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Un immobile all'interno del quale sia stato commesso un abuso edilizio può essere oggetto di vendita?

La vendita di un immobile con abuso edilizio è possibile solo se le irregolarità non ne compromettono la commerciabilità: scopri la pronuncia del Tribunale di Bergamo su questo tema cruciale.
Avv. Caterina Tosatti 
16 Mar, 2022

La sentenza n. 331 del 8 febbraio 2022 del Tribunale di Bergamo ci aiuta a comprendere le seguenti questioni:

  • un immobile all'interno del quale sia stato commesso un abuso edilizio può essere oggetto di vendita - ed ancora prima di contratto preliminare di vendita?
  • tra società di leasing concedente dell'immobile e soggetto utilizzatore, chi è obbligato verso il Condominio per le spese condominiali?

Abuso edilizio all'interno di un immobile: La pronuncia

Tizia cita in giudizio la Beta Spa, società di leasing, allo scopo di ottenere dal Tribunale di Bergamo la pronuncia di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. che produca gli effetti del contratto di vendita, relativo ad immobile sito in Bologna, che la Beta Spa si era impegnata a stipulare con Tizia, ma che poi non ha adempiuto.

Tizia spiega di essere detentrice senza titolo dell'immobile in questione, per aver continuato ad utilizzarlo anche dopo che era venuto meno il contratto di leasing tra la Beta Spa, proprietaria e concedente dell'immobile e la Alfa Srl, utilizzatrice dell'immobile.

Tizia aveva stipulato un contratto preliminare di vendita con la Beta Spa, con il quale la Beta Spa si era obbligata a stipulare il contratto definitivo per trasferire a Tizia la proprietà dell'immobile; nel contesto di questo contratto, Tizia si era altresì obbligata a sostenere i costi per la regolarizzazione di eventuali irregolarità urbanistiche e catastali, esonerando la Beta Spa dalla garanzia per vizi e difetti della cosa compravenduta e si era anche obbligata a sostenere le spese condominiali a far data dal preliminare.

Nonostante tutto ciò, al momento della stipula del definitivo, la Beta Spa pretese l'esecuzione di un sopralluogo da parte di propri tecnici, durante il quale furono rilevate irregolarità urbanistiche e catastali che indussero Beta Spa a rifiutare di contrarre la vendita con Tizia, ritenendo l'immobile abusivo e, pertanto, non commerciabile, almeno sino alla completa regolarizzazione dei vizi.

Breve inciso per la comprensione del lettore: il contratto di leasing (finanziario o immobiliare) è quel contratto che prevede che una società di leasing o altro intermediario autorizzato acquisti o edifichi un immobile che poi viene concesso in utilizzo all'utilizzatore, appunto, dietro il pagamento di un canone periodico; al termine del contratto, l'utilizzatore può decidere di acquistare l'immobile, pagando un prezzo (c.d. maxi - canone) al concedente.

Altra specifica: il contratto preliminare di vendita comporta che il promittente venditore ed il promissario acquirente si impegnino a stipulare, nel termine indicato, un contratto di vendita - che prende il nome di definitivo. Il preliminare è unicamente un impegno a contrarre il definitivo e non ha come effetto il trasferimento della proprietà del bene.

Tizia agisce pertanto domandando, oltre alla sentenza che tenga luogo del contratto - con attribuzione alla stessa dell'immobile in proprietà - anche la condanna di Beta Spa al risarcimento del danno a titolo di rimborso degli interessi passivi maturati sui finanziamenti asseritamente stipulati da Tizia per corrispondere il prezzo dell'immobile, nonché a titolo di danno da mancata vendita - Tizia sostiene cioè che avrebbe potuto rivendere immediatamente l'immobile ad altro soggetto, con il quale esisteva già un accordo, sol che Beta Spa si fosse determinata a stipulare il definitivo.

Beta Spa si costituisce ed eccepisce l'impossibilità di stipulare il definitivo, a cagione dell'abusività dell'immobile oggetto di compravendita; essendo l'oggetto del contratto da stipulare impossibile (da un punto di vista giuridico), ciò che, ai sensi dell'art. 1346 c.c., avrebbe condotto alla stipula di un contratto nullo, non si poteva rimproverare alla Beta Spa di essere stata inadempiente.

In via riconvenzionale, Beta Spa domanda che il Giudice pronunci la risoluzione del preliminare per inadempimento di Tizia; secondo la difesa di Beta Spa, Tizia avrebbe dovuto ottenere la regolarizzazione dell'immobile entro la data fissata per la stipula del definitivo e, non avendolo fatto, si è resa inadempiente; in virtù di detto inadempimento, Beta Spa, sempre in via riconvenzionale, domanda di poter trattenere la caparra versata da Tizia, ai sensi dell'art. 1385, 2° comma, c.c. e domanda altresì la condanna al rilascio immediato dell'immobile da parte di Tizia, nonché al pagamento di un'indennità di occupazione abusiva e delle spese condominiali inevase, nonché la condanna al rimborso delle spese sostenute per la regolarizzazione da Beta Spa, oltre al danno da lite temeraria.

