Il Tribunale di Roma affronta nuovamente il tema, sempre molto dibattuto, anche dopo la riforma del 2012, circa il quorum necessario per votare la 'conferma' dell'Amministratore condominiale, cioè per rinnovare la fiducia ad un Amministratore già nominato da parte dell'Assemblea.
Conferma dell'Amministratore: sentenza sul quorum necessario
Tizio e Caia impugnano una delibera adottata il 27 giugno 2019 dal proprio Condominio; in particolare, essi lamentano che l'Amministratore Sempronio, in quella sede, sia stato confermato nella propria carica con un quorum insufficiente perché inferiore a quello previsto dall'art. 1136, 2° comma, c.c. (la maggioranza degli intervenuti all'Assemblea che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio).
Il Condominio, costituitosi in giudizio, eccepisce l'improcedibilità della domanda, sostenendo che Tizio e Caia, in sede di Mediazione obbligatoria pre-processuale, avevano rinunziato alla discussione concernente l'oggetto dell'impugnativa giudiziale - cioè, immaginiamo, il vizio relativo alla mancanza di quorum per la valida conferma dell'Amministratore.
Nel merito, il Condominio sosteneva l'infondatezza della domanda attorea, visto che Sempronio era stato nominato il 26 ottobre 2018 e che, secondo la difesa del Condominio, per la conferma era sufficiente l'ordinaria maggioranza prevista dall'art. 1136, 3° comma, c.c. (la maggioranza degli intervenuti all'Assemblea che rappresenti almeno 1/3 del valore dell'edificio).
Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 4435 del 22 marzo 2022, rigettata l'eccezione di improcedibilità per carenza della prova di quanto affermato dal Condominio circa la rinunzia, accoglie l'impugnativa circa l'assenza di valido quorum ed annulla la delibera, compensando per metà le spese di lite.
L'eterno dilemma circa la durata in carica dell'Amministratore
Come noto, l'art. 1129, 10° comma, c.c. post riforma del 2012, prevede che «l'incarico di amministratore ha durata di un anno e si intende rinnovato per eguale durata. L'assemblea convocata per la revoca o le dimissioni delibera in ordine alla nomina del nuovo amministratore».
Di qui si sviluppò un intenso dibattito, mai davvero sopito, circa la durata in carica dell'Amministratore, tra chi intese che la nuova norma creasse una sorta di 1+1, ad immagine e somiglianza di quanto avviene nei contratti di locazione e chi invece è giunto ad affermare che, alla prima scadenza, non sia necessaria conferma, per effetto del rinnovo automatico - ovviamente sempre a meno che l'Assemblea non lo revochi o l'Amministratore si dimetta - mentre dal terzo anno in poi sarebbe necessaria una conferma annuale.
Non si tratta di questione di poco momento, dato che ne dipende la stabilità di una posizione lavorativa - quella dell'Amministratore - nonché della gestione condominiale.
Peraltro, nel caso sottoposto al Tribunale romano, vi è un punto singolare, di cui l'estensore tratta solamente en passant nella propria motivazione, ma che avrebbe potuto avere un ruolo forse dirimente nella controversia: infatti, l'Amministratore Sempronio risultava nominato con delibera del 26 ottobre 2018, cosicché il suo incarico avrebbe avuto durata di un anno, quindi sino al 26 ottobre 2019 egli sarebbe stato regolarmente in carica.
A questo punto, più di ogni altra questione, l'azione attivata da Tizio e Caia si presenta comunque come inutile; infatti, a prescindere dalla delibera adottata il 27 giugno 2019 ed impugnata, la quale peraltro aveva segnato una conferma non necessaria dell'Amministratore Sempronio, che sarebbe stato in carica sino all'ottobre di quell'anno, essi hanno ottenuto sì l'eliminazione della delibera di giugno, ma l'Amministratore sarebbe comunque rimasto in carica sino all'ottobre e, secondo la teoria sul rinnovo automatico, in difetto di sue dimissioni o di revoca da parte dell'Assemblea, anche oltre tale data.
Sul punto giova rammentare altra giurisprudenza del Tribunale di Roma (sentenza 21 aprile 2020), che non prende posizione sulla durata dell'incarico, ma che tuttavia ci dice come il Giudice la pensa sul punto: in quella decisione, era stata adottata una delibera di conferma dell'Amministratore in seguito allo scadere del primo anno di mandato ed il Tribunale afferma che pur non essendo essa necessaria, «laddove l'Assemblea deliberi per la conferma, la maggioranza è sempre quella stabilita dall'art. 1136, 2° comma, c.c.».
Di conferma dell'Amministratore, peraltro, si parla in un'unica norma dedicata alla materia, cioè all'art. 1135, 1° comma, n. 01) c.c., tra le attribuzioni dell'Assemblea, riportando che essa provvede «alla conferma dell'Amministratore e all'eventuale sua retribuzione».
