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La responsabilità da bene in custodia viene determinata anche da elementi esterni?

Con la disamina dell'ordinanza, la Suprema Corte approfondisce alcuni aspetti della responsabilità ex art. 2051 c.c.
Avv. Nicola Frivoli 
27 Lug, 2022

Con ordinanza emessa in data 12 luglio 2022, n. 21977, la Corte di Cassazione, Sezione III, si è pronunciata su tre motivi di censura, rinvenienti da giudizio intrapreso dinanzi al Tribunale di Milano, dove l'attore chiedeva al giudice adito di dichiararsi la esclusiva responsabilità dei convenuti in relazione ai fenomeni di infiltrazioni d'acqua e dei susseguenti danni sopportati sul proprio appartamento, causati da lavori di ristrutturazione (rottura tubazioni) eseguiti nell'appartamento collocato al piano superiore di proprietà dei detti convenuti.

Si costituivano i convenuti che chiedevano il rigetto della domanda attorea e chiedevano, altresì, l'autorizzazione a chiamare in causa i tre appaltatori a cui avevano affidato i lavori, nonché il direttore dei lavori; dopo tale chiamata in causa di terzi, uno degli appaltatori chiamava in garanzia, a sua volta, l'assicurazione della responsabilità civile. Il giudice di prime cure rigettava la domanda con sentenza del 14 luglio 2017, n. 8008. Avverso tale pronuncia l'appellante proponevano gravame innanzi alla Corte d'Appello di Milano, che con pronuncia del 29 ottobre 2018, n. 4699, rigettava il gravame, ritenendo che:

  1. il convenuto che non poteva essere chiamato a rispondere dei danni ex art. 2051 c.c., perché nel caso di specie non ricorreva un'ipotesi dei danni arrecata dalla cosa, ma danni arrecati dal fatto dell'uomo;
  2. il convenuto non poteva essere chiamato a rispondere ex art. 2049 c.c. del fatto degli appaltatori, perché l'appaltatore opera in autonomia assumendone il rischio; la responsabilità del committente si sarebbe potuta invocare solo per culpa in eligendo o in vigilando, ambedue non sussistenti nel caso di specie;
  3. la domanda nei confronti dei uno degli appaltatori andava rigettata poiché, pur essendo certa l'esistenza del danno e la sua derivazione dai lavori di ristrutturazione commissionati dal convenuto, non era possibile stabilire quale, fra i tre appaltatori che si occuparono della ristrutturazione, avesse materialmente generato la causa del danno.

Avverso la decisione del giudice del gravame, il ricorrente-appellante proponeva ricorso in cassazione adducendo tre motivi di censura. Resistevano gli appellanti con controricorsi e ricorsi incidentali.

Analisi delle contestazioni nel ricorso per responsabilità da custodia

Con il primo motivo, il ricorrente denunciava, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 2051 c.c. Deduceva che tale norma doveva trovare applicazione sia quando il danno fosse arrecato dalla cosa per il suo intrinseco dinamismo, sia quando il danno sia arrecato dalla cosa per il fattore dannoso in essa insorto in conseguenza dell'opera dell'uomo.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2043 e 2049 c.c. Deduceva che erroneamente la Corte d'appello aveva precluso una culpa in vigilando aut in eligendo dei resistenti, nella scelta e nella vigilanza delle imprese cui affidò i lavori di ristrutturazione.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamentava, altresì, ai sensi dell'art. 360, n. 4, c.p.c., la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c.; nonché ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 2043, 2051 e 2055, c.c. Tale motivo anche se unitario conteneva plurime censure così riassumibili:

a) Aveva errato la Corte d'appello nel ritenere l'appellante avesse esteso la propria domanda nei confronti di uno solo fra i vari chiamati in causa, in realtà la domanda attorea doveva ritenersi automaticamente estesa a tutti i chiamati in causa, ivi compreso il direttore dei lavori, in virtù del principio secondo cui quando il convenuto alle che la responsabilità fosse ascritta a sé, ma ad un terzo, provvedendo a chiamarlo in causa, la domanda attorea si estendeva ipso iure al chiamato;

b) Erroneamente la Corte d'appello aveva ritenuto che alle imprese presenti sul cantiere erano stati affidati compiti diversi, con la conseguenza che l'una di esse non poteva essere chiamata in rispondere dei danni causati dalle altre;

c) La Corte d'appello aveva violato l'art. 2055 c.c., poiché essendo certa l'esistenza dei danni, ed essendo certa la loro derivazione causale dei lavori di ristrutturazione eseguiti nell'appartamento soprastante, era superfluo accertare quale fra le varie imprese presenti sul cantiere aveva eseguito l'operazione materiale fonte di danno.