Il Tribunale di Bergamo, senza fare luogo ad istruzione della causa, decide accogliendo in parte la domanda di Tizia e compensando al 50% le spese di lite.

Differenza tra proprietà, detenzione e possesso

Abusi primari, abusi secondari e trasferimento della proprietà

Da quanto è dato leggere in sentenza, le irregolarità urbanistiche e catastali riscontrate da Beta Spa dopo il sopralluogo presso l'immobile, già oggetto di leasing e poi destinato alla vendita a Tizia, consistevano in:

Ora, va premesso un caveat di ordine sistematico: non sempre ciò che risulta illecito o illegittimo da un punto di vista amministrativo (urbanistico, edilizio, catastale, etc.) può divenire automaticamente nullo da un punto di vista civilistico, in quanto, come ha spiegato più volte la Cassazione, i due ambiti, sebbene si intersechino, non si compenetrano, avendo finalità di tutela differenti.

La normativa di carattere urbanistico - edilizio ha come oggetto la tutela dell'interesse pubblico alla sicurezza, alla stabilità, alla salubrità dei fabbricati piuttosto che al rispetto delle norme sui titoli abilitativi per edificare.

La normativa civilistica riguarda invece i rapporti tra le parti ed i terzi, secondo i canoni delle obbligazioni e dei contratti o gli ulteriori applicabili di volta in volta.

Nella materia che qui ci occupa, dobbiamo rammentare come il Consiglio di Stato (supremo organo di giustizia amministrativa e giudice di seconda istanza rispetto ai Tribunali Amministrativi Regionali), con la sentenza n. 1484 del 2017, ha eseguito una rassegna dei diversi tipi di abuso edilizio ed indicato quale sanzione fosse applicabile a ciascuno in virtù del Testo Unico dell'Edilizia (TUE), ovvero il D.P.R. 380/2001.

La categoria più grave di abusi è costituita dall'assenza totale del permesso di costruire (o del diverso titolo abilitativo di volta in volta richiesto) oppure dalla totale difformità del costruito rispetto al permesso o al titolo: ovvero, ho costruito senza aver titolo per farlo o ho costruito qualcosa di completamente diverso rispetto al progetto per il quale avevo ricevuto il titolo abilitativo.

Caso 'mediano' è dato dalla variazione essenziale rispetto al progetto approvato: ovvero, secondo il Consiglio di Stato, quando si abbiano mutamento della destinazione d'uso con variazione degli standards previsti dal D.M. 2 aprile 1968, aumento consistente di cubatura o di superficie di solaio in relazione al progetto approvato, modifiche sostanziali di parametri urbanistico - edifici del progetto approvato o della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza, mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentite o violazione della normativa antisismica.

Caso minore è quello delle difformità parziali, cioè quando l'intervento, pur contemplato nel titolo autorizzativo, è realizzato con modalità diverse da quanto previsto in progetto, che però non incidono su elementi essenziali dell'opera, in particolare non coinvolgendone le strutture essenziali.

Sussiste poi una soglia di rilevanza minima, pari al 2%; qualora cioè le violazioni non eccedano, nel complesso, il 2% delle misure progettuali per ogni unità immobiliare, esse non sono rilevanti come abusi.

La giurisprudenza civile, sulla scorta di questa elaborazione, si è invece dedicata a creare, proprio nell'ambito di cui qui ci interessa, le categorie degli abusi primari e secondari.

In particolare, l'abuso secondario non determina la incommerciabilità del bene, essendo generalmente sanabile e comportando unicamente un obbligo risarcitorio a carico del dante - causa (il venditore o chi trasferisce la proprietà), qualora abbia in mala fede taciuto delle irregolarità, a favore dell'avente - causa (il compratore o colui cui viene trasferita la proprietà) relativo alle spese sostenute per la regolarizzazione dell'unità in questione oppure, laddove non regolarizzabile, alla restituzione del prezzo di vendita o alla sua riduzione, a seconda dell'azione scelta dall'acquirente di un siffatto immobile.

A tal proposito, l'art. 40, 2° comma, della Legge 28 febbraio 1985, n. 47 s.m.i., prevede che:

«Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione di cui al sesto comma dell'art. 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo.

Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l'opera autorizzata».

