Di conseguenza, solo a questi ultimi incombono le relative spese di manutenzione.
Conferma della legittimità dell'istituto del condominio parziale è ora ricavabile dall'art. 1117 bis c.c., sulla cui base si afferma che si applica la normativa condominiale in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c.
Come di recente affermato dal Tribunale di Potenza con la sentenza n. 372 del 29 marzo 2023 il condominio, anche quello parziale, nasce (oltre che dal frazionamento dell'unica proprietà, anche) dalla condizione materiale e funzionale dei beni che lo compongono, nel loro asservimento alle singole proprietà solitarie.
Si può quindi avere all'interno di una struttura condominiale più ampia uno o più condomini parziali: si pensi ad esempio all'edificio costituito da più scale di accesso, tra loro indipendenti (scala A, scala B e così via). In questo caso si ha il condominio parziale per le scale, gli ascensori dei diversi accessi per i relativi appartamenti, oltre a eventuali ulteriori impianti al servizio delle sole scale di riferimento.
Ci si può allora interrogare su come debba essere composta l'assemblea del condominio parziale, chi abbia il diritto di voto e quali possano essere i motivi di annullamento delle relative delibere.
Questo tema è stato affrontato di recente dalla Corte di Appello di Genova con sentenza del 15 dicembre 2023.
Controversia su delibere condominiali e spese fognarie
La vicenda nasce da un decreto ingiuntivo ottenuto dal condominio nei confronti di un condomino sulla base di due precedenti delibere approvate con le debite maggioranze e non impugnate.
Il condominio promuove il giudizio di opposizione rilevando l'invalidità delle delibere in oggetto in quanto concernenti le spese del sistema fognario, impianto di interesse di soli due altri diversi condomini.
Il Giudice di primo grado, partendo dal presupposto della distinzione tra nullità ed annullabilità delle delibere, ha evidenziato che il caso di specie ricadeva nel profilo dell'annullabilità ma che non vi era stata alcuna impugnativa della delibera in oggetto ex art. 1137 c.c., ad oggi quindi pienamente valida. Con ciò ha rigettato le domande del condomino opponente.
Questi ha promosso appello avverso la sentenza di primo grado, evidenziando tra l'altro l'invalidità di una successiva delibera, domanda che, non avendo costituito oggetto del primo grado di giudizio è stata ritenuta inammissibile in quanto nuova.
La Corte ha osservato che non trova applicazione in ambito condominio la norma di cui all'art. 295 c.p.c. di sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. in attesa dell'esito del giudizio di impugnazione ex art. 1137 c.c. della predetta, nel frattempo promosso.
Oltre al fatto che, nel caso di specie, l'ingiunzione era stata ottenuta sulla base di precedenti delibere.
La Corte ha ripreso il ragionamento del primo Giudice, andando oltre a quanto da questi affermato. Ed infatti secondo la giurisprudenza già citata dal Tribunale, l'annullabilità delle delibere assembleari costituisce la regola generale, ai sensi dell'art. 1137 c.c., mentre la categoria della nullità ha un'estensione residuale ed è rinvenibile nelle seguenti ipotesi: mancanza originaria degli elementi costitutivi essenziali, impossibilità dell'oggetto in senso materiale o giuridico - quest'ultima da valutarsi in relazione al difetto assoluto di attribuzioni, contenuto illecito, ossia contrario a norme imperative o all'ordine pubblico o al buon costume (Cass. Sez. Un. 9839/21).
Conclusioni nel caso di specie: assemblea totalitaria
Evidenzia la Corte che un'ipotesi di nullità è astrattamente prospettabile nel caso di una delibera che, come nella specie, ha ripartito le spese inerenti un impianto fognario anche rispetto a proprietà che ad esso non sono allacciate.
Simile vizio si qualifica come incompetenza assoluta dell'assemblea nel decidere in merito alla ripartizione delle spese del relativo bene, qui dell'impianto fognario.
L'assemblea non può perseguire finalità extracondominiali (Cass., n. 5130 del 06/03/2007) e non può occuparsi dei beni appartenenti in proprietà esclusiva ai singoli condomini o a terzi. Il potere deliberativo dell'assemblea in tanto sussiste in quanto l'assemblea si mantenga all'interno delle proprie attribuzioni; ove vada oltre, la deliberazione ha un oggetto giuridicamente impossibile e risulta viziata da difetto assoluto di attribuzioni.
Questo difetto è un vizio che attiene all'an del potere assembleare: esso non dipende dal cattivo esercizio in concreto di un potere esistente, ma dalla carenza assoluta in astratto del potere esercitato. Ne consegue che la delibera è affetta da nullità radicale per "impossibilità giuridica" dell'oggetto.
Non così avviene quando l'assemblea adotti una deliberazione nell'ambito delle proprie attribuzioni, ma eserciti malamente il potere ad essa conferito. Ciò si ha quando essa adotti una deliberazione violando la legge, ma senza usurpare i poteri riconosciuti dall'ordinamento ad altri soggetti giuridici: in tali casi, la deliberazione è semplicemente annullabile, secondo la regola generale posta dall'art. 1137 c.c.
