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La pompa di calore con fluido gassoso deve stare a debita distanza dal confine del vicino

La pompa di calore alimentata a gas deve essere installata a distanza legale dal confine, mentre le strutture leggere come i gazebo non seguono le stesse regole.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
3 Lug, 2025

Il rispetto delle distanze legali tra proprietà confinanti favorisce la civile convivenza tra vicini, consentendo di evitare inutili interferenze reciproche e, soprattutto, prevenendo il sorgere di controversie giudiziarie. A tale proposito si segnala una recente decisione del Tribunale di Genova pronunciata all'esito di una lite tra proprietari confinanti (sentenza n. n. 1624 del 16-06-2025).

Vicenda e decisione

Il proprietario di un'abitazione ha citato in giudizio i vicini confinanti. L'attore sostiene che i convenuti hanno installato un condizionatore esterno e di una struttura tipo gazebo in ferro, collocati in prossimità del confine tra le proprietà, in assenza di autorizzazione e in presunta violazione delle distanze legali.

In particolare l'attore sostiene che il motore del condizionatore, fissato sul lato esterno dell'abitazione dei vicini, si trova a meno di un metro dalla recinzione che separa i due lotti.

In altre parole ritine che il funzionamento dell'impianto, soprattutto durante il periodo estivo, generi un flusso costante di aria calda diretto verso la sua proprietà, compromettendone la vivibilità. Non solo. L'attore lamenta pure la presenza di gazebo collocato su pavimentazione cementizia e ancorata stabilmente al suolo.

Tale manufatto si troverebbe a una distanza inferiore al metro dal confine, con alcuni montanti laterali posizionati a circa 33 centimetri dalla proprietà del ricorrente.

Alla luce di questi elementi l'attore ha chiesto al Tribunale di ordinare l'arretramento dei manufatti o la loro rimozione, qualora non fosse tecnicamente possibile spostarli, oltre al risarcimento per i danni patrimoniali e personali derivanti dall'utilizzo indebito dello spazio confinante.

I convenuti, da parte loro, si sono difesi sostenendo la piena legittimità degli interventi. I vicini sostengono che la pompa di calore è stata installata esclusivamente per la produzione di acqua calda sanitaria ed è attiva solo nel periodo estivo, quando l'abitazione è abitata.

Inoltre sottolineano che l'apparecchio installato è rispettoso dell'ambiente, consuma poca energia e non rilascia sostanze dannose, né produce effetti negativi sul contesto circostante.

Per quanto riguarda il gazebo i convenuti notano che è privo di pareti e caratterizzato da una struttura leggera, non costituisce un corpo di fabbrica e quindi non è soggetto alle distanze minime tra edifici previste dal codice civile.

I convenuti quindi concludono sostenendo che entrambe le opere sono stabilite a distanza regolare e che non arrecano danno o disturbo al vicino. In ogni caso contestano il comportamento dell'attore, che avrebbe negato l'accesso alla propria proprietà, impedendo la realizzazione di alcuni lavori di manutenzione, e per questo hanno richiesto un risarcimento in via riconvenzionale.

La consulenza tecnica disposta dal Tribunale ha messo in rilievo i pericoli per il vicino collegati all'apparecchio contestato.

In particolare il CTU ha evidenziato i rischi per l'attore spaziano dal rischio di esplosione (anche se di modesta entità e/o accidentali) al rischio di "immissione del gas che vista l'esigua distanza dal confine potrebbe non aver il tempo sufficiente per la dispersione nell'ambiente".

Del resto, come ha notato lo stesso CTU, la marcatura CE o la dichiarazione di conformità impiantistica (D.M. 37/08), pur obbligatorie, non annullano del tutto i pericoli.

Proprio in ragione di questo rischio, valutato caso per caso, si è ritenuta applicabile la disciplina dell'art. 889 c.c., comma 2. Il Tribunale ha quindi accolto la richiesta di arretramento, dell'apparecchio (la pompa di calore dovrà essere riposizionata a debita distanza dal confine, come indicato nella perizia tecnica del CTU). Per quanto riguarda il gazebo, il giudice genovese ha tenuto conto del parere del CTU che ha ritenuto la struttura leggera e, quindi, non riconducibile nell'ambito delle costruzioni; in virtù di tale valutazione, il manufatto non è stato ritenuto assimilabile a una costruzione in senso tecnico e, pertanto, non soggetto all'applicazione dell'art. 873 c.c. relativo alle distanze legali tra edifici.

In ogni caso il giudice ligure ha respinto la richiesta di risarcimento in via equitativa dell'attore, per l'evidente genericità della domanda e la mancanza di qualsiasi seppur minimo riscontro probatorio. Rigettata pure la domanda riconvenzionale formulata dai convenuti, risultata infondata.

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Considerazioni conclusive

Il secondo comma dell'art. 889 c.c. prevede che pozzi, cisterne e tubi contenenti liquidi o gas debbano essere collocati ad almeno un metro dal confine tra proprietà. Tale disposizione si fonda su una presunzione assoluta di dannosità, con la conseguenza che l'applicabilità di detta norma prescinde da ogni indagine circa la assenza, in concreto, di una potenzialità dannosa della condotta posta a distanza inferiore a quella legale (Trib. Lamezia Terme 11 ottobre 2023, n. 823). Si precisa che, in considerazione della ratio della norma, il legislatore ha reputato del tutto irrilevante, ai fini del rispetto delle distanze, la sussistenza o meno di un muro divisorio sul confine, e ciò non solo per le opere previste dal comma 1, ma anche per i tubi di acqua, gas e simili, ai quali fa riferimento il comma 2 (Cass. civ., sez. II, 12/02/1980, n. 1013).

Naturalmente, la disciplina di cui all'art. 889, secondo comma, c.c. può estendersi anche alle pompe di calore e ai relativi collegamenti impiantistici, nonché, in generale, a tutte quelle opere e impianti non espressamente menzionati dalla norma.

Tale estensione, tuttavia, è ammissibile solo in presenza di una potenzialità dannosa concretamente accertata, valutata caso per caso. In tal senso, una decisione della Cassazione risalente nel tempo ha affermato che è possibile riconoscere alle opere atipiche lo stesso regime previsto per quelle indicate dalla norma, qualora si riscontri un livello di rischio analogo, tale da giustificare un trattamento giuridico equiparabile (Cass. civ., sez. II, 06/06/1974, n. 1662).

Merita infine di essere notato che la pompa di calore descritta nella sentenza contiene gas R410A che, secondo il Regolamento UE 2024/573, dal 1° gennaio 2025 non può più essere utilizzato nei nuovi impianti di climatizzazione monosplit con carica inferiore a 3 kg (gli impianti già installati con R410A possono continuare a funzionare, ma la manutenzione sarà possibile solo finché ci saranno scorte disponibili).

Allegato
Scarica Trib. Genova 16 giugno 2025 n. 1624
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