Diverso è il caso dell'abuso primario, che concerne la totale o parziale difformità del realizzato rispetto all'autorizzato o la presenza di interventi successivi non autorizzati correttamente, se la difformità o gli interventi successivi siano tali da determinate l'essenzialità dell'abuso.

Trascrizione preliminare di compravendita, quando è obbligatoria?

Valutazione delle irregolarità edilizie e loro impatto sulla vendita

Quindi, per le unità immobiliari che abbiano subìto interventi modificativi del progetto autorizzato dopo il 1° settembre 1967, è necessario valutare, caso per caso, l'ampiezza e la portata dell'intervento di volta in volta realizzato.

Per giurisprudenza costante, la mera alterazione interna dell'unità - quale ad esempio la diversa distribuzione degli spazi interni, la realizzazione di un bagno in più o l'eliminazione di uno esistente - non determinerebbe abuso primario, bensì secondario, con al massimo l'impossibilità di accedere al rilascio dell'agibilità.

Nel caso di mutamento di destinazione d'uso, essa non viene solitamente qualificata come abuso primario, a meno che non sia realizzata unitamente ad un aumento della volumetria autorizzata in origine e ad un aumento della sagoma esterna dell'edificio.

Il Tribunale di Bergamo, vagliando la fattispecie sottopostagli, ritiene che le irregolarità riscontrate nell'immobile di Beta Spa, detenuto da Tizia - e, verosimilmente, realizzate dalla stessa, quale utilizzatrice concreta tramite la Alfa Srl - siano da qualificare come parziale difformità rispetto alla concessione, citando una pronuncia della Corte di Cassazione ove si sostiene che:

«in tema di vendita di immobili, il sovrapporsi della legislazione speciale introdotta a partire dal 1985 impone di tener conto in primo luogo di un orientamento giurisprudenziale che è alquanto prudente nell'uso dello strumento della incommerciabilità del bene quale riflesso della nullità negoziale di immobile irregolare urbanisticamente.

Mette conto citare Cass. n. 20258 del 18/09/2009 e Cass. 8081/14 secondo le quali in tema di esecuzione specifica dell'obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi della L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40 può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. nel caso in cui l'immobile abbia un vizio di regolarità urbanistica non oltrepassante la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione.

Trattasi di sentenze che sono riflesso dell'orientamento che distingue tra ipotesi di abuso primario, relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione e alienati in modo autonomo rispetto all'immobile principale di cui in ipotesi facevano parte e abuso secondario, caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d'uso.

4) La distinzione è stata costantemente propugnata negli studi del Consiglio del Notariato e dalla dottrina in genere, attenta a impedire che le spinte all'uso dello strumento civilistico della nullità quale indiretta forma di controllo amministrativo sulla regolarità urbanistica degli immobili giungesse a paralizzare di fatto la circolazione di gran parte del patrimonio immobiliare italiano, risalente nel tempo e sovente affetto da difformità trascurabili rispetto al permesso edilizio» (Cassaz., Sez. II, sent. 14 maggio 2018, n. 11659).

Siccome le irregolarità reperite presso l'immobile non erano tali da rendere l'immobile incommerciabile, il rifiuto di Beta Spa alla stipula del contratto definitivo è da ritenere ingiustificato e va pronunciata pertanto la sentenza di trasferimento della proprietà in capo a Tizia, ai sensi dell'art. 2932 c.c.

Da ciò discenderà anche il rigetto della domanda riconvenzionale di Beta Spa circa la risoluzione per inadempimento del preliminare stipulato con Tizia: il Tribunale rileva che non è possibile sostenere - come pare avere fatto Beta Spa - che l'inadempimento di Tizia consiste nel non aver procurato la regolarizzazione dell'immobile entro la data di stipula del definitivo, sia perché Tizia si era obbligata a pagarne i costi, ma non ad avviare materialmente le pratiche di regolarizzazione (che quindi ben potevano essere avviate dalla medesima Beta Spa), sia perché, trattandosi di abuso non primario, il definitivo poteva comunque essere stipulato anche in assenza di regolarizzazione.

Il Tribunale non accoglie invece la richiesta di risarcimento del danno avanzata da Tizia: non quella sugli interessi passivi dei finanziamenti stipulati per l'acquisto dell'immobile, in quanto non è stata data prova dell'erogazione del primo prestito, mentre del secondo non è stato provato che si riferisse all'acquisto di quell'immobile, oltre a mancare in generale la prova del pagamento degli interessi che si chiede di risarcire; non quella sul danno da mancata vendita, che secondo l'estensore non è tanto o solo non provato non essendo stata data dimostrazione della 'genuinità' della proposta di acquisto ricevuta da Tizia da parte di altro soggetto, ma anche e soprattutto perché il Giudice rileva che il contratto preliminare tra Beta Spa e Tizia prevedeva che «in deroga al punto n. 3 della presente proposta si concede a parte acquirente [Tizia, N.d.A.] diritto di prelazione futura nel caso in cui non venga rispettato il termine del 31.12.2020 da parte venditrice [Beta Spa, N.d.A.]», quindi Tizia avrebbe comunque conservato il diritto di prelazione sull'immobile in caso di mancata conclusione del definitivo entro il termine fissato del 31 dicembre 2020 - secondo il Giudice, cioè, le parti erano ben consapevoli o comunque si erano rappresentate la possibilità di non stipulare entro il termine fissato.

