Nell'ambito del contenzioso che interessa le unità immobiliari poste nel medesimo edificio, il rispetto delle distanze legali delle costruzioni dalle vedute rappresenta una querelle ricorrente.
In proposito, è appropriato rammentare e richiamare la disciplina di cui all'art.907 Cod. Civ. che investe e regola la questione inerente alla distanza minima che deve intercorrere per la legittima realizzazione di un manufatto su un fondo qualora esistano finestre o balconi di diverso proprietario che ivi affacciano, al fine di evitare la compromissione del diritto di veduta di quest'ultimo e, comunque, ogni eventuale ulteriore pregiudizio.
La sentenza emessa dal Tribunale di Trani (n. 563 del 23 maggio 2025) ha origine dalla richiesta di demolizione di una tettoia in legno posta in aderenza al muro perimetrale del fabbricato ed alla soletta del balcone dell'appartamento sovrastante.
Nel percorso argomentativo a sostegno della decisione resa, il Giudicante ha compiuto una disamina scrupolosa dei profili giuridici afferenti all'aspetto normativo ed interpretativo della norma codicistica sopra evocata e dei principi dettati in materia dalla Giurisprudenza anche con riferimento alla esistenza di deroghe contrattuali.
Parimenti, nel caso, correttamente, è stata espletata consulenza tecnica d'ufficio per l'accertamento e valutazione delle caratteristiche del manufatto, compresi materiali, posizione ed estensione per verificare se vi è stata violazione delle distanze legali.
Fatto e decisione
La presente vertenza ha ad oggetto la domanda avanzata dalla proprietaria di un appartamento posto al primo piano contro i comproprietari di quello ubicato al piano terra, all'interno del medesimo fabbricato, per sentir accertare e dichiarare la illegittimità della tettoia in legno installata da quest'ultimi in violazione delle distanze di cui all'art. 907 c.c. con conseguente condanna alla rimozione e ripristino dello stato dei luoghi nonché al risarcimento dei danni subiti.
A conforto della propria pretesa l'attrice ha dedotto che la tettoia de qua è stata apposta in difetto della distanza di tre metri rispetto alla veduta dal di lei balcone, pregiudicando il correlato suo diritto all'uopo rilevando l'assenza di autorizzazione.
Ugualmente, l'attrice ha rappresentato l'avvenuta compromissione della sicurezza del suo immobile, essendo stata creata la possibilità di ivi accedere agevolmente, ritenuto che la struttura il legno era stata agganciata in aderenza alla soletta del suo balcone con limitazione alla veduta in appiombo dallo stesso.
I convenuti si sono costituiti in giudizio contestando la procedibilità della domanda non essendo stato esperito il necessario preventivo tentativo di mediazione obbligatoria.
Nel merito, i comproprietari della unità posta al piano terra hanno contestato la domanda attorea evidenziando che la facoltà di realizzare la tettoia era espressamente prevista in una clausola presente e ratificata in tutti i contratti di acquisto degli immobili facenti parte del complesso residenziale e, anche, nel regolamento condominiale, riportandone il testo.
Il Giudice ha disposto l'introduzione del procedimento di mediazione e, all'esito negativo dello stesso, ha istruito la causa con i documenti allegati in atti e la perizia depositata le cui risultanze sono state fatte proprie nella motivazione della sentenza.
Il Tribunale ha accolto la pretesa in ordine alla rimozione della tettoia per i motivi in appresso esposti.
Distanze tra costruzioni e vedute ex art. 907 c.c.
L'art. 907 c.c. rubricato "Distanza delle costruzioni dalle vedute" recita "Quando si è acquistato il diritto di avere vedute dirette verso il fondo vicino, il proprietario di questo non può fabbricare a distanza minore di tre metri, misurata a norma dell'articolo 905. Se la veduta diretta forma anche veduta obliqua, la distanza di tre metri deve pure osservarsi dai lati della finestra da cui la veduta obliqua si esercita.
Se si vuole appoggiare la nuova costruzione al muro in cui sono le dette vedute dirette od oblique, essa deve arrestarsi almeno a tre metri sotto la loro soglia".
È palese il divieto assoluto che impone il dettato richiamato nello stabilire la distanza minima che deve intercorrere tra un manufatto e le vedute esistenti.
Al contempo, è altrettanto chiaro il contemperamento dei reciproci interessi dei soggetti interessanti, in tale previsione, atta a garantire il diritto alla riservatezza dell'uno ed alla luce, aria e, anche sicurezza, dell'altro.
