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La responsabilità del costruttore per vizi può essere estesa anche ai gravi difetti dell'opera, garantendo una tutela rafforzata al committente

Come il committente può tutelarsi efficacemente e richiedere il risarcimento dei danni in caso di vizi costruttivi.
Avv. Caterina Tosatti 
17 Giu, 2025

Laddove il giudizio di responsabilità per vizi contro appaltatore e/o costruttore prenda le mosse come denunzia ai sensi dell'art. 1667 c.c., non è impedito al Giudice del merito di riqualificare la domanda come accertamento dei vizi ex art. 1669 c.c., anche quando afferendo i vizi ad elementi secondari ed accessori, siano essi tali da incidere negativamente, pregiudicandoli in modo considerevole nel tempo, sulla funzionalità e sul godimento dell'immobile.

Così la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 12922 del 14 maggio 2025, torna sull'annosa questione del rapporto tra vizi costruttivi e garanzie di cui alle due norme menzionate.

Fatto e decisione

Un Condominio, unitamente ad alcuni condòmini che agiscono a titolo personale, chiese la condanna della Immobiliare Alfa Srl (impresa che aveva edificato il palazzo) e della Beta Snc (appaltatrice, per ora accontentiamoci di questa definizione, di cui diremo infra) in solido tra loro per il risarcimento del danno derivante dai vizi delle unità abitative costituenti il Condominio.

In I° grado, il Tribunale adito accolse la domanda, condannando la Alfa Srl e la Beta Sna in solido a rifondere Euro 10.000,00 circa agli attori e condannò la sola Alfa Srl a risarcire gli ulteriori danni ai proprietari delle singole abitazioni.

La Beta Snc appellò la sentenza e la Alfa Srl interpose appello incidentale solo verso gli attori (Condominio e condòmini), ma la Corte d'Appello respinse entrambi i gravami, nella contumacia del Condominio e dei condòmini.

Secondo la Corte d'Appello, non v'era spazio per accogliere il gravame, atteso che, in primo luogo, correttamente il Tribunale aveva ritenuto corresponsabili in solido la Alfa Srl e la Beta Snc a titolo di responsabilità ex art. 1669 c.c., non accogliendo invece la tesi, sostenuta dalla Beta Snc in appello, secondo cui, avendo Condominio e condòmini fatto valere la responsabilità contrattuale della costruttrice Alfa Srl ai sensi degli art. 1167 e 1668 c.c., non potevano essi avere azione contro l'appaltatrice Beta Snc. In secondo luogo, la Corte d'Appello non ritenne il Condominio decaduto dalla garanzia per i vizi dell'edificio, visto che lo stesso aveva concluso un accordo con la Alfa Srl nel marzo 2008, volto ad obbligare la Alfa Srl a ripristinare ed eliminare i vizi - perché, riteniamo, la Corte aveva ravvisato l'operatività dell'esenzione dal termine di prescrizione in caso di riconoscimento del vizio da parte dell'appaltatore, di cui all'art. 1667, 2° comma, c.c. - e, sempre secondo la Corte, la denunzia dei vizi era "valida ed efficace anche nei confronti della Beta Snc".

Infine, la Corte d'Appello ritenne che la condanna solidale al risarcimento dei danni di costruttrice ed appaltatrice che, lo apprendiamo per la prima volta in questo punto della pronuncia, era stata incaricata dei lavori di ripristino (immaginiamo siano quelli cui la Alfa Srl si era vincolata con il Condominio nell'accordo del marzo 2008 citato sopra), trovasse il suo fondamento nella posizione di garanzia che entrambe avevano assunto per i vizi dell'opera realizzata, avendo peraltro la CTU svolta in I° confermato l'esistenza dei vizi per come lamentati dal Condominio.

La Beta Snc a questo punto ricorre per cassazione, ma anche i giudici di legittimità confermano, sostanzialmente, le pronunce di merito dei primi due gradi di giudizio.

Il punto dirimente su cui si attesta il ragionamento della Corte di cassazione relativo al rigetto del ricorso è proprio quello attinente al rapporto tra la denunzia dei vizi ai sensi dell'art. 1667 e quella ai sensi dell'art. 1669 c.c.

Secondo la Beta Snc, la Corte d'appello (e prima ancora il Tribunale) sarebbe incorsa nel vizio di extrapetizione - cioè, avrebbe concesso agli attori, Condominio e condòmini, più di quanto da questi richiesto - perché, da un lato, avrebbe individuato, quale fatto costitutivo della domanda degli attori, il contratto di appalto (tra Alfa Srl e la Beta Snc) che, a differenza del contratto di compravendita dell'immobile condominiale, non era stato menzionato in citazione; dall'altro, avrebbe esteso alla Beta Snc la responsabilità invocata dagli attori nei confronti dell''Alfa Srl, affermando che i vizi riscontrati erano addebitabili anche all'appaltatrice, a titolo di responsabilità extracontrattuale, e condannando la stessa società in assenza di una domanda sul punto da parte degli attori.

