Un amministratore, per ottenere il compenso, non solo deve dimostrare di aver lavorato, ma anche di averlo fatto correttamente, nell'interesse del condominio e nel rispetto delle regole.
In altre parole la mera esistenza di documenti contabili non è sufficiente a garantire il compenso, se viene accertato che il suo operato ha danneggiato il condominio o violato i suoi doveri.
A tale proposito si segnala una recente decisione della Corte di Appello di Bari (sentenza n. 793 del 27/05/2025).
Rendiconti non approvati e decreto ingiuntivo contestato
L' ex amministratore di un condominio predispone i rendiconti di gestione per gli anni dal 2005 al 2009, rendiconti poi cumulativamente sottoposti all'assemblea condominiale che non li approva. Tuttavia richiede ed ottiene un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, il quale si oppone contestando l'assenza di documentazione adeguata a supporto delle richieste di pagamento avanzate dall'amministratore.
Il giudice di primo grado ha accolto l'opposizione, dichiarando l'invalidità del decreto ingiuntivo a causa della mancata approvazione dei bilanci da parte dell'assemblea condominiale. In risposta, l'amministratore ha impugnato la decisione proponendo appello. La Corte ha respinto l'appello, confermando integralmente la sentenza di primo grado.
Conferma del rigetto per crediti non esigibili
Secondo i giudici di secondo grado, in mancanza della necessaria approvazione dell'assemblea condominiale, i crediti eventualmente risultanti in favore dell'amministratore dai rendiconti dallo stesso unilateralmente predisposti non possono dirsi liquidi ed esigibili.
Del resto la Corte ha osservato come l'ex amministratrice non abbia potuto negare come l'approvazione dei bilanci, in effetti, non sia mai avvenuta da parte dell'assemblea, mentre l'accettazione degli stessi da parte del nuovo amministratore, in sede di passaggio di consegne, non può certo sostituire l'approvazione assembleare.
In ogni caso stesso è stata comunque accertato la non esatta corrispondenza tra l'importo delle uscite riportate nella situazione di cassa predisposta dall'ex amministratore (e non approvata dall'assemblea) e le spese risultanti dai documenti giustificativi prodotti in giudizio, oltre all'indebita riscossione di quote per lavori straordinari dal condomino (per € 1658,05).
Come hanno correttamente precisato i giudici di secondo grado l'accertata mala gestio (derivante proprio dalla incompleta rappresentazione della gestione rilevata dallo stesso CTU) comporta certamente la perdita del diritto al compenso da parte dell'amministratore/mandatario e se ne ricorrono i presupposti una condanna risarcitoria (ma nel caso esaminato non è stata offerta prova certa del danno subito dal condominio).