Rammentiamo, come ci ricorda la dottrina, che il termine entro il quale stipulare il contratto definitivo, che deve essere fissato nel contratto preliminare, non è essenziale - nel qual caso determinerebbe la nullità del contratto - benché necessario e le parti, laddove non sia stabilito, potranno rivolgersi al Giudice ai sensi dell'art. 1183 c.c. che lo fisserà per loro.

Ultima nota: come evidenziato sopra, il Tribunale dà atto di non aver istruito la causa, cioè di non aver espletato l'assunzione di prove, benché dia più volte atto che manca la prova rispetto ai fatti costitutivi o impeditivi addotti dalle parti. In assenza di altri elementi di valutazione, dobbiamo ritenere che le parti stesse, ritenendo la causa di natura documentale, non abbiano richiesto di assumere alcuna prova.

Condominio, tra concedente e utilizzatore il terzo... gode?

Un elemento non affrontato dalla sentenza in commento è quello della regolamentazione delle spese condominiali relative ad un immobile che sia utilizzato da un soggetto in virtù di contratto di leasing (immobiliare o abitativo) stipulato con altro soggetto (il concedente).

Secondo le dinamiche del contratto di leasing, del quale più volte è stato dato conto sulle pagine di questa rivista e sul quale non torneremo, il concedente è proprietario dell'immobile che concede un uso all'utilizzatore.

Nel rapporto con il Condominio, la qualità di condòmino è da attribuire unicamente al concedente, in quanto soggetto risultante come proprietario del bene.

Parimenti, le rate condominiali devono essere imputate solamente al concedente ed a lui andrà intestato il ricorso per l'ottenimento del decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 63 disp. att. c.c.

Gli accordi tra concedente e utilizzatore (come quelli tra locatore e conduttore) sono irrilevanti ed inopponibili al Condominio. Mentre invece, in virtù di essi, il concedente avrà rivalsa verso l'utilizzatore di quanto abbia dovuto pagare al Condominio a causa della mora di costui.

La pronuncia bergamasca in commento non affronta questa tematica, perché nel caso di specie Tizia e Beta Spa hanno adottato una regolamentazione tra loro delle spese condominiali, tale per cui Tizia, anche prima di divenire condòmina (cioè, prima di acquistare la proprietà del bene, con il contratto definitivo), si era accollata le spese condominiali a far data dal preliminare.

Correttamente il magistrato, a fronte della richiesta, avanzata da Beta Spa, di condanna al pagamento delle spese condominiali a carico di Tizia, pur ammettendo che le stesse sono effettivamente inevase, rileva che manca la prova del pagamento delle suddette spese, cioè del pagamento che Beta Spa avrebbe dovuto sostenere nei confronti del Condominio e del quale pertanto starebbe oggi agendo in rivalsa verso Tizia.

Infatti, anziché produrre le attestazioni di pagamento degli oneri condominiali, Beta Spa si è limitata a produrre, stando alla narrativa della sentenza, una lettera di costituzione in mora da parte dell'Amministratore di Condominio; nemmeno sono stati prodotti i documenti da cui derivavano dette spese (rendiconti o preventivi approvati dall'Assemblea).

Non si ritiene di aderire al passaggio ove si sottolinea che «non vi è la prova dell'importo di pertinenza dell'attrice in base agli accordi contrattuali», nel senso che, nel caso di specie, diverso dalla locazione, non esiste una differente distribuzione degli oneri tra concedente ed utilizzatore e Tizia, assumendo 'le spese condominiali' su di sé, ha fatto evidentemente riferimento all'intera quota dovuta dall'immobile.

Non solo: non è il contratto tra Tizia e Beta Spa che può stabilire, in modo predeterminato, l'ammontare degli oneri condominiali, perché questi dipendono dai rendiconti e dai preventivi approvati di volta in volta dall'Assemblea e dalle spese generate extra - bilancio dall'unità immobiliare considerata.

Nemmeno le spese di regolarizzazione vengono liquidate, difettando la prova del loro pagamento da parte di Beta Spa in vece di Tizia.

Sentenza
Scarica Trib. Bergamo 8 febbraio 2022 n. 331
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