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La mediazione è condizione di procedibilità del giudizio solo quando prevista dalla legge?

Secondo il Tribunale di Catanzaro l'eventuale obbligo previsto nel contratto non può limitare l'accesso delle parti alla tutela giurisdizionale.
Avv. Gianfranco Di Rago 
8 Mar, 2023

Anche se nel contratto di appalto stipulato tra l'impresa edile e il condominio sia stata prevista una clausola che obbliga le parti al preventivo esperimento di una procedura di mediazione, entrambe sono libere di agire in via giudiziale per la tutela dei propri interessi.

Quindi, ad esempio, l'impresa che abbia emesso una fattura rimasta impagata potrà senza indugio depositare un ricorso per decreto ingiuntivo.

La mediazione, infatti, può considerarsi condizione di procedibilità, dunque "obbligatoria", soltanto laddove ciò sia previsto da una disposizione di legge.

Questo quanto si legge nella recente sentenza del Tribunale di Catanzaro n. 289, pubblicata lo scorso 22 febbraio 2023.

La libertà di agire in giudizio nonostante la clausola di mediazione

Nella specie un condominio, in persona dell'amministratore pro tempore, aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui il Tribunale di Catanzaro gli aveva ingiunto di pagare una somma di denaro in favore di un'impresa edile a titolo di saldo residuo del prezzo convenuto per l'esecuzione dei lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria propedeutici all'installazione di un impianto fotovoltaico.

A sostegno dell'opposizione il condominio aveva eccepito in via preliminare il mancato esperimento del previo tentativo di conciliazione volontaria, così come previsto da una disposizione del contratto di appalto, che nella fattispecie prevedeva di attivare il tentativo di conciliazione innanzi alla Camera di Commercio di Catanzaro.

Si era quindi costituita in giudizio l'opposta impresa edile, la quale aveva evidenziato l'insussistenza della eccepita improcedibilità della domanda, evidenziando al riguardo che la clausola contrattuale invocata dal condominio opponente non precludeva la richiesta del decreto ingiuntivo, in quanto il tentativo di conciliazione doveva essere attivato solo nella successiva fase di opposizione.

Il Tribunale rigettava l'eccezione di improcedibilità della domanda formulata dal condominio, richiamando a tal riguardo una decisione della Suprema Corte del 2008, nella quale era stata confermata la legittimità di quanto statuito in quel caso dal giudice di merito, evidenziando che "costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato che il patto che preveda l'obbligo di esperire il tentativo di amichevole composizione di una lite non comporta alcuna preclusione all'esercizio dell'azione giudiziaria, atteso che i presupposti processuali per la validità del procedimento, rispondendo ad esigenze di ordine pubblico, possono trovare ragione di sussistenza soltanto nella legge e non nell'autonomia privata, per cui soltanto il legislatore può derogare al principio del libero ed incondizionato esercizio dell'azione civile, ove non ricorra un patto compromissorio o una rinuncia all'azione stessa, e imporre condizioni di procedibilità.

Ne consegue che l'inosservanza di una clausola contrattuale che obblighi le parti, prima di promuovere l'azione giudiziaria, ad esperire un tentativo di amichevole componimento della lite può determinare unicamente conseguenze di natura sostanziale, come l'obbligazione di risarcimento del danno, ma non ha rilevanza nel sistema processuale e non comporta l'improcedibilità, neppure temporanea, dell'azione giudiziaria promossa senza aver ottemperato all'obbligo menzionato, non implicando detta clausola rinuncia alla tutela giurisdizionale" (Cass. civ., n. 28402/2008).

Mediazione in condominio. Quali sono i requisiti di procedibilità?

Riflessioni sulla condizione di procedibilità nella mediazione

La decisione del Tribunale di Catanzaro suscita qualche perplessità. Infatti, fermo restando quanto indicato a suo tempo dalla Suprema Corte nella citata decisione, occorre evidenziare che il D.Lgs. n. 28/2010, la cui entrata in vigore risale al marzo 2010, ha previsto - al comma 5 dell'art. 5 - che nel caso in cui nel contratto sia stata inserita una clausola di mediazione e il tentativo non risulti esperito, il giudice, su eccezione di parte, proposta nella prima difesa, assegni alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.

È vero che detta disposizione non prevede nulla di specifico sull'improcedibilità dell'eventuale giudizio, ma corre l'obbligo di evidenziare che la rubrica dell'art. 5 significativamente recita "Condizione di procedibilità e rapporti con il processo" e che il predetto comma 5 esordisce con "fermo quanto previsto dal comma 1", laddove si tratta appunto dell'improcedibilità.

Vi sono anche dei più recenti precedenti di merito che hanno concluso in senso opposto a quello del Tribunale di Catanzaro (si vedano, anche se con motivazioni a loro volta non immuni da riserve: Trib. Roma, 4/11/2017; Trib. Milano, 7/02/2022). È però anche vero che la parziale riscrittura del D.Lgs. 28/2010 operata dalla c.d. Riforma Cartabia, nell'introdurre il nuovo art. 5-sexies, ha ora specificamente previsto che "quando il contratto, lo statuto o l'atto costitutivo dell'ente pubblico o privato prevedono una clausola di mediazione, l'esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale".

Quanto sopra potrebbe anche far ritenere che la precedente versione della predetta disposizione non contemplasse la "sanzione" dell'improcedibilità, visto che il legislatore delegato ha ritenuto di esplicitare le conseguenze del mancato rispetto della clausola contrattuale di mediazione.

Sentenza
Scarica Trib. di Catanzaro n. 289 del 22 febbraio 2023
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