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La rinuncia al riscaldamento centralizzato non è a costo zero

Per distaccarsi dall'impianto di riscaldamento condominiale è necessario rispettare le condizioni poste dalla legge a garanzia dei condomini che continuano ad usufruire del servizio comune.
Avv. Adriana Nicoletti 
23 Mag, 2025

La delibera che impone al condomino di pagare il consumo involontario è valida. Il fatto e la decisione

Due condomini, previa autorizzazione dell'assemblea, si erano distaccati dall'impianto centralizzato di riscaldamento con l'obbligo di contribuire al pagamento degli oneri di manutenzione straordinaria, dei costi di mantenimento e di messa a norma dell'impianto.

L'assemblea, in seguito, aveva deliberato un ricalcolo, anche per il futuro e sempre nella stessa misura, della quota di consumo involontario di competenza delle unità distaccate. Tale delibera veniva impugnata per nullità (violazione della normativa in tema di ripartizione delle spese) e annullabilità (genericità della questione da trattare; assenza di documentazione tecnica; eccesso di potere).

Il condominio si costituiva in giudizio evidenziando, con riferimento ai c.d. consumi involontari, che la relazione tecnica illustrativa presentata dagli attori a lavori già ultimati era carente quanto alla dimostrazione della mancanza di aggravi di spesa per gli altri condomini ed alla sussistenza di un risparmio energetico dichiarato ma non quantificato.

Peraltro, con una delibera successiva all'avvenuto distacco e precedente rispetto a quella oggetto di impugnativa, l'assemblea servendosi di una relazione tecnica di parte aveva stabilito di ripartire i consumi involontari tra i condomini indicandoli nella misura del 30%, di gran lunga inferiore rispetto alla percentuale del 50% prevista dal D.Lgs. n. 102/2014 poi modificato dal D.Lgs. n. 73/2020.

Il Tribunale di Varese, con sentenza n. 325 in data 21 aprile 2025, ha rigettato la domanda.

La sentenza non ha ravvisato alcun motivo di nullità nella delibera impugnata sotto il profilo di violazione di norme di legge, quali gli artt. 1123, co. 2 e 1118, co. 4, c.c., ritenendo che sussiste, a carico del condomino, l'obbligo di contribuire alle spese dei c.d. "consumi involontari", da intendersi quelli che sono riconducibili alle dispersioni di calore generate dalle tubature che passano nei muri comuni, ancora prima che queste raggiungano le unità immobiliari.

L'impianto, invero, è strutturato per servire tutti gli appartamenti a prescindere dal fatto che il condomino sia o meno allacciato alla rete di distribuzione.

In particolare, è stata presa in considerazione, sul punto, la giurisprudenza che, in un caso analogo, aveva recepito le affermazioni del consulente tecnico d'ufficio ad avviso del quale era stato precisato che tale obbligazione vige "…in base ai parametri di cui alla normativa UNI 10200:2015 (d. lgs. n. 102/2014), sul presupposto che il c.d. consumo involontario sia "sempre presente" in caso di distacco…" (Cass. 12 ottobre 2022, n. 29838).

Concludendo, sul punto, ad avviso del giudicante l'obbligatorietà di tali spese anche per chi sia distaccato dall'impianto di riscaldamento non può, quindi, produrre nullità della relativa delibera, per la cui approvazione è sufficiente un voto di maggioranza, ove i condomini abbiano stabilito di derogare "ai criteri legali di calcolo dei consumi, atteso che il detto consumo è stato introdotto da una norma di legge".

La delibera in questione non è stata dichiarata neppure annullabile per vari motivi: l'oggetto di cui all'ordine del giorno era stato formulato in modo chiaro, tanto che parte attrice si era fatta rappresentare in assemblea da un tecnico di propria fiducia; la precedente delibera, che aveva introdotto il calcolo involontario, anche se non era stata mai messa in esecuzione, non era stata impugnata dalla stessa attrice e, da ultimo, sempre tale delibera aveva costituito il precedente naturale per la determinazione delle somme dovute a titolo di consumo involontario alle quali l'amministratore si doveva obbligatoriamente attenere.

