Con pronuncia emessa in data 13 gennaio 2025, n. 137, il Tribunale di Salerno accoglieva la domanda di risarcimento danni formulata inizialmente da un proprietario di un appartamento (successivamente dagli eredi per il decesso dell'istante, a causa di accumulo di materiale all'interno dell'intercapedine che aveva causato diverse infiltrazioni d'acqua le quali producevano molteplici danni anche beni mobili presenti nell'immobile.
L'attore evocava in giudizio il proprietario del piano superiore ed il condominio per sentirli condannare al risarcimento dei danni occorsi all'abitazione di proprietà, nonché per il persistente stato di insalubrità dello stato dei luoghi, richiedeva, altresì, il risarcimento anche per l'aggravamento delle patologie respiratorie di cui era affetta l'istante.
Si costituiva il convenuto-condominio il quale contestava la fondatezza della domanda formulata ed insistendo per il rigetto. Si costituiva, altresì, il proprietario del piano superiore, che eccepiva l'infondatezza della domanda e se chiedeva il rigetto.
Instaurato il contraddittorio, all'udienza di prima comparizione, il giudice dichiarava l'interruzione del giudizio a causa del decesso dell'attrice. Il processo, nei termini di legge, veniva riassunto dagli eredi dell'attrice e veniva autorizzata l'integrazione del contraddittorio.
La causa veniva istruita con prove orali e disposta CTU tecnica, e, successivamente, medica.
La previsione normativa della responsabilità per custodia
La fattispecie posta al vaglio del giudice monocratico, va correttamente inquadrata nell'ambito della previsione normativa di cui all'art. 2051 c.c., in tema di danno cagionato da cose in custodia.
La responsabilità per custodia presuppone la sussistenza di un rapporto di custodia della cosa e una relazione di fatto tra un soggetto e la cosa stessa, tale da consentire il potere di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa.
Responsabilità del custode: nesso causale e caso fortuito
Chiarito quanto innanzi, la menzionata norma non esime il danneggiato dall'onere di provare il nesso causale tra cosa in custodia e danno, ossia dimostrare che l'evento si è prodotto in conseguenza della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode offrire la prova contraria alla presunzione iuris tantum della sua responsabilità, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioè del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità e di assoluta eccezionalità (cfr. Cass. civ. sez. VI-III, 30 marzo 2022, n. 10188; Cass. civ. sez. VI- III, 11 marzo 2011, n. 5910; Cass. civ. sez. III, 01 aprile 2010, n. 8005; Trib. Salerno n.1137/2022).
Nello specifico, per quanto riguarda la posizione del danneggiato, va precisato che il relativo onere probatorio si ritiene assolto con la dimostrazione -anche tramite presunzioni- che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, che caratterizza la cosa, in ragione di un processo in atto o una situazione determinatasi tali da attribuire alla cosa stessa che si è a volte indicata come "idoneità al nocumento", a prescindere dalla prova dell'intrinseca dannosità o pericolosità della cosa medesima o del comportamento commissivo od omissivo del custode (Cass. civ. sez. III, 13 febbraio 2002, n. 2075; Cass. civ. 20 luglio 2002, n. 10641; Cass. civ. 16 febbraio n. 2331).
In altri termini, in considerazione della natura oggettiva della responsabilità, grava sul danneggiato l'onere della prova circa il nesso causale tra la res e d il danno e, il custode, per sottrarsi alla responsabilità, ha l'onere di provare che il danno sia dipeso da caso fortuito, idoneo ad interrompere il nesso causale (Trib. Nola 17 settembre 2024, n. 2470).
Posto ciò, siamo nell'alveo della c.d. responsabilità oggettiva, e necessita che sussista il nesso di causalità tra cosa in custodia e il danno arrecato, non avendo rilievo, in alcun modo, il comportamento del custode in ordine all'obbligo di vigilanza sul bene in custodia (Cass. civ. sez. III, 20 ottobre 2005, n. 20317).
Accertamento della responsabilità del custode per infiltrazioni
Dalle risultanze processuali, è emersa la piena responsabilità del custode-condominio, in virtù delle prove fornite dagli attori nello svolgimento della fase istruttoria del processo, con riferimento all'individuazione della cause che ha creato il fenomeno infiltrativo, alla luce anche della consulenza tecnica depositata dall'ausiliario del giudice, eliminando qualsivoglia dubbio circa l'ascrivibilità della responsabilità dell'evento dannoso in capo al convenuto.
Infatti, le cause dei fenomeni infiltrativi e muffe erano state individuate nell'umidità dell'intercapedine, la quale non assolveva la funzione totale di separazione tra fabbricato e terrapieno in quanto era stata più volte lamentata la presenza di materiale di risulta.
Di contro, il condominio, non ha fornito la prova liberatoria circa l'interruzione del nesso eziologico tra i danni subiti dall'istante e la cattiva manutenzione dell'intercapedine condominiale.
Dunque, si rilevava la fondatezza della domanda che veniva accolta, con la condanna del convenuto-condominio al risarcimento danni nei confronti dell'attore, con la condanna a rifondere le spese di lite.
Conclusioni sulla responsabilità per custodia e prove necessarie
L'art. 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilità che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicché incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l'evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima (Cass. civ. S.U. 30 giugno 2022, n. 20943).