Molte spesso una clausola di natura contrattuale del regolamento (vincolante per tutti i condomini) stabilisce che è vietato il collocamento di piante sopra o all'esterno dei davanzali delle finestre e dei balconi.
In tal caso è inutile tentare di mettere i vasi nei luoghi vietati ricorrendo ad efficaci sistemi di sicurezza perché anche l'adozione di particolari cautele non esclude l'operatività del divieto regolamentare ed il rischio di essere costretti, in via giudiziale, a spostarli in altro luogo consentito.
Per evitare sanzioni amministrative è necessario poi che il condomino consideri inoltre le eventuali prescrizioni dei regolamenti comunali i quali possono vietare di collocare sui parapetti dei terrazzi, dei poggioli, delle finestre, vasi, casse con piante, senza che gli stessi siano convenientemente assicurati o trattenuti con sbarre metalliche fissate sui lati esterni o con altri ripari fissi, atti ad eliminare qualsiasi pericolo di caduta su aree pubbliche o private di terzi.
Le fioriere del singolo condomino: le responsabilità
Qualora non vi fossero clausole del regolamento o prescrizioni del Comune, per evitare conflitti con gli altri condomini, è necessario rispettare pure quelle clausole volte a imporre regole minime di prudenza, come l'ancoraggio di detti contenitori alla ringhiera dei balconi o terrazze a livello per evitarne la caduta accidentale o l'utilizzo di sottovasi per evitare lo stillicidio.
Il semplice sgocciolamento dell'acqua dal balcone del vicino sulle finestre di chi sta di sotto o sulla facciata dell'edificio non integra un uso indebito del bene comune, né crea pericolo per l'incolumità altrui.
Tuttavia se il condomino facendo cadere copiosamente l'acqua nella proprietà esclusiva sottostante, genera uno stillicidio che supera la soglia della normale tollerabilità, il danneggiato può chiedere al giudice, anche in via d'urgenza, l'inibitoria di tale comportamento, oltre al risarcimento del danno, anche non patrimoniale (che però deve essere provato).
Del resto non bisogna dimenticare che secondo la Cassazione commette il reato di getto pericoloso di cose il condomino che, nell'innaffiare le piante del proprio balcone, fa sgocciolare l'acqua e il terriccio nell'appartamento sottostante, imbrattandone il davanzale e i vetri (Cass. pen. 10/04/2014 n. 15956). Allo stesso modo se vengono volontariamente gettati dal balcone sulla pubblica via rottami di un vaso pieno di terra si rischia di rispondere del reato di getto pericoloso di cose (che è un reato di mero pericolo, per cui non è affatto necessario che il gettito delle cose abbia provocato un effettivo danno).
Fioriere e occupazioni delle parti comuni: comportamenti leciti e illeciti
Naturalmente non è legittimo il comportamento del singolo condomino che occupa con una o più fioriere una rilevante porzione di una comune (ad esempio l'androne condominiale), trattandosi di un'occupazione stabile di una porzione di un bene comune.
Di conseguenza detta occupazione costituisce una sorta di abuso, impedendo agli altri condomini di partecipare all'utilizzo della parte comune, ostacolandone il libero e pacifico godimento e alterando l'equilibrio tra le concorrenti ed analoghe facoltà degli altri condomini.
Al contrario è perfettamente legittimo occupare una "ragionevole" porzione del lastrico solare per l'installazione di fioriere e dell'impianto per innaffiare le piante.
E non è neppure illecito il comportamento del condomino che delimita con delle fioriere una parte comune dell'edificio dove fa passare i tubi del proprio impianto di aria condizionata, non facendo certo un uso esclusivo della cosa comune (Cassazione 19 maggio 2014 n. 10968).
La trasformazione, da parte di un condomino, di una finestra in porta finestra per accedere al lastrico solare posto a copertura di un edificio e la collocazione di fioriere e ringhiere non costituisce una violazione dell'art. 1102 c.c. se rapportate alle caratteristiche strutturali dell'immobile.
In altre parole il più ampio uso del bene comune, da parte del singolo condomino, non configura comunque una lesione o menomazione dei diritti degli altri partecipanti, ove, ad esempio, esso trovi giustificazione nella conformazione strutturale del fabbricato (lastrico solare al quale sia possibile accedere solo dall'appartamento del singolo condomino che vuole usare in modo più intenso la copertura del palazzo).
Del resto qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non possano fare un pari uso della cosa comune (a cui non hanno accesso), la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che, in una materia in cui è prevista la massima espansione dell'uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali, pertanto, costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto.
In ogni caso il condomino è legittimato a servirsi della cosa comune per fini esclusivamente propri, traendone ogni possibile utilità, non potendosi intendere la nozione di "uso paritetico" in termini di assoluta identità di utilizzazione della cosa comune, lettura che comporterebbe un divieto sostanziale per ogni condomino di fare della cosa comune un miglior uso personale della cosa comune.