ha aggiunto un tassello all'ampio quadro della giurisprudenza che si è sempre scontrata ed incontrata sulla questione concernente la relazione tra conservazione del decoro/aspetto architettonico e edificio di riferimento.

Un ulteriore punto fermo sulla questione è stato posto dai giudici, i quali hanno ribadito che le originarie linee architettoniche impresse dal progettista devono essere sempre rispettate e che, in ogni caso, eventuali modifiche peggiorative apportate dai condomini prima della nuova opera, tali da rappresentare esse stesse delle stonature rispetto all'originario aspetto dell'edificio, nulla toglie alla illegittimità dell'intervento oggetto di causa.

La sopraelevazione viola il decoro architettonico ed il ricorso in cassazione viene respinto. Fatto e decisione

La proprietaria di un immobile, acquisito il bene in sede fallimentare, procedeva al recupero del sottotetto procedendo al taglio del tetto con l'installazione di un ulteriore manufatto in sopraelevazione.

Alcuni condomini si rivolgevano al Tribunale chiedendo che la convenuta venisse condannata alla rimessione in pristino per violazione di una norma regolamentare.

Il soggetto citato si costituiva eccependo, per quanto di specifico interesse, che non vi era stata alcuna lesione del decoro architettonico, tanto più che l'intervento era stato autorizzato dalle competenti autorità.

La sentenza di primo grado di accoglimento della domanda veniva ribaltata dalla Corte di appello che disattendeva le conclusioni del CTU, il quale aveva ritenuto che il nuovo volume, configurandosi come corpo autonomo, non si armonizzava con l'intero edificio (costituito da tre corpi di fabbrica, di diversa altezza e che erano visibili da prospettive diverse), rappresentando una stonatura percepibile all'osservatore.

La Corte, al contrario, assumeva che dalla conformazione dell'edificio conseguiva che il tetto non dovesse essere considerato unitario ma che dovesse essere valutato solo nella parte in cui la falda del tetto era stata interrotta per eseguire la sopraelevazione, visibile solo da un determinato punto di osservazione.

Avverso tale sentenza gli originari attori hanno proposto ricorso per Cassazione insistendo per il riconoscimento della lesione del decoro architettonico, che sussisteva anche se la costruzione era visibile solo da alcune angolature.

Per altro profilo la decisione del Collegio veniva impugnata per avere disatteso le risultanze delle CTU di entrambi i gradi del merito, dalle quali era emersa l'illegittimità della sopraelevazione in contrasto "con l'identità stilistica dell'edificio" e per "assenza di dialogo del manufatto con i volumi dell'edificio esistente".

Il Collegio di legittimità ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando ad altra sezione della Corte di appello.

Dopo un'attenta ricostruzione della evoluzione della giurisprudenza in materia di decoro architettonico, aspetto architettonico e sopraelevazione, la Corte ha pienamente centrato il punto della situazione evidenziando l'errore in cui erano incorsi i giudici del merito.

L'edificio oggetto dell'intervento presentava uno stile definito "modernista", in quanto risalente alla ricostruzione post-bellica, con uno stile architettonico dal tratto distintivo, rappresentato da una facciata in tre parti ed era stato edificato sulla base di un progetto unitario che, invece, non è stato preso in considerazione dalla Corte del merito.

Quindi, la stessa aveva valutato l'impatto negativo prendendo a riferimento una sola parte dell'edificio in condominio.

Questo - ad avviso della Corte Suprema - l'errore in cui è incorsa la decisione di secondo grado, che aveva operato una vera e propria scissione del complesso in parti frazionate ed autonome giungendo alla conclusione che se la sopraelevazione non era visibile da tutte le parti esterne al complesso la stessa non poteva essere considerata lesiva dell'art. 1127 c.c. Tutto ciò in aperto contrasto tanto con l'orientamento consolidato della giurisprudenza, quanto con le conclusioni dei due CTU.

Sopraelevazione e decoro architettonico

Decoro architettonico: quali i parametri per valutarne la violazione

La sentenza della Corte di cassazione pone in rilievo due questioni: da una parte se un nuovo corpo di fabbrica venga introdotto in un edificio, al fine di accertare la sussistenza della violazione del decoro architettonico, richieda che vi sia un rapporto con l'intera costruzione o meno e, dall'altro lato, se il giudice possa discostarsi nella sua decisione dalle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio.