Tuttavia, ci sembra ormai confermata o non smentita la giurisprudenza che afferma l'equiparazione della delibera di conferma a quelle di nomina e revoca - per le quali, l'art. 1136, 4° comma, c.c. prevede la necessità di osservare il quorum di cui al 2° comma della stessa norma.
Questo perché, come ci ricorda anche il Tribunale di Roma, si tratta di delibere che hanno contenuto ed effetti giuridici uguali, dovendosi quindi applicare, per identità di ratio, le medesime disposizioni.
Ma qual è il quorum necessario, allora?
La 'matematica' delle Assemblee condominiali
Abbiamo più volte tentato di spiegare su queste pagine, a favore dei lettori, condòmini, Amministratori o avvocati che siano, la difficile 'matematica' dei quorum assembleari, dati i frequenti 'fraintendimenti' che vediamo accadere nella prassi.
Peraltro, nel caso esaminato dal Tribunale romano, non sappiamo con quale (doppio) quorum il Condominio in questione abbia deliberato, perché la sentenza riporta unicamente del voto favorevole alla conferma di Sempronio adottato da un gruppo di condòmini rappresentante 464 millesimi, ma non ci è dato sapere del conteggio delle teste e nemmeno del valore totale dell'edificio - se fosse 1,000 o inferiore o diverso.
Ribadiamo, a favore dell'odierno lettore, come vanno calcolati i quorum assembleari.
Innanzitutto, il Codice civile prevede la necessaria presenza di due quorum, uno costitutivo e l'altro deliberativo: significa che il primo dovrà essere verificato dal Presidente nominato dall'Assemblea prima di avviare la discussione su qualsiasi punto all'Ordine del Giorno, in quanto laddove il quorum costitutivo dovesse mancare, l'Assemblea non si ritiene validamente costituita - per l'appunto - e sarà pertanto necessario chiuderla ed attendere la convocazione di una successiva riunione.
Ove invece sussista il quorum costitutivo, il Presidente potrà dichiarare validamente costituita l'Assemblea, ma attenzione: egli dovrà anche porre mente agli argomenti all'Ordine del Giorno e verificare se alcuni di essi richiedano un quorum deliberativo superiore a quello costitutivo, perché, in tale caso, detti argomenti, in difetto di quorum deliberativo, non potranno essere messi al voto - per quanto possano semplicemente essere discussi.
Poniamo un esempio così da poterci intendere velocemente: il Condominio di Piazza Garibaldi è costituito da 20 partecipanti (intesi come condòmini, cioè proprietari) ed ha un valore millesimale complessivo di 1,000/1,000 millesimi.
All'Assemblea del 29 marzo 2022, in seconda convocazione, sono presenti 9 condòmini su 20; questi 9 condòmini assommano, in totale, a 450,00/1,000.
Avremo, quindi, che l'Assemblea sarà validamente costituita, trattandosi di seconda convocazione ed essendo presenti almeno 1/3 dei partecipanti al Condominio (infatti, su 20 condòmini, ne sono presenti più di 1/3, cioè più di 6) ed essendo i presenti rappresentanti di più di 1/3 del valore dell'edificio (infatti, su 1,000 millesimi ne sono presenti più di 333,00), come prescritto dall'art. 1136, 3° comma, c.c.
Questa Assemblea potrà poi validamente deliberare, ad esempio, circa l'approvazione dei rendiconti e preventivi; tuttavia, qualora all'Ordine del Giorno fosse prevista una decisione circa, ad esempio, la nomina o la revoca dell'Amministratore oppure circa l'installazione di impianti non centralizzati di produzione di energia da fonte rinnovabile (art. 1122 bis, 3° comma, c.c.), l'Assemblea non potrebbe deliberare, mancandole il quorum relativo alla metà del valore dell'edificio richiesto, per le decisioni indicate, dall'art. 1136, 4° e 5° comma, c.c.
Attenzione ancora al c.d. doppio quorum deliberativo: come sanno bene i lettori, l'art. 1136 c.c. richiede sempre un doppio quorum, cioè sia una maggioranza 'per teste' sia una 'per millesimi'. Se uno dei due difetta, la delibera sarà invalida. Anche qui, un esempio pratico può aiutare la comprensione.
Prendiamo sempre l'Assemblea di Piazza Garibaldi, costituitasi però questa volta con la presenza di 12 condòmini, portatori di 600,00/1,000 millesimi.
Poniamo il caso che l'Assemblea debba votare la revoca dell'Amministratore Mevio: a favore della revoca votano 7 condòmini, rappresentanti 490,00 millesimi.
Per quanto detto sopra, la revoca non è validamente approvata, difettando il 'secondo' quorum relativo alla metà del valore dell'edificio - per cui sarebbe stata valida se, oltre alla maggioranza degli intervenuti (quindi, almeno 7 su 12 condòmini presenti in Assemblea) si fosse raggiunta anche la metà del valore dell'edificio (cioè, almeno 500,00 millesimi).
Lo stesso sarebbe avvenuto se fosse stato raggiunto il quorum per millesimi, ma fosse mancato quello per teste.