Quando può legittimamente operarsi il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato?

Con il distacco dall'impianto centralizzato di riscaldamento permane un parziale obbligo di contribuzione

Il testo dell'art. 1118 c.c. è profondamente innovato rispetto alla versione precedente alla riforma del condominio. Il condomino resta titolare di un proprio diritto sulle parti comuni del quale non si può sbarazzare, così come è sempre obbligato a contribuire alle spese per la loro conservazione ma gode di un particolare privilegio quando, attraverso il distacco dall'impianto di riscaldamento o di condizionamento, rinunci al loro utilizzo.

Tale vantaggio si traduce in uno jus exclusionis parziale dal pagamento dei rispettivi oneri condominiali, in quanto limitato alle spese di gestione permanendo, invece, a suo carico quelle concernenti la manutenzione straordinaria dell'impianto, la sua custodia e messa a norma.

In concreto, quindi, con il distacco è stata introdotta la rinuncia al servizio di somministrazione del calore ma non alla proprietà dell'impianto stesso. A tale conclusione si perviene proprio esaminando l'ultimo comma dell'art. 1118 c.c., che ha individuato le categorie di interventi i cui oneri devono essere sostenuti anche da colui che abbia operato il distacco.

Un elemento di rilievo va individuato nel fatto che il distacco de quo viene considerato come un diritto condizionato dalla presenza di due fattori alternativi: la mancanza di squilibri notevoli di funzionamento dell'impianto o aggravi di spesa per gli altri condomini.

È evidente che la caratteristica prevalentemente tecnica di tali presupposti può essere dimostrata solo tramite l'espletamento di una consulenza che dovrà accertare l'entità, necessariamente espressa in modo indeterminato dal legislatore, degli scompensi nei duplici termini richiamati dalla norma.

Il riconoscimento in capo al condomino del diritto di non usufruire più del servizio comune non richiede al suo titolare l'obbligo di premunirsi di una autorizzazione rilasciata dall'assemblea. Questa, tuttavia, è una affermazione teorica e che non rispetta la realtà, dal momento che la prassi vuole che, preventivamente, il condomino che intenda procedere al distacco dall'impianto di riscaldamento comunichi all'assemblea la sua volontà, mettendo a disposizione della stessa la documentazione tecnica che dimostri la legittimità dell'intervento.

Tanto più che questo passaggio configura un assolvimento dell'onere della prova a carico del condomino che intende distaccarsi dall'impianto.

L'altro aspetto che qualifica il distacco è rappresento dall'obbligo del condomino, che si sia separato dall'impianto comune, di partecipare al pagamento del c.d. consumo involontario. La ripartizione tra questo ed il consumo volontario ha preso forma con il D.Lgs. n. 102/2014, poi modificato dal D.Lgs. n. 73/2020, con il quale è stata introdotta nel nostro sistema legislativo la c.d. "contabilizzazione del calore" che ha posto rimedio, anche e non solo, a quella eventuale penalizzazione economica, derivante dall'operazione di distacco dalla centrale termica da parte del singolo utente, che per anni ha rappresentato un elemento di freno per tale intervento e che si era andata a sommare alle possibili cadute nel funzionamento di un impianto, progettato per servire un determinato numero di immobili.

Sul punto si può affermare che oramai la questione sia stata risolta in modo definitivo dalla giurisprudenza di merito, per cui la decisione in commento non aggiunge nulla di più rispetto ad un orientamento oramai granitico e che, comunque, non potrebbe essere diverso considerato che lo stesso trae origine anche dalla norma UNI 10200, introdotta a supporto del D.Lgs. n. 102/2014, la quale ha precisato che la c.d. quota involontaria è "sempre presente" anche in caso di distacco.

Sentenza
Scarica Trib. Varese 21 aprile 2025 n. 325
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