La Cassazione rammenta che si ha vizio di ultrapetizione "quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell'azione ("petitum" o "causa petendi"), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ("petitum" immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ("petitum" mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori".

Nel caso di specie, detto vizio non è ritenuto sussistere. La domanda degli attori era rivolta ad entrambe le convenute, la costruttrice Alfa Srl e l'appaltatrice dei lavori di ripristino cui la prima si era obbligata nei confronti del Condominio nel 2008, la Beta Snc, per il risarcimento dei danni.

Posto che spetta in via esclusiva al giudice del merito stabilire se i difetti costruttivi sollevati dalla parte ricadano nella disciplina dell'art. 1669 c.c. oppure in quella di cui agli artt. 1667 e 1668 c.c., nella fattispecie concreta, il Giudice del merito del doppio grado ha ritenuto che i vizi, peraltro appalesati anche dalla CTU svolta, ricadessero nel novero di quelli disciplinati dall'art. 1669 c.c.

Appalto, se l'impresa riconosce l'esecuzione non a regola d'arte delle opere, il committente evita la denunzia dei vizi

Considerazioni conclusive

Rammentiamo, ad utilità del lettore, che le due norme sinora commentate, l'art. 1667 c.c. e l'art. 1669 c.c. disciplinano fattispecie differenti, anche quanto a termini ed esiti delle azioni.

L'art. 1667 c.c. attiene alla garanzia per vizi costruttivi e difformità dell'opera che l'appaltatore è tenuto a fornire al committente. In particolare, viene disposto, per quanto qui concerne, che: "il committente deve, a pena di decadenza, denunziare all'appaltatore le difformità o i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta.

La denunzia non è necessaria se l'appaltatore ha riconosciuto le difformità o i vizi o se li ha occultati. L'azione contro l'appaltatore si prescrive in due anni dal giorno della consegna dell'opera.

Il committente convenuto per il pagamento può sempre far valere la garanzia, purché le difformità o i vizi siano stati denunciati entro sessanta giorni dalla scoperta e prima che siano decorsi i due anni dalla consegna".

L'art. 1669 c.c. prevede invece che "Quando si tratta di edifici o di altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata, se, nel corso di dieci anni dal compimento, l'opera, per vizio del suolo o per difetto della costruzione, rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l'appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta. Il diritto del committente si prescrive in un anno dalla denunzia".

Sul punto di contatto tra le due, la Cassazione pare ormai graniticamente intesa a dirimerlo come visto sopra, come confermato da altra recente pronuncia, richiamata anche in quella in commento, l'ordinanza n. 1252 del 18 gennaio 2025, dove si spiega il meccanismo logico - deduttivo che il Giudice di merito deve seguire per dipanare la questione.

Allorché, specifica la Corte, a fondamento dell'azione siano dedotti difetti della costruzione così gravi da incidere sugli elementi essenziali dell'opera stessa, il giudice può qualificare la domanda proposta ricollegandola all'art. 1669 c.c., invece che considerarla quale richiesta di garanzia per le difformità e i vizi dell'opera ex art. 1667 c.c., fermo restando che non ricorre una differenza qualitativa tra le difformità e i vizi di cui all'art. 1667 c.c. e i "gravi difetti" di cui all'art. 1669 c.c., bensì quantitativa (attinente appunto al profilo della gravità, con specifico riferimento alla particolare categoria di beni interessati dalla tutela speciale: edifici e altre cose immobili destinate, per loro natura, a lunga durata).

Elemento da tenere presente: quando il committente di un'opera che presenti "gravi difetti" agisca e domandi non solamente il risarcimento del danno (unico criterio previsto dall'art. 1669 c.c.), ma in alternativa l'eliminazione dei vizi, la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto (rimedi previsti, con riguardo ai vizi di cui all'art. 1667 c.c., dall'art. 1668 c.c.), egli sarà ammesso a detti rimedi purchè non sia incorso nella decadenza stabilita dal secondo comma dell'art. 1667 c.c., dovendosi ritenere che, pur nella diversità della natura giuridica delle responsabilità rispettivamente disciplinate dalle anzidette norme (l'art. 1669 regola una fattispecie di responsabilità extracontrattuale, l'art. 1667 attiene ad un'ipotesi di responsabilità speciale contrattuale), le relative fattispecie si configurano l'una (l'art. 1669) come sottospecie dell'altra (l'art. 1667), perché i "gravi difetti" dell'opera si traducono inevitabilmente in "vizi" della medesima, sicché la presenza di elementi costitutivi della prima implica necessariamente la sussistenza di quelli della seconda (non vale, per contro, l'equazione inversa), continuando ad applicarsi la norma generale anche in presenza dei presupposti di operatività di quella speciale, così da determinare una concorrenza delle due garanzie, quale risultato conforme alla ratio di rafforzamento della tutela del committente sottesa allo stesso art. 1669 c.c. (così anche Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 19251 del 12/07/2024 e Sez. 2, Ordinanza n. 12814 del 10/05/2024, entrambi citate nell'ordinanza n. 1252/2025 sopra menzionata).

Allegato
Scarica Cass. 14 maggio 2025 n. 12922
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