Con pronuncia emessa in data 9 ottobre 2024, n. 15452, il Tribunale di Roma decideva la domanda formulata da un locatore in virtù di un contratto di locazione abitativo transitorio, con determinazione della data di rilascio nei confronti del conduttore.
Il ricorrente-locatore introduceva il giudizio con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., al fine di accertare e dichiarare il legittimo esercizio della facoltà di diniego di rinnovo del contratto alla prima scadenza ai sensi dell'art. 3 l. n.431/1998, e, perciò, far dichiarare la risoluzione del contratto di locazione stipulato tra le parti, chiedendo al giudice adito l'emissione dell'ordinanza provvisoria di rilascio ai sensi dell'art. 30 l. n.392/1978.
Il conduttore non si costituiva e veniva dichiarato contumace.
Disdetta per mancato rinnovo del rapporto locatizio
Per la disamina di tale pronuncia, va precisato che la disdetta è un atto negoziale ammissibile alle scadenze contrattuali al fine di evitare il rinnovo del rapporto contrattuale. La manifestazione unilaterale da parte del proprietario dell'immobile è volta a far cessare la locazione alla successiva scadenza.
Si tratta, sotto il profilo giuridico, di un tipico atto unilaterale, potestativo e recettivo ex artt. 1134 e 1135 c.c. Tale disdetta una volta giunta a conoscenza del destinatario, fa terminare la locazione (Trib. Roma 27 settembre 2012).
Facoltà di diniego nel contratto di locazione: norme e obblighi
L'altra forma negoziale di cessazione delle locazioni, è il diniego di rinnovo, anche se solitamente si adotta la terminologia di disdetta.
Tale diniego di rinnovo interviene a seguito della Riforma abitativa del 1998, ma applicabili sia nei rapporti residenziali che quelli ad uso diverso.
Nell'ambito abitativo, nei rapporti locatizi abitativi, ricordiamo il contratto libero, c.d. 4+4, contratto concordato, c.d. 3+2, 6 anni per gli usi diversi e 9 anni per gli alberghi.
Chiarito quanto innanzi, nel contemperamento delle opposte posizioni contrattuali, il legislatore ha conferito al locatore la facoltà di fare cessare il rapporto solo alla presenza di determinate situazioni, infatti nell'art. 3, l. n. 431/1998, sono elencati i motivi di diniego di rinnovo,
Perciò, nei contratti liberi o quelli concordati, si prevede che alla sola prima scadenza, il locatore, per il quale sussiste l'obbligo, in via generale di rinnovare tacitamente il contratto, possa avvalersi della facoltà di diniego, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, per uno dei motivi indicati nell'art. 3, della normativa citata.
Perciò nella comunicazione da inviare, il locatore, deve a pena di nullità, specificare il motivo di diniego tra quelli tassativi indicati nella detta norma. Nel caso di mancata indicazione della ragione del diniego o la mancata comunicazione nei termini, il rapporto locatizio si rinnoverà per lo stesso periodo.
Procedure legali per il rilascio dell'immobile in caso di diniego di rinnovo
Nel caso di ordinaria disdetta, infatti, il locatore a tutela del proprio diritto di ottenere la liberazione dei locali, avrà quale strumento giudiziale l'ordinario procedimento di licenza o sfratto per finita locazione di cui all'art. 657 c.p.c. Diversa, al contrario, la procedura giudiziaria per ottenere il rilascio a seguito di diniego di rinnovo.
Nel caso di contestazione e mancata spontanea consegna dell'immobile, si dovrà procedere non con l'intimazione di licenza o sfratto per finita locazione ma con il procedimento di cui all'art. 30 della l. n. 392/1978.
Tale disposizione vale sia per l'uso diverso che per l'abitativo atteso l'espresso richiamo di cui al comma 4 dell'art. 3 della l. n. 431/1998.
In pratica si tratta di dare corso ad una ordinaria causa di accertamento con il rito delle locazioni ex art. 447-bis c.p.c., come nella fattispecie posta al vaglio del Tribunale romano.
