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La sospensione della delibera condominiale dopo la Cartabia

Come chiedere la sospensione dell'efficacia della deliberazione assembleare prima dell'introduzione del giudizio di merito? Come funziona la procedura cautelare?
Avv. Mariano Acquaviva 
27 Dic, 2023

È noto che l'impugnazione di una deliberazione condominiale non comporti automaticamente la sua sospensione; ciò significa che essa continua ad essere efficace nonostante sia pendente un procedimento giudiziario. Così testualmente il terzo comma dell'articolo 1137 del codice civile: «L'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria».

Per ottenere la sospensione della delibera condominiale occorre quindi avanzare un'apposita istanza, eventualmente anche prima dell'inizio della causa di merito, sulla quale il magistrato dovrà decidere valutando i possibili ed irrimediabili danni che dall'esecuzione della stessa possono derivare.

A seguito della riforma Cartabia, la disciplina della sospensione della delibera condominiale ha subito un ritocco che, nel prosieguo, andremo ad analizzare.

Perché l'impugnazione non sospende la delibera?

La scelta del legislatore, secondo cui l'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione salvo che questa non venga ordinata dall'autorità giudiziaria, mira a salvare l'immediata efficacia delle decisioni assembleari da pretestuose azioni giudiziarie che, se avessero sempre la capacità di sospendere l'esecuzione delle deliberazioni impugnate, rischierebbero di condurre la gestione condominiale a una pericolosa stasi.

Questa eventualità non è, comunque, del tutto preclusa: il giudice adito, sussistendone i presupposti, può ordinare la sospensione dell'efficacia della deliberazione impugnata, sempreché ne sia stata fatta espressa richiesta da parte dell'attore.

L'istanza per ottenere la sospensione può essere proposta anche prima dell'inizio della causa di merito. Di tanto parleremo nel prosieguo.

La sospensione della delibera condominiale prima della Cartabia

La nota riforma del diritto condominiale avutasi con la legge n. 220/2012 ha previsto che l'istanza per ottenere la sospensione, proposta prima dell'inizio della causa di merito, non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione.

Si tratta delle ipotesi in cui si ricorre al tribunale in via cautelare ai sensi degli artt. 669-bis e ss. cod. proc. civ., come espressamente ammesso dallo stesso quarto comma dell'art. 1137 cod. civ. («Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I»).

Se, pertanto, il condomino che si duole di una deliberazione intende ricorrere d'urgenza al tribunale per chiedere la sospensione immediata dell'efficacia di una decisione, deve rammentare che il termine di trenta giorni utile per l'impugnazione della deliberazione continua a decorrere nonostante l'instaurazione del procedimento cautelare.

Ciò significa che, in queste ipotesi, il condomino è costretto a percorrere una strada biforcuta: da un lato, deve proporre ricorso per ottenere la sospensione in via cautelare (l'art. 669-bis cod. proc. civ. asserisce espressamente che «La domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente», escludendo quindi radicalmente l'atto di citazione); dall'altro, entro il consueto termine di trenta giorni, deve proporre impugnazione, previo esperimento della mediazione obbligatoria.

Insomma: il legislatore induce a una presentazione congiunta di domanda cautelare e di merito.

Instaurato con ricorso il procedimento cautelare innanzi al Tribunale (trattasi di competenza per materia), il giudice, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento richiesto, provvedendo con ordinanza all'accoglimento o al rigetto della domanda (così l'art. 669-sexies, cod. proc. civ.).

Qualora la convocazione della controparte dovesse pregiudicare l'attuazione del provvedimento, il giudice provvede direttamente con decreto inaudita altera parte, assunte ove occorra sommarie informazioni.

In tal caso fissa, con lo stesso decreto, l'udienza di comparizione delle parti davanti a sé entro quindici giorni, assegnando all'istante un termine perentorio non superiore a otto giorni per la notificazione del ricorso e del decreto.

A tale udienza il giudice, con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto.