Fondatezza del ricorso: accolto il primo motivo.

Secondo gli ermellini il primo motivo di ricorso è fondato, posto che il proprietario di un appartamento, infatti, risponde ai sensi dell'art. 2051 c.c., dei danni causati dalla rottura di una tubazione, causata dall'appaltatore cui siano stati affidati lavori di restauro.

Tale principio granitico è stato ripetutamente affermato, secondo cui l'art. 2051 c.c., trova applicazione sia quando il danno sia stato arrecato dalla cosa in virtù del suo intrinseco dinamismo, sia quando sia stato arrecato dalla cosa in conseguenza dell'agente dannoso in essa fatto insorgere dalla condotta umana (in tal senso Cass. civ. sez. III, 4 giugno 2004, n. 10649; Cass. civ. sez. III, 28 marzo 2001, n. 4480; Cass. civ. sez. III, 16 febbraio 2001, n. 2331; così già Cass. civ. sez. III, sentenza 27 marzo 1972, n. 987). Perciò, è del tutto irrilevante, al fine di escludere la responsabilità ex art. 20151 c.c., che il possesso dannoso sia stato provocato da elementi esterni, quando la cosa sia suscettibile di produrre danni (Cass. civ. sez. III, sent., 18 giugno 1999, n. 6121).

Responsabilità da cose in custodia: un utile vademecum della Cassazione

Responsabilità del custode per lavori affidati a terzi.

Il Collegio, nella disamina della fattispecie posta alla sua attenzione, rileva che la responsabilità del custode non può essere esclusa per il sol fatto che questi abbia affidato a terzi lavori di restauro.

È evidente che salva l'ipotesi in cui l'appalto comporti il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguito il lavoro appaltato, non viene meno per il committente detentore dell'immobile stesso che continui ad esercitare siffatto potere, il dovere di custodia e di vigilanza (Cass. civ. sez. III, sentenza 23 dicembre 2021, n. 41435; Cass. civ. sez. III, ordinanza 4 novembre 2021, n. 31601; Cass. civ. sez. III, sentenza 17 marzo 2021, n. 7553).

Secondo motivo di ricorso è inammissibile

Secondo la Cassazione il secondo motivo di censura è da dichiararsi inammissibile, atteso che il ricorrente censura la valutazione delle prove, tali aspetti esulano dal perimetro del giudizio di legittimità del Collegio.

Terza censura inammissibile ed infondata

Anche il terzo motivo di ricorso (contenenti plurime censure) è da dichiararsi inammissibile per i primi due punti di censura. Per la prima, in virtù dell'estraneità alla ratio decidendi (lett, a); la seconda delle suesposte censure (lett. b), è inammissibile perché investiva la valutazione delle prove.

Infine, il terzo punto di censura (lett. c) per la Suprema Corte è infondato perché la Corte d'appello non ha violato l'art. 2055 c.c., in quanto aveva ritenuto, giustamente, di tale norma mancante il presupposto: ovvero la compartecipazione colposa di più soggetti alla causazione del medesimo evento dannoso.

Tale valutazione è da considerarsi corretta, posto che l'applicazione del detto art. 2055 c.c. esige un accertamento di un nesso di causalità tra le varie condotte dell'evento di danno, aspetto indimostrato dal Tribunale.

Infine, i ricorsi incidentali, che vertono sulla regolazione delle spese, restavano assorbiti e valutati ex novo dal giudice di rinvio.

In conclusione, la Suprema Corte accoglieva il primo motivo di ricorso principale, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, decidendo anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità; dichiarava assorbiti i ricorsi incidentali.

Sentenza
Scarica Cass. 12 luglio 2022 n. 21977
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