La prima questione è stata al centro di un ampio dibattito giurisprudenziale che, nel corso degli anni, ha sempre più definito la nozione di decoro architettonico e di sua alterazione.

Rinviando, per tale aspetto e necessità di sintesi, alla sentenza allegata alla presente nota va osservato come la Corte, con riferimento alla fattispecie, abbia affermato che "l'aspetto architettonico non va considerato solo con riferimento alla facciata principale del fabbricato; nella sagoma esterna e visibile dell'edificio rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile" (Cass., 28/06/2017, n.16258).

Ed ancora che "in materia di condominio negli edifici, nel valutare l'impatto di un'opera modificativa sul decoro architettonico bisogna adottare un criterio di reciproco temperamento tra i rilievi attribuiti all'unitarietà originaria di linee e di stile, alle menomazioni apportate da precedenti modifiche e all'alterazione prodotta dall'opera modificativa sottoposta a giudizio, senza che possa conferirsi rilevanza da sola decisiva, al fine di escludere un'attuale lesione del decoro architettonico, al degrado estetico prodotto da precedenti alterazioni ovvero alla visibilità delle alterazioni" (Cass- 12 giugno 2023, n. 16518)

Queste rappresentano solo due esempi di pronunce che sono state estrapolate da una giurisprudenza oramai granitica sul punto alle quali, se vogliamo, possiamo aggiungere altre decisioni di merito che si sono allineate a tale orientamento.

In questo senso basti rammentare che "il decoro architettonico del fabbricato sussiste a prescindere dal pregio (storico, artistico, culturale, ecc.) dell'edificio o dalla presenza sulla facciata di elementi ornamentali i di dettaglio artistico; esso è posto a tutela dell'originaria armonia, simmetria e linearità dell'intero fabbricato, sicché è illecita ogni modificazione in peius che obiettivamente determini una lesione all'originario aspetto decoroso del fabbricato" (Trib. Pavia 15 aprile 2022).

Con la ulteriore precisazione che "la tutela del decoro architettonico… attiene a tutto ciò che è visibile ed apprezzabile dall'esterno" (App. Roma 7 aprile 2022).

Va detto che i principi qui richiamati si riferiscono all'ipotesi di cui all'art. 1120 c.c., ovvero alle innovazioni che sono state deliberate dall'assemblea, ma nulla toglie che siano trasferibili anche in materia di sopraelevazione che è disciplinata dall'art. 1127 c.c. e che rappresenta l'oggetto del contenzioso definito dalla Corte di cassazione.

Questa, infatti ha affermato che "la nozione di aspetto architettonico (art. 1127, co. 3, c.c.) è complementare, ancorchè differente, rispetto a quella di decoro architettonico (art. 1120 c.c.) dalla quale non può prescindere, sicché anche l'intervento edificatorio in sopraelevazione deve rispettare lo stile del fabbricato e non rappresentare, rispetto al preesistente complesso, una rilevante disarmonia percepibile da qualunque osservatore" (Cass. 10 novembre 2021, n. 33104).

Ed è proprio questo che connota la decisione di cui ci stiamo interessando, dal momento che tutti gli elementi emersi nel corso dell'istruttoria erano concordanti nel dimostrare che la sopraelevazione, oggetto di conflitto, non poteva essere valutata in relazione ad una sola porzione dell'edificio, ma dell'intero stabile il quale non poteva che essere considerato nella sua unitarietà.

Quanto alla seconda questione, ovvero se il giudice può discostarsi dalle risultanze della consulenza tecnica non vi è dubbio che questo possa avvenire, tenendo conto anche del ruolo che il perito d'ufficio svolge nell'ambito del giudizio: ovvero un ausiliario del magistrato.

Tuttavia, si verifica un vulnus nel momento in cui di tale accertamento non si tenga conto in modo apodittico, come nel caso in esame, affermando che il consulente avesse espresso un personale giudizio squisitamente architettonico, allorchè al perito venga chiesto proprio di accertare se vi sia stata una violazione dell'aspetto architettonico sotto il profilo della disomogeneità della sopraelevazione rispetto allo stile architettonico dell'edificio condominiale.

Sentenza
Scarica Cass. 2 dicembre 2024 n. 30856
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