La mediazione è tempestiva se comunicata alla controparte?

La sospensione delle deliberazioni condominiali dopo la riforma Cartabia

La celebre riforma Cartabia (D. lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 149) ha inciso, seppur in maniera limitata, anche sulla questione della sospensione delle delibere condominiali.

In particolare, l'articolo 1, comma 11, del sopracitato d. lgs. n. 149/2022, stabilisce che all'articolo 1137, comma 4, cod. civ., le parole «, con l'esclusione dell'articolo 669-octies, comma 6, del codice di procedura civile» sono soppresse. Di conseguenza, il richiamo delle norme sui procedimenti cautelari in generale diventa integrale.

L'art. 3 del succitato decreto legislativo modifica il sesto comma dell'articolo 669-octies cod. proc. civ., introducendo le seguenti parole: «e ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari adottati ai sensi dell'articolo 1137, quarto comma, del codice civile»; nonché l'ottavo comma dell'articolo 669-octies, nel senso che dopo le parole «di cui al sesto comma,» sono inserite le seguenti: «né dei provvedimenti cautelari di sospensione dell'efficacia delle deliberazioni assunte da qualsiasi organo di associazioni, fondazioni o società».

In pratica, la riforma Cartabia ha inteso stabilire che il regime di non applicazione del procedimento di conferma previsto dall'art. 669-octies e dal primo comma dell'art. 669-nonies cod. proc. civ. si estenda anche ai provvedimenti di sospensione dell'efficacia delle delibere assembleari, adottati ai sensi dell'articolo 1137, quarto comma, cod. civ., ferma restando, anche per questi casi, la facoltà di ciascuna parte di instaurare il giudizio di merito.

La conseguenza pratica è che l'ordinanza di accoglimento della sospensione non deve fissare alcun termine perentorio per incardinare il giudizio di merito.

L'intervento riformatore ha quindi un evidente scopo deflattivo del contenzioso, invitando l'attore ad "accontentarsi" del provvedimento cautelare il quale, già da solo, potrebbe soddisfare le sue pretese.

In buona sostanza, le parti sono spinte ad abbandonare il giudizio di merito, senza che ciò incida sul provvedimento cautelare di sospensione dell'esecuzione della deliberazione.

Conseguentemente, sono state apportate modifiche al fine di prevedere che l'estinzione del giudizio di merito non determini neppure l'inefficacia dei provvedimenti cautelari di sospensione delle deliberazioni assembleari.

Si presume quindi che l'istante, soddisfatto dalla misura d'urgenza, non possa avere più interesse alcuno a che venga duplicato l'accertamento giudiziale del suo diritto in sede di cognizione piena.

Tanto è confermato dall'ultimo comma dell'art. 669-octies, cod. proc. civ., secondo il quale «L'estinzione del giudizio di merito non determina l'inefficacia dei provvedimenti di cui al sesto comma, né dei provvedimenti cautelari di sospensione dell'efficacia delle deliberazioni assunte da qualsiasi organo di associazioni, fondazioni o società, anche quando la relativa domanda è stata proposta in corso di causa».

Tanto è vero che il sesto comma del sopracitato art. 669-octies, cod. proc. civ., esclude espressamente l'applicazione del primo comma dell'art. 669-novies, cod. proc. civ., secondo il quale «Se il procedimento di merito non è iniziato nel termine perentorio di cui all'articolo 669-octies, ovvero se successivamente al suo inizio si estingue il provvedimento cautelare perde la sua efficacia».

Insomma: lo scopo è di scoraggiare il ricorso al giudizio di merito ritenendo sufficiente la tutela approntata in via cautelare, la quale non decade anche se non seguita da un accertamento a cognizione piena.

La riforma Cartabia, però, non esclude che il provvedimento cautelare di sospensione possa essere impugnato attraverso la proposizione di un reclamo, così come non è escluso che il giudizio instaurato dal singolo condomino possa proseguire su iniziativa del condominio convenuto.

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