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L'infinita saga del diritto d'uso dei posti auto in ragione della “legge ponte”

La questione decennale degli spazi destinati a parcheggio negli edifici di nuova costruzione.
Avv. Alessandro Gallucci 

Quando si dice che in Italia le leggi sono scritte male, si può portare ad esempio la decennale questione degli spazi destinati a parcheggio negli edifici di nuova costruzione. A partire dal 1967 – anno di promulgazione della c.d. legge ponte (la n. 765), che andava a modificare la legge n. 1150/42 – in ogni edificio di nuova costruzione bisogna rispettare una ben precisa proporzione tra metri cubi costruiti e metri quadri destinati a parcheggio.

Il problema, fino al 2005, è stato il seguente: quei parcheggi così realizzati sono destinati all’uso dei proprietari delle unità immobiliari? Oppure sono cedibili ed utilizzabili liberamente? Una serie di norme, normette, sentenze e sentenzine hanno ingarbugliato la vicenda.

Fino al 2005, dicevamo: quello fu l’anno di promulgazione della legge 246, che ha posto fine ad un’infinita querelle. Da allora i parcheggi devono essere realizzati ma, poi, possono circolare liberamente.

Circolare giuridicamente è sottointeso! Nonostante ciò, il contenzioso pre 2005 è ancora ben presente nelle aule di piazza Cavour tant’è che di recente, lo scorso 5 giugno 2012 (sent. n. 9090), la Cassazione è tornata ad occuparsi della vicenda.

Nella fattispecie dei condomini lamentavano l’impossibilità di utilizzare i parcheggi realizzati dal costruttore e chiedevano venisse accertato tale diritto. Ciò è avvenuto in primo grado ma la sentenza è stata ribaltata in sede d’appello.

Da qui il ricorso agli ermellini “ l'unico motivo del ricorso principale – si legge in sentenza – denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 1150 del 1942, art. 41 sexies, nonchè vizio di motivazione, lamentando che la sentenza impugnata, pur dando atto della inapplicabilità nella fattispecie ratione temporis della nuova disposizione di cui alla L. n. 246 del 2005, art. 12, comma 9, abbia negato che la disposizione citata di cui all'art. 41 sexies, ponesse vincoli d'uso in favore degli occupanti dell'edificio nei confronti degli spazi interni ai fabbricati destinati a parcheggio, affermandone, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, la loro piena disponibilità e commerciabilità da parte del proprietario" (Cass. 5 giugno 2012 n. 9090).

A fronte di questa doglianza i giudici di legittimità hanno affermato che “ il motivo appare manifestamente fondato, apparendo la ratio decidendi accolta dalla sentenza impugnata in contrasto con l'orientamento di questa Corte, secondo cui la norma di legge posta dall'art. 41 sexies citato, come modificata dalla L. 6 agosto 1967, n. 765, art. 18, attribuisce al soggetto che abita stabilmente l'unità immobiliare sita nell'edificio un diritto reale d'uso sullo spazio destinato a parcheggio interno che non ecceda il limite minimo prescritto dalla legge, con l'effetto che gli atti di disposizione dello stesso da parte del suo titolare incontrano un limite interno nell'obbligo di rispettare e quindi salvaguardare tale vincolo di destinazione (Cass. n. 15509 del 2011; Cass. n. Cass. n. 13857 del 2001; Cass. n. 4197 del 2000)" (Cass. 5 giugno 2012 n. 9090).

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