Ulteriormente, la norma prescrive espressamente che la distanza di tre metri deve sussistere in tutte le direzioni, in quanto il diritto di affaccio deve potersi realizzare di fronte, obliquamente e lateralmente sulla proprietà altrui.
Tanto ribadito, nella fattispecie per cui è causa, dalla esperita indagine, comprensiva delle opportune misurazioni ad opera del consulente nominato dal Giudicante, le doglianze della attrice sono risultate fondate poiché la tettoia è stata realizzata in aderenza alla soletta del di lei balcone aggettante e posizionata ad una distanza inferiore a quella imposta dall'art. 907 c.c.
Tale violazione si pone, dunque, in contrasto con il diritto di veduta in appiombo della attrice e di godimento dei luoghi e della sua proprietà.
Costituzione di servitù mediante clausola contrattuale
Fermo quanto sopra osservato, nel caso che ci occupa, i convenuti non hanno contestato l'assenza del rispetto della distanza di cui all'art. 907 c.c. ma, diversamente, hanno assunto la legittimità dell'opera compiuta in ragione della esistenza di una clausola prevista in tutti i contratti di acquisto, ed in base alla quale sarebbe stato a loro concesso il diritto di installare la tettoia.
Per un esame intellegibile della eccezione mossa dai convenuti, è utile ed opportuno riportare testualmente detta clausola per poterne apprezzarne adeguatamente il tenore e la portata "e si precisa che i proprietari dei lastrici solari, delle terrazze a livello nonché dei giardini a piano terra, purché nel rispetto ed osservanza della vigente normativa urbanistica edilizia e catastale e previo rilascio dei necessari titoli edilizi, hanno diritto e facoltà di ivi installare, a propria cura e spese, strutture in legno lamellare senza dover corrispondere alcun indennizzo al condominio o ai singoli condomini né dover ottenere autorizzazioni o consensi dal condominio o dai singoli condomini".
Ebbene, preso atto della clausola di cui sopra, occorre rappresentare che, qualora si intenda derogare alla normativa codicistica afferente alle distanze legali tra costruzioni, tale determinazione e volontà dovrà essere convenuta e cristallizzata in un atto, ivi prevedendo precisamente i presupposti, le condizioni ed i termini del venir meno del limite imposto dalle norme.
Nella fattispecie che ci occupa, la clausola dedotta non appare avere tali requisisti non emergendo, anche dalla semplice interpretazione testuale della stessa, una deroga all'art. 907 c.c. non essendo esplicitata.
Invero, non vi è alcuna indicazione che le strutture ivi menzionate possano essere posizionate ad una distanza inferiore a tre metri.
Pertanto, a giusto avviso del Giudicante, la dizione della clausola de qua, in quanto espressa con formulazione generica, non è atta a costituire una servitù, non avendo in sé tutti gli elementi necessari ad individuare il contenuto oggettivo del peso imposto sopra un fondo per l'utilità di altro fondo di altro proprietario.
Sul punto, l'orientamento della Giurisprudenza di merito, è concorde nel ravvisare che "Nel caso di specie a conferma della riconducibilità della tettoia nell'ambito della nozione di "costruzione" è, d'altro canto, utile ricordare che, in tema di violazione delle norme sulla distanza delle costruzioni dalle vedute, ai sensi dell'art. 907 cod. civ. per costruzione deve intendersi l'opera destinata per la sua funzione a permanere nel tempo, e, tuttavia, il carattere di precarietà della medesima non esclude la sua idoneità a costituire turbativa del possesso della veduta come in precedenza esercitata dal titolare del diritto.
Né può avere rilevanza l'eventuale "condono edilizio" concesso, non avendo incidenza nei rapporti tra privati, i quali hanno ugualmente facoltà di chiedere le tutela ripristinatoria apprestata dall'art. 872 cod. civ. per le violazioni delle distanze previste dal codice civile e dalle norme regolamentari integratrici" (Tribunale Salerno sez. II, 13/07/2017, n.3524).
Alla luce di quanto sopra, il Giudice ha accolto la domanda di rimozione e rimessa in ripristino, rigettando quella risarcitoria ritenuto che solo con la comparsa conclusionale l'attrice aveva argomentato la sua pretesa e, quindi, tardivamente e, comunque, in assenza di allegazioni in termini di godimento della proprietà e minor valore o di pregiudizio.