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La canna fumaria installata dal ristoratore non sempre danneggia gli altri condomini: esempio pratico

La canna fumaria di un ristorante può essere installata senza danneggiare i condomini, a patto che rispetti le distanze e non alteri il decoro architettonico dell'edificio, come dimostrato da un recente caso giuridico.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 
Dic 28, 2024

L'esercizio di attività commerciali all'interno di unità immobiliari condominiali, in particolare quelle legate alla ristorazione, rende frequentemente indispensabile installare una nuova canna fumaria sulla parete esterna comune dell'edificio. Tale intervento non è ostacolato dal fatto che la realizzazione dell'impianto (e la responsabilità dell'autorizzazione commerciale) sia in capo al locatario dell'immobile. Tuttavia tale installazione è spesso oggetto di discussione tra condomini.

A tale proposito merita di essere segnalata la sentenza del Tribunale di Roma del 3 dicembre 2024 n. 18391.

Canna fumaria e conflitti tra condomini: il caso di un ristorante

Una società conduttrice di un locale commerciale nel quale veniva esercitata un'attività di ristorazione realizzava una canna fumaria che, partendo dal cortile di proprietà esclusiva dei locali adibiti a ristorazione, si innalzava fino al di sopra dell'ultimo piano dello stabile, correndo lungo la facciata dello stesso. Il condominio e alcuni condomini, come spesso accade, si rivolgevano all'Autorità Giudiziaria richiedendo, previo accertamento della lesione al decoro architettonico e del mancato rispetto delle distanze legali, la condanna dei convenuti alla rimozione della canna fumaria e, in subordine, la determinazione della percentuale di deprezzamento delle unità immobiliari (causato dal danno estetico e al decoro architettonico subito dall'edificio), con dichiarazione del diritto al risarcimento del danno, da quantificarsi in successivo giudizio.

Gli attori evidenziavano il divieto di esecuzione, fra l'altro, di opere modificative dell'estetica del fabbricato previsto da una clausola del regolamento di natura contrattuale, oltre che l'illegittimità dell'opera eseguita in quanto non oggetto di consenso assembleare. Il Tribunale ha dato ragione al ristoratore. Infatti la disposta CTU ha chiarito che la canna fumaria "incriminata" risulta ubicata nella facciata retrostante il caseggiato, in corrispondenza di una corte di pertinenza del locale al piano terra; in particolare, il consulente ha rilevato come la canna fumaria si sviluppi lungo la facciata laterale dell'immobile e, solo in parte, per circa 5 metri, orizzontalmente sopra il solaio del piano terra, ad una distanza di 1,70 m. dalle finestre e 1,10 m. dalle ringhiere dei balconi prospicienti la corte.

Di conseguenza, come ha chiarito lo stesso CTU, la posa in opera della canna fumaria non ha danneggiato alcun elemento architettonico ed ornamentale dell'edificio, risultando peraltro la stessa posizionata lungo la facciata interna, e non sulle facciate principali.

In ogni caso le distanze, per come chiarito dal CTU, sono state "rispettate e rientrano nelle tolleranze di legge".

Normative e limiti all'installazione di canne fumarie nei condomini

L'appoggio di nuova canna fumaria sul muro condominiale costituisce di regola modificazione consentita al singolo condomino dall'art. 1102 c.c., a condizione che non siano alterati stabilità, sicurezza e decoro architettonico del fabbricato condominiale. La Suprema Corte ha chiarito che l'appoggio di una canna fumaria (come, del resto, anche l'apertura di piccoli fori nella parete) al muro comune perimetrale di un edificio condominiale individua una modifica della cosa comune conforme alla destinazione della stessa, che ciascun condomino - pertanto - può apportare a sue cure e spese, sempre che non impedisca l'altrui paritario uso, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell'edificio, e non ne alteri il decoro architettonico; fenomeno - quest'ultimo - che si verifica non già quando si mutano le originali linee architettoniche, ma quando la nuova opera si rifletta negativamente sull'insieme dell'armonico aspetto dello stabile (Cass. civ., sez. II, 16/05/2000, n. 6341).

Alla luce di questi principi si deve ritenere che se la canna fumaria costituisce una sovrastruttura di notevoli dimensioni apposta nella facciata del palazzo, priva di qualsiasi collegamento dal punto di vista architettonico o funzionale con la parete esterna dell'edificio, è destinata inevitabilmente ad alterare notevolmente l'estetica dell'edificio, costituendo un elemento di grave degrado, soprattutto se l'ingombro della struttura provoca ombra sulle finestre dei vicini, diminuendone la luminosità (Trib. Milano 19 marzo 2016, n. 3559).

È possibile che il singolo condomino non possa installare una nuova canna fumaria sulle parti comuni per la presenza nel regolamento di condominio di una clausola contrattuale che abbia ad oggetto la conservazione della originaria facies architettonica dell'edificio.

In tale ipotesi è evidente che, una volta accertata la violazione del divieto previsto dal regolamento condominiale, deve senz'altro ritenersi illegittima l'apposizione della canna fumaria, rimanendo precluso per il giudice di merito ogni diversa valutazione circa la sussistenza di una concreta menomazione del decoro architettonico e di un effettivo pregiudizio derivato all'edificio condominiale.

In ogni caso occorre altresì evidenziare come la giurisprudenza della Suprema Corte abbia chiarito che la canna fumaria non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto, con conseguente mancata applicazione del disposto ex art. 907 c.c., e ciò in considerazione del tipo di manufatto e della perdita di consistenza di ogni disquisizione sulla natura di luci o vedute (in questo senso Cass. civ., sez. II, 23/02/2012, n. 2741).

In quest'ottica il condominio non può opporsi all'installazione di una canna fumaria lungo il muro perimetrale di una chiostrina dell'edificio, laddove risulti che tale apposizione avvenga nel rispetto dell'articolo 1102 c.c. (Trib. Roma 22 giugno 2005, n. 39807).

Sentenza
Scarica Trib. Roma 3 dicembre 2024 n. 18391
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