Il contratto di locazione ad uso transitorio
La figura della locazione di natura transitoria, non presente nel codice civile, ha assunto una posizione di particolare rilievo nel quadro delle locazioni ad uso abitativo, ricevendo espresso riconoscimento dapprima negli artt. 1 e 26 l. n. 392/1978 (entrambi abrogati dall'art. 14 l. n. 431/1998) e successivamente nell'art. 5 della detta l. n. 431/del 1998. La citata l. n. 431/1998, soprattutto al fine di evitare la frequente simulazione dell'uso transitorio, ha introdotto con l'articolo 5, una tipologia contrattuale autonoma, a sua volta suddivisa in due sotto-categorie: esigenze transitorie ordinarie e esigenze abitative di studenti universitari.
La categoria delle locazioni transitorie (articolo 5) deve rispondere, ora, a determinati requisiti formali inderogabili — come, per esempio, l'utilizzazione dei contratti-tipo stabiliti negli accordi locali quale condizione essenziale per la deroga alla normativa ordinaria, a pena di nullità o addirittura di inesistenza — alla luce del d.m. 16 gennaio 2017, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale serie Generale n. 62 del 15 marzo 2017, in vigore dal 30 marzo 2017, e dai precedenti accordi introdotti con d.m. 30 dicembre 2002. Infatti, secondo l'art. 2 del citato d.m. 30 dicembre 2002, i contratti di locazione di natura transitoria dovevano essere stipulati per soddisfare particolari esigenze del locatore o del conduttore, con particolare riferimento a quelle derivanti da mobilità lavorativa.
I contratti di locazione di natura transitoria di cui all'art. 5, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431, hanno durata minimo un mese e non superiore a 18 mesi. Tali contratti sono stipulati per soddisfare particolari esigenze dei proprietari o dei conduttori, quali: mobilità lavorativa; studio; apprendistato e formazione professionale; aggiornamento e ricerca di soluzioni occupazionali.
Requisiti essenziali per la validità del contratto di locazione transitorio
I contratti natura transitoria devono contenere una specifica dichiarazione che individui l'esigenza di transitorietà del locatore o del conduttore. Giunta alla scadenza, la locazione può proseguire alle medesime condizioni solo se, nell'approssimarsi del termine, la parte che ha dichiarato la propria esigenza transitoria di concedere o di disporre dell'immobile locato conferma . motivi di transitorietà indicati nel contratto; se il locatore non vi provvede, il contratto torna ad avere la durata ordinaria prevista dalla legge.
A riguardo il giudice romano, nel caso esaminato, ha sottolineato che il contratto transitorio difetta delle condizioni stabilite dalla legge per la sua qualificazione alla stregua di un valido contratto di locazione a uso transitorio, ove le parti contrattuali abbiano omesso di indicare specificatamente l'esigenza transitoria del locatore o conduttore, così da giustificare detta natura e la corrispondente durata, ed abbiano, altresì, omesso di allegare la documentazione comprovante la sussistenza delle esigenze abitative transitorie.
Peraltro, il contratto di locazione è stato rubricato erroneamente come contratto a canone libero, ex art. 2, comma 1, l. n.431/1998, ed il Tribunale competente, con apposita pronuncia, lo riporta nella configurazione idonea e legittima, così solo precisato nell'intestazione del contratto scritto, determinando la scadenza a quattro anni, alla luce della verificata ritualità della disdetta il contratto deve essere cessato nella data precisata, nel rispetto del quadriennio.
Implicazioni legali della mancanza di requisiti nel contratto di locazione transitorio
E' sicuramente condivisibile la decisione del Tribunale monocratico capitolino, secondo cui la stipula di un contratto transitorio ad uso abitativo, nel caso di mancanza dei presupposti, si trasforma in contratto di locazione ad uso abitativo, ex art. 2, comma 1, l. n. 431/1998, (c.d. 4+4), in virtù della sua invalidità (Cass. civ. 30 luglio 2015, n. 16196; Trib. Sassari 30 novembre 2023, n. 925).