Effettuate queste premesse, la Corte si interroga se nel caso di specie l'assemblea, pronunciandosi sugli impianti fognari, è rimasta nell'ambito delle attribuzioni ex lege, oppure se si è occupata di una materia extracondominiale.
La Corte abbraccia la prima soluzione anche alla luce del regolamento di condominio che indica gli impianti condominiali.
Il ragionamento sotteso è il seguente: è vero che, secondo la giurisprudenza, nel caso di beni rientranti tra quelli ex art. 1117 c.c., destinati, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, al servizio e/o godimento esclusivo di una parte soltanto dell'edificio condominiale, quale potrebbe essere considerato l'impianto fognario, solo i proprietari delle unità immobiliari servite ne sono comproprietari e solo questi ultimi (e non gli altri condomini) hanno diritto di decidere in merito agli stessi, partecipando all'assemblea (Cass. 791/20; Cass. 4127/16).
Tuttavia, occorre prestare attenzione al caso di assemblea totalitaria.
Qualora l'assemblea totalitaria (quindi, anche con la partecipazione di condomini non comproprietari) abbia deliberato in merito a tali beni, la relativa delibera non è nulla, dal momento che l'assemblea poteva (e doveva) essere convocata unitariamente ed i condomini non interessati avevano l'obbligo di astenersi.
Di conseguenza, la delibera di un'assemblea totalitaria condominiale che decide su oggetti concernenti condominî parziali, con la partecipazione (...) di condomini esclusi dal singolo condomino parziale, è annullabile e non nulla, in quanto si è in presenza di un vizio formale, per irregolare composizione dell'assemblea del condominio parziale.
Al più, l'assemblea ha violato l'art. 1123 c.c., ma questo è motivo di annullabilità e non di nullità.
Viene da chiedere se non sia possibile, nel caso di assemblea svolta in via totalitaria, data la presenza dei due condomini titolari del bene in questione, con l'obbligo per gli altri di astenersi, se non sia possibile non considerare i voti di questi ultimi ma solo dei diretti interessati.
Ove tra loro coincidenti, non si potrebbe concludere per la validità della delibera parziale? Peraltro, nel caso di specie, gli argomenti trattati in assemblea erano anche temi di interesse di tutti e quindi necessitanti dei relativi voti.
E' noto che per le delibere assembleari che riguardano interventi ovvero modifiche di beni destinati solo a una parte dell'edificio, sono chiamati a votare e decidere esclusivamente solo i proprietari interessati (Cass. n. 1680/2015).
L'assemblea deve poggiare su questa circostanza: sia il quorum costitutivo sia quello deliberativo deve essere calcolato con esclusivo riferimento alle unità immobiliari di questi condomini (Cass. n. 4127 del 02.03.2016).
Infatti "la composizione del collegio e delle maggioranze si modifica in relazione alla titolarità delle specifiche parti oggetto della concreta delibera da adottare" (Cass.Civ. sez. II, 17.06.2016 n. 12641, Cass.Civ. sez. II, 16.01.2020 n. 791).
Vi è poi un precedente in tema di riparto spese del condominio parziale: "In tema di condominio parziale, è valida la delibera approvata in base alle tabelle dell'intero complesso edilizio. In mancanza di una ripartizione millesimale ad hoc del singolo edificio la decisione dell'assemblea non può essere considerata affetta da nullità" (Trib. Milano 21 luglio 2018). Anche se il riferimento delle tabelle millesimali ai sensi del primo comma dell'art. 1123 c.c. è all'intero stabile, esse possano essere utilizzate ai fini della ripartizione delle spese condominiali fra i condomini del condominio parziale: il rapporto di valore fra i singoli appartamenti ed il complesso delle unità immobiliari appartenenti a questi ultimi può essere determinato in base ai coefficienti millesimali indicati nelle tabelle, previa l'esecuzione delle operazioni aritmetiche necessarie per calcolare il nuovo rapporto di proporzione. (cfr. Cass. n. 1435 del 30.05.1966).
Certo, se il bilancio considera tutti i condomini e non solo i condomini parziali, la delibera di approvazione è invalida.
Il condominio parziale non è figura avulsa dall'organizzazione condominiale, tant'è che una capacità processuale del condominio parziale distinta da quella del condominio non esiste e anche il primo è rappresentato dall'amministratore condominiale (Cass. 651/00).
Ultima questione: spese legali del condominio
Da ultimo in tema di spese legali, la Corte richiama la Suprema Corte sulla cui base "è quindi da considerare nulla per impossibilità dell'oggetto la deliberazione dell'assemblea che, con riferimento ad un giudizio che veda contrapposti il condominio ed un singolo condomino, ponga anche a carico di quest'ultimo, pro quota, l'obbligo di contribuire alle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore o del consulente tecnico di parte nominati in tale processo, trattandosi di spese per prestazioni rese a tutela di un interesse comunque opposto alle specifiche ragioni personali del singolo condomino, e neppure, perciò, trovando applicazione in tale ipotesi l'art. 1132 c.c." (Cass. 1629/18).