Con ordinanza emessa in data 24 febbraio 2023, n. 5793, la Corte di Cassazione, Sezione VI, si è pronunciata sulla questione di regolamento di competenza sollevata nel corso di un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo da parte di un Condominio-opponente innanzi al Tribunale di Palermo, per contestare il provvedimento monitorio afferente il mancato pagamento di opere edili eseguite da una ditta appaltatrice-opposta.
Incompetenza del giudice adito per la presenza di una clausola compromissoria: la vicenda
Il Condominio poneva a fondamento della propria difesa l'eccezione preliminare di incompetenza del giudice adito in quanto nei due contratti di appalto stipulati tra le parti vi era una identica clausola compromissoria nella quale era prevista, in caso di insorgenza di controversie, la possibilità di adottare l'istituto dell'arbitrato, a determinate condizioni.
Il Tribunale siciliano emetteva ordinanza, dopo aver espletato il procedimento di media-conciliazione (negativo), con la quale non accoglieva l'eccezione di incompetenza sollevata dall'opponente e si dichiarava competente.
Avverso tale provvedimento il Condominio proponeva istanza di regolamento di competenza affidato ad un solo motivo, secondo cui il ricorrente denunciava: "la violazione e falsa applicazione degli art. 806-808,808 quater e 819 ter c.p.c. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1367 c.c.".
Per meglio dire, censurava che il Tribunale competente avesse interpretato la clausola compromissoria, inserita dei contratti di appalto stipulati dalle parti, come meramente facoltativa rispetto all'elezione del foro competente, richiamando, a fondamento del suo assunto, l'art. 1367 c.c., secondo cui: "nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno".
La Suprema Corte investita della fattispecie riteneva infondato il ricorso, esaminando l'unico motivo di censura.
La Cassazione dirime le questioni di competenza
In primo luogo, gli ermellini rilevavano che l'interpretazione di una clausola contrattuale, ai fini della risoluzione di una questione di competenza, rientrava nei poteri della Corte di cassazione che, in tale materia, è anche giudice del fatto, dovendo accertare se sia stato commesso un errore di rito (in tal senso Cass. civ. sez. VI, 2 ottobre 2020, n. 20996; Cass. civ. Sez. VI-I, 30 settembre 2015, n. 19546; Cass. civ. sez. I, 18 novembre 2015, 23629).
Accezione di clausola compromissoria
Per chiarezza espositiva, va precisato che la clausola compromissoria è da considerarsi un vero e proprio negozio giuridico autonomo al contratto in cui è inserito. Essa contiene al decisione delle parti di derogare alla competenza del giudice ordinario e di deferire ad arbitri la decisione di controversie future ed eventuali.
In virtù della sua autonomia, la clausola compromissoria può essere inserita materialmente nel documento contrattuale o in un successivo, separato atto.
La clausola compromissoria deve essere esplicita senza condizioni
Chiarito, in via preliminare, tali aspetti, Suprema Corte considerava che la competenza arbitrale contenuto nella disposizione di cui all'art. 808 quater c.p.c. si riferisce ai soli casi in cui il dubbio interpretativo verta sulla "quantificazione" della materia devoluta agli arbitri dalla relativa convenzione e non anche sulla stessa scelta arbitrale compiuta dalle parti (Cass. civ. sez. II, 24 settembre 2018, n. 22490).
Posto ciò, emergeva dalla clausola contrattuale in disamina che il riferimento anche al ricorso all'autorità giudiziaria ordinaria rendeva incerta la volontà delle parti sulla stessa scelta della compromissione in arbitri, non consentendo quindi di poter invocare il disposto di cui all'art. 808-quater c.p.c.
Secondo la Corte l'interpretazione data dal giudice di merito appare del tutto corretta, tenuto conto che il carattere eventuale e facoltativo della competenza arbitrale risulta già dal tenore letterale della clausola stessa; e ammesso e non concesso che vi fosse stato un margine di dubbio, questo sarebbe stato risolto in favore della competenza statale.
In conclusione, la Suprema Corte rigettava il ricorso; confermava la competenza del Tribunale di Palermo dinanzi al quale rimetteva le parti nel termine di legge.