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La clausola compromissoria del regolamento esclude la giustizia ordinaria e affida le controversie all'arbitro

La clausola compromissoria nel regolamento condominiale: come risolvere le controversie attraverso l'arbitrato irrituale, evitando il ricorso alla giustizia ordinaria.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
27 Mar, 2025

La clausola compromissoria è una disposizione contrattuale che consente ai condomini di risolvere eventuali controversie legate al condominio tramite un procedimento arbitrale, piuttosto che ricorrere alla giustizia ordinaria.

Questa clausola, inserita nel regolamento condominiale, stabilisce che le parti coinvolte accettano di sottoporre le dispute a un collegio arbitrale, che emetterà un lodo (ossia una decisione vincolante).

La clausola compromissoria può rappresentare uno strumento utile per risolvere le controversie in modo più snello.

La clausola può riguardare qualsiasi controversia inerente alla gestione condominiale, come ripartizione delle spese, manutenzione delle parti comuni o deliberazioni assembleari.

In merito all'arbitrato in ambito condominiale si pone il seguente problema: una clausola compromissoria prevista dal regolamento di condominio, che devolve le controversie ad un arbitro, determina l'incompetenza del giudice ordinario? Una recente decisione del Tribunale di Milano ha affrontato la questione offrendo una chiara risposta (sentenza n. 2313 pubblicata il 19 marzo 2025).

Arbitrato condominiale: l'incompetenza del giudice ordinario

La controversia è stata avviata da un condomino che ha citato il condominio davanti al Tribunale. L'attore ha richiesto l'accertamento e la dichiarazione della nullità della delibera assembleare del 12 giugno 2019, previa sospensione della sua efficacia esecutiva, oltre alla condanna del convenuto al pagamento delle spese processuali e dei compensi, comprensivi degli oneri di legge, nonché al pagamento di un importo corrispondente al contributo unificato.

La decisione assembleare "incriminata" ha stabilito quanto segue: "l'assemblea conviene, al fine di garantire la sicurezza del fabbricato e non ledere il diritto alla locazione della propria unità immobiliare di consentire affitti di almeno un mese, per evitare eccessivi turn over e comportamenti non consoni".

L'attore ha sostenuto la nulla la delibera perché volta a perseguire finalità estranee all'interesse condominiale, occupandosi di beni che appartengono in proprietà esclusiva ai singoli condomini.

In secondo luogo, lo stesso condomino ha dichiarato che il regolamento condominiale, così come il divieto previsto dal capo n. 9 utilizzato a sostegno giuridico della delibera, non poteva essergli opposto.

Lo stesso condominio ha notato che tale regolamento non era stato trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari del Comune di Milano e risaliva a un periodo antecedente al 16 settembre 1950, epoca in cui l'attore non era ancora condomino.

Il convenuto si è difeso eccependo, tra l'altro, l'incompetenza del Tribunale per la presenza nel regolamento di una clausola compromissoria, a mente del quale "tutte le vertenze dipendenti o comunque conseguenti dal presente rapporto di condominio insorgessero fra il condominio, l'amministratore ed i singoli condomini dovranno essere deferite al collegio arbitrale"; "Il Collegio Arbitrale deciderà in via inappellabile, in base ad equità, senza formalità di procedura". Il Tribunale ha dato torto all'attore.

Secondo il giudice milanese, attraverso la clausola sopra detta, i condomini hanno rinunciato all'azione giudiziaria per risolvere le controversie condominiali, con conseguente affidamento delle stesse ad una cognizione senza "formalità di procedura", da definirsi con una decisione resa secondo "equità.

In altre parole il Tribunale ha constatato che la clausola sopra detto ha previsto il rinvio delle controversie ad un arbitrato irrituale, cioè un arbitrato non vincolato da procedure formali che avrebbe risolto la controversia.

Di conseguenza il giudice lombardo ha dichiarato la propria incompetenza a decidere la causa e ha rimesso le parti al collegio arbitrale.

Differenze tra arbitrato rituale e irrituale nel condominio

L'arbitrato rituale si caratterizza per la sua struttura giuridica più formale, in cui le parti coinvolte affidano la controversia a un arbitro con l'intenzione di ottenere un lodo che abbia effetti equivalenti a una sentenza.

Questo tipo di arbitrato segue le regole del codice di procedura civile, in particolare gli articoli 806 e seguenti, e si configura come un procedimento sostitutivo rispetto alla funzione giurisdizionale del Tribunale.

Il lodo emesso dall'arbitro, una volta reso esecutivo ai sensi dell'articolo 825 c.p.c., può produrre effetti vincolanti e giuridicamente esecutivi, garantendo una risoluzione definitiva della controversia.

L'arbitrato irrituale è di natura negoziale e offre alle parti un approccio meno formale. In questo caso, si affida a un terzo il compito di risolvere la controversia in modo amichevole, senza ricorrere alle norme del codice di procedura civile.

Il lodo emesso nell'arbitrato irrituale non ha effetti giurisdizionali, ma si configura come un accordo contrattuale tra le parti.

È impugnabile solo in caso di vizi della volontà, come dolo, violenza o errore, oppure per incapacità delle parti o dell'arbitro.

In questa forma, l'arbitro assume il ruolo di mandatario delle parti, favorendo una soluzione basata sulla negoziazione piuttosto che sull'applicazione delle regole giuridiche.

La normativa in tema di arbitrato applicata al contesto condominiale introduce la possibilità di risolvere controversie anche fuori dall'autorità giudiziaria, senza contravvenire ai principi sanciti dagli articoli 806 e 808 c.p.c.

In quest'ottica si è affermato che, in tema di impugnazioni delle delibere assembleari, il comma 2 dell'art. 1137 c.c., nel riconoscere ad ogni condomino assente, dissenziente o astenuto la facoltà di ricorrere all'autorità giudiziaria avverso le deliberazioni dell'assemblea, non pone una riserva di competenza assoluta ed esclusiva del giudice ordinario e, quindi, non esclude la compromettibilità in arbitri delle relative controversie, le quali, d'altronde, non rientrano in alcuno dei divieti sanciti dagli articoli 806 e 808 c.p.c. (Cass. civ., sez. 6 - 2, 15/12/2020, n. 28508).

Del resto l'articolo 1138 c.c. nel negare che le norme del regolamento possano menomare i diritti di ciascun condomino e derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 c.c. non impone che l'impugnazione, sempre proponibile, debba necessariamente proporsi in sede giudiziale (App. Napoli 26 maggio 2022, n. 2324).

Sentenza
Scarica Trib. Milano 19 marzo 2